La parentesi rosa della premier statista in missione alla Casa Bianca è già chiusa. Sfumata. Il passato. Il presente è la doccia fredda dei dati Istat diffusi ieri mattina relativi al secondo trimestre: la crescita si ferma (+0,8 contro il +0,9 del primo trimestre), i prezzi continuano a crescere anche se un po’ meno (+6% contro il 6,4% del primo trimestre) con l’eccezione del carrello della spesa che incide ancora per +10% sui bilanci delle famiglie.

Il presente è la benzina che cresce e guarda caso proprio mentre l’Italia dovrebbe mettersi in viaggio per andare in vacanza. È il sud in piazza perché un sms dell’INPS ha avvisato 169 mila famiglie che da questo mese non riceveranno più il reddito di cittadinanza. Il presente sono sindaci e presidenti di regione che stamani aspettano al varco il ministro Raffaele Fitto che dovrà spiegare perché 16 miliardi sono stati tolti ai comuni e alle regioni per darli alle grandi aziende di Stato Eni, Terna e Snam.

Il presente è Bruxelles che, ancora ben lontano nonostante i proclami da staccare l’assegno di 35 miliardi delle due rate di cui avrebbero tanto bisogno le casse dello Stato, potrà sollevare dubbi e questioni su molte riforme strutturali che non andranno in porto come il taglio del 65% dei tempi della giustizia civile entro il 2024 e del 90% entro il 2026. Così come farà discutere il passo indietro nella lotta all’evasione: non tanto per “l’adempimento collaborativo” nel caso vengano sollevate col fisco questioni dubbie; piuttosto per l’ammissione di non essere in grado di ridurre l’evasione del 5% nel 2023 e del 15 % nel ‘24. Il motivo sembra debole: le aziende sono in crisi di liquidità. E però nel resto della relazione di Fitto (pp 154) si dice che l’economia italiana è la locomotiva d’Europa.

Che brusco risveglio il ritorno in Patria di Giorgia Meloni. Tra benzina, pasta, zucchero, frutta e verdura – giusto per stare i beni primari – gli aumenti restano intorno al 10 per cento. Percentuali sconsiderate visto che la capacità di acquisto della media degli italiani è diminuita costantemente negli ultimi anni e come in nessun altro paese dell’eurozona. La domanda è come possa il governo, a fronte del crollo del prezzo del gas che da fine 2021 aveva causato gli shock più traumatici, non riuscire a calmierare la corsa dei prezzi intervenendo con, ad esempio, la grande distribuzione. Ha cercato di fare il punto il ministro per lo Sviluppo economico e il Made in Italy Adolfo Urso in una conferenza stampa insieme al Garante dei prezzi Benedetto Mineo. In sostanza non ci sarà un nuovo intervento sulle accise delle benzina. Il governo punta tutto sul “cartello” del prezzo medio.

A sentire il ministro la situazione italiana è migliore di molte altre a livello europeo. Il costo della benzina “è cresciuto di 4 centesimi nell’ultima settimana” e gli aumenti “sono conseguenza dell’incremento delle quotazioni internazionali, che comunque rimangono ben lontane da quelle precedenti al momento in cui siamo riusciti a convincere la Commissione Ue a porre tetto al prezzo del gas”. E sempre grazie a Mario Draghi per questo.

Di rimettere mano alle accise, dunque, non se ne parla perché “le risorse pubbliche devono essere destinate laddove ci sono reali emergenze”. La tendenza, ha spiegato Mr Prezzi – senza in realtà spiegare alcunché – si era già manifestata da metà maggio e nelle ultime due settimane ha subito accelerazione: “Abbiamo la benzina a 1,91 centesimi per litro e il gasolio a 1,76 centesimi”. Il “servito” alla pompa in autostrada arriva così facilmente a 2,05 euro a litro. Il Codacons definisce “tassa occulta gli aumenti all’approssimarsi dell’estate”.

Figisc-Confcommercio indica la “pressione sui fondamentali di mercato” come causa dei prezzi dei carburanti. Segue una giungla di cifre e percentuali di cui il povero cittadino-utente non sa che farsene perché non spiega la cosa più semplice: il prezzo del gas è crollato del 50%, tutto il resto no.

Tanto che il ministro è costretto ad ammettere che “la colpa” è dei singoli distributori. Ma la musica cambierà – è la promessa – da oggi. Diciamo domani. Quando entrerà in vigore la norma del decreto Trasparenza del gennaio scorso, dunque tutti gli esercenti saranno obbligati a esporre un cartello aggiuntivo con il prezzo medio dei carburanti, che i consumatori potranno confrontare con quello di vendita applicato dalle singole aree di servizio su indicazione dalle compagnie petrolifere.

Oltre al problema dei carburanti c’è quello dell’aumento dei prezzi dei beni primari, soprattutto alimentari. Anche qui il ministro Urso dice di essere al lavoro sul “patto anti-inflazione, che spero possa essere presentato questa settimana”. Con “un paniere calmierato di beni di largo consumo, di natura alimentare ma non solo, studiato per le famiglie grazie all’impegno di tutta la filiera, pensiamo di poter dare un colpo decisivo all’inflazione”. Ma è un gatto che si morde la coda: se sale la benzina i costi della logistica arrivano ad incidere attorno ad 1/3 sul totale dei prezzi al consumo per frutta e verdura. Che, dati Istat, registrato un aumento del 13,9% e del 20%.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.