Signor Presidente, signor Ministro, è veramente spiacevole che questo dibattito, fondamentale, a mio avviso, in un Paese democratico, venga seguito con tale livello di distrazione. E lasciamo distrazione, che basta e avanza. Lei sa che, per cultura e per storia, il problema della malagiustizia nel nostro Paese è stato, per i Radicali tutti, il punto centrale su cui focalizzare (ma non da Tortora, da ben prima) il rapporto tra Stato e cittadini. Perché questa è una delle istituzioni principali: anzi, è l’istituzione principale in cui si sviluppa il rapporto, fiduciario o meno, tra Stato e cittadino.

Io non amo, per costume, speculare su incidenti altrui, di chi inciampa su qualche svarione. Il problema è che «non ci sono innocenti in carcere» non è un suo svarione, ma è esattamente quello che lei pensa, in base a un’impostazione politica lontana da ogni impostazione liberale, che lei segue – glielo devo riconoscere – con grande trasparenza, senza nascondersi dietro niente. In base a questa impostazione di populismo giustizialista, per lei la cosa peggiore è che un colpevole sia impunito; no, per me, per la giustizia liberale in cui io credo, il dramma maggiore è che un innocente sia ingiustamente in carcere.

Questa è la differenza tra noi e non risale a quest’anno, ma viene da lontano. Lei ha presente la formula «in dubbio pro reo» del 533 dopo Cristo? Oppure il più contemporaneo «al di là di ogni ragionevole dubbio»? Ecco, per me, per quelli come me, l’innocente in galera è davvero l’unica violenza intollerabile. Mille e più all’anno sono le ingiuste detenzioni. Ammettiamo che ci siano rimborsi, ma del danno reputazionale, del danno emotivo, del danno familiare, del danno agli imprenditori nel loro lavoro chi risponderà?

Eppure pare che semplicemente occorra aumentare le pene; più carceri e più pene, come se questa fosse la soluzione. Lei ha accennato di striscio alla situazione carceraria: faremo, diremo, vedremo, eccetera. Ma intanto, di fronte alla diminuzione di reati denunciati, noi abbiamo avuto un aumento della popolazione carceraria a 60.000 individui (circa il 130 per cento) a fronte di 47.000 posti disponibili, perché 3.000 sono inagibili. Qualcuno che era suo collega poco tempo fa ha ripetutamente detto «voglio vederli marcire in carcere». No, in un Paese normale in carcere non marcisce nessuno. Il carcere è la privazione della libertà, non è la privazione della dignità. Mi faccia il piacere. Quando in una cella lei ha sei persone, in letti a castello, tre e tre, come la chiama? Io la chiamo privazione della dignità dell’essere umano. Se poi è anche vittima di un’ingiusta detenzione, si immagini.

Ma io difendo anche i diritti alla dignità dei colpevoli. Come le dicevo, lei non si è mai nascosto dietro frasi più o meno ambigue; lei questo ha sostenuto e questo ritiene. Mi dispiace di più – e spero anzi di sbagliare – che qualche nuovo alleato si infili in situazioni compromissorie, che sono inaccettabili. Avete inventato l’imputato a vita. Sul decreto spazza corrotti le devo solo fare i complimenti, considerati i brillanti risultati che sono sulla stampa ogni giorno. Io penso che sia veramente ora di cambiare strada. Non è un piccolo aggiornamento. Lei ci ha seppellito sotto una marea di numeri e di cifre, ma il problema è che la riforma del processo penale che circola, se resta così com’è, è incostituzionale ed è una regressione rispetto all’attuale già malagiustizia.