“Fate presto”, fu l’infausto titolone di apertura del “Sole 24 ore” del 10 novembre 2011, un contributo all’accerchiamento che portò il premier Silvio Berlusconi alle dimissioni. “Fate presto”, ora lo diciamo noi alla magistratura di Pavia, ai procuratori in particolare. Perché trovino il modo di spezzare questa spirale fatta di sospetti, di suggestioni, di spettacolo pieno di mostri di ieri e di oggi che è diventato il “caso Garlasco”. Del procuratore capo di Pavia Fabio Napoleone nessuno, tranne quelli che lo conoscevano da prima a Milano, ha visto in questi giorni il volto o sentito la voce. Lui non parla e non si mostra. Pure dai suoi uffici escono fiumi di parole e di suggestioni.

L’iperattiva difesa di Stasi e lo stillicidio quotidiano

In gran parte sono veicolati dall’iperattiva difesa di Alberto Stasi, che sul piano formale poco c’entra con le nuove indagini, anche se nell’informazione di garanzia nei confronti dell’unico indagato Andrea Sempio, c’è scritto che avrebbe ucciso Chiara Poggi “in concorso con Stasi o altri”. È uno stillicidio quotidiano. Prima c’erano le unghie della vittima e le impronte sopra (e non sotto, visto che Chiara non si è difesa, non ha lottato né graffiato), “compatibili” con quelle di Sempio. Poi è arrivata la macchia sul muro, la manata di un acrobata che avrebbe dovuto volare, dal momento che sulle scale da cui la ragazza fu buttata giù dopo esser stata colpita a morte, non ci sono tracce di scarpe. Di quell’impronta è stato già stabilito, da un esame molto preciso, che non conteneva sangue. Pure lo si mette in dubbio. Ma è la procura a dubitarne o sono i legali di Stasi? Si fa circolare la voce che esisterebbero “nuove tecnologie” adatte a trovare sangue dove prima pareva non esserci.

Ieri è stato lo stesso generale Luciano Garofano, quello che ha fondato i Ris di Parma che hanno svolto le prime indagini, e che oggi è consulente della difesa dell’indagato, a spiegare che questi sistemi non sarebbero affatto nuovi, ma si tratterebbe semplicemente di Photoshop, già in uso nel 2007, quando furono fatte le prime indagini. Lo aveva già detto. Ma pare che, con il sistema della favoletta del lupo e l’agnello, per cui se l’acqua non l’hai sporcata tu, sarà stato tuo padre o tuo nonno, ecco una nuova voce insinuare che forse la foto della macchia non basta, ma si potrebbe cercare la crosta di parete che allora fu staccata dal muro per essere analizzata. Ma fu un atto irripetibile, quindi non c’è più, è costretto a precisare ancora il generale Garofano. Allora si passa alle scarpe. Si sa dai processi già celebrati che le uniche orme attribuibili erano di numero 42, lo stesso delle scarpe indossate da Stasi, mentre Sempio porta il numero 44. Si sussurra allora che forse quel 42 poteva diventare anche 43 o 44. Ma basta!

L’arma, le gemelle, il borsone, il supertestimone: un massacro per tutti

E che dire dell’arma del delitto, martello a lama o a rondine, e delle gemelle Cappa e del borsone gettato nel canale che viene dragato con grande scenografia e del supertestimone che il programma “Le Iene” continua a far girare vorticosamente? E perquisizioni della durata di dieci ore, e rovistamenti nella spazzatura e nei diari e nei temi scolastici e poi nel sospetto di relazioni extraconiugali o addirittura dell’adamantina reputazione della stessa Chiara? Per non parlare di quel che viene fuori dal carcere di Bollate, dove Alberto Stasi, se pure in regime di semilibertà, sta ancora scontando i 16 anni di pena, con la pubblicazione di relazioni sulla sua sessualità “deviata” dall’ossessione per la pornografia. Un massacro per tutti. Con il sindaco della cittadina costretto a proteggere la sua popolazione addirittura con la chiusura di alcune strade.

Tutelare Sempio dalla mostrificazione che gli stanno cucendo addosso

Il nostro “Fate presto” rivolto alla procura di Pavia e al suo capo Fabio Napoleone, che tutti conoscono come magistrato preparato e serio, è diretto alla tutela di tutti questi personaggi in campo, ogni giorno di più presentati come “mostri”. Andrea Sempio, il neo-mostro di oggi, prima di tutto. Ma anche Alberto Stasi. Ricordando che è stato condannato in un processo indiziario, al termine del quale avrebbe dovuto essere invece assolto, probabilmente per insufficienza di prove, come previsto dal secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale. Il ministro guardasigilli Carlo Nordio ha giustamente ricordato l’obbrobrio di quella sentenza della Corte Costituzionale che aveva abrogato la “Legge Pecorella”, la numero 46 del 2006, ai tempi del governo Berlusconi, che impediva al pm di ricorrere in appello dopo una sentenza di assoluzione dell’imputato. Nei confronti di Stasi le assoluzioni erano state addirittura due. Un successivo tentativo della ministra Cartabia era sfociato in nulla, tranne che per le sentenze relative a reati puniti con pene pecuniarie o alternative. Una goccia nel mare. Ma occorre chiarire che a Pavia in questi giorni non si sta celebrando un processo di revisione sulla condanna di Stasi, ma un’inchiesta nei confronti di Sempio. Ed è lui, con i suoi diritti di indagato e di essere umano, che va prima di tutto tutelato dalla mostrificazione che gli si sta cucendo addosso. Ed è compito della procura di Pavia riportare subito le regole del giusto processo nei propri uffici e nei rapporti con la comunicazione. Fate presto!

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.