Nemmeno se fosse accusata di omicidio avrebbe senso una simile vergogna
Il caso Kaili una vergogna per l’Europa: nessuna differenza tra questa indecenza e la tortura

Un borsone pieno di contanti in casa della vice-Presidente del Parlamento europeo legittima certamente le più severe indagini a carico dell’on.Eva Kaili, e onera costei di darne conto senza riserve e con la massima chiarezza alle istituzioni ed ai propri elettori. Ma nei suoi confronti, come nei confronti di qualunque altro cittadino europeo, restano fermi e non derogabili i princìpi di civiltà giuridica che appartengono a tutti i sistemi democratici moderni.
Princìpi che possiamo riassumere così: non si usa il carcere preventivo per ottenere confessioni; è un’indecenza impedire a una bambina di due anni di vedere la madre per mesi, se non per poche ore e per sovrappiù in carcere; è infatti del tutto ovvio che nessun pregiudizio alle indagini potrebbe mai derivare dai colloqui e dagli abbracci di una madre con la figlioletta di due anni. Non c’è nessuna differenza tra questa indecenza, imposta per ottenere una confessione che colmi i vuoti dell’indagine, ed una qualsivoglia altra forma di tortura.
Più in generale, è onere dell’Accusa fornire la prova della colpevolezza della persona indagata, e non esiste a carico di quest’ultima alcun dovere di collaborazione con il Magistrato inquirente. Anche perché è del tutto plausibile – non so se veritiera, ma certamente plausibile – la versione dei fatti fornita dalla signora Kaili: chiedete a mio marito e al suo datore di lavoro, io nulla so. Trovi la Procura elementi idonei a smentire l’attendibilità di questa affermazione. Si prenda tutto il tempo che ritiene e che sarà necessario per provare quella ipotesi di corruzione della quale, a molti mesi di distanza dall’esordio di questa clamorosa inchiesta, non è dato rilevare nemmeno la più labile traccia. Lo faccia senza riguardi per nessuno. Ma lo faccia rispettando le basilari regole del vivere civile.
Qualcuno spieghi a questo Magistrato belga che le persone indagate non son prede sulle quali infierire. E soprattutto, non sono, in nessun momento, sue personali prede. Qualcuno spieghi a questo signore che i provvedimenti giudiziari, tanto più se restrittivi della libertà personale, vanno debitamente e credibilmente motivati, sicché ancora aspettiamo di capire per quali ragioni, se non tecnicamente estorsive, si è sottratta brutalmente e per molti mesi una madre ad una figlia di due anni. Nemmeno se quella madre fosse accusata di omicidio avrebbe senso una simile vergogna. Le responsabilità dell’on. Kaili dovranno essere accertate e, se provate, adeguatamente punite. Quelle del Magistrato Michel Claise, però, sono già chiarissime.
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