Che in tempi difficili occorrano rassicurazioni individuali e collettive è un’esigenza che anche una sommaria psicologia può confermare, Ancora più forte, ritorna nella straordinarietà di questa emergenza. E nulla sembra funzionare meglio nell’opera di conforto e consolazione dello specchio/finestra della televisione. Proprio lei che sembrava perdere terreno, nella piena social-i phone che riempie la complicata e difficile quotidianità di tanti, è tornata a consolidare il rapporto con gli spettatori. In modi diversi e solo apparentemente contraddittori. Anzitutto, con la piena dell’informazione, tutta la schiera dei talk-show con l’aggiunta di speciali e approfondimenti, tutti concentrati sull’andamento dell’epidemia, con le squadre degli esperti e degli opinionisti di mestiere a passare da un canale all’altro e a generare un effetto sul pubblico su cui sarà il caso di interrogarsi perché mette in gioco la credibilità di un sistema e il modo in cui assolve a una funzione essenziale in questa società.

E poi, un altro versante, più rivolto alle emozioni e a sentimenti messi alla prova dall’emergenza e proprio per questo alla ricerca ansiosa di figure immediatamente affidabili, a cui dare fiducia e in cui riconoscersi. E non importa se reali o immaginarie, perché il confine è più sottile di quanto si possa pensare e quella che chiamiamo fiction può celare una verità e l’autenticità di un rapporto che lavora nel conscio come nell’inconscio. È un aspetto interessante da sottolineare ed è in questo senso che mi pare di poter dire che in questi giorni di obbligata e incerta clausura si siano imposte due figure sulla cui vicinanza/diversità vale la pena di riflettere. Papa Francesco e il commissario Montalbano.

Nessuna irriverenza, solo una constatazione che dice di come entrambi, in modi ovviamente del tutto diversi, abbiano assolto a una funzione che riguarda la sensibilità di ciascuno e di tanti. Sono stati milioni e milioni gli spettatori che hanno seguito la preghiera e la Benedizione del Pontefice, il bianco delle sue vesti nel vuoto immenso e bagnato dalla pioggia che veniva giù da nuvole scure e davano una tonalità blu alla piazza di San Pietro. Una seduta, una pensilina e lui in piedi a rivolgere la sua voce alla Roma siderale che gli stava davanti e alla folla dei tanti invisibili rinchiusi nelle loro dimore. La sua voce soltanto in un silenzio rotto dalla pioggia: «Da settimane è scesa la sera, fitte tenebre si sono addensate sulle piazze, sulle strade e sulle città».

Francesco si è eretto, l’abbiamo sentito ergersi, a estremo testimone di un’umanità che sente il mondo vacillare e nella sua voce ha avvertito potente e fidente il richiamo alla fede che rovescia le prospettive e le gerarchie dei valori, fino all’appello conclusivo a Dio «che, sappiamo, ha cura di noi». In quella figura bianca che appesantita dai malanni dell’età esponeva al mondo il Santissimo Sacramento, l’oro contro il blu scuro della sera, si sono concentrate la paura e la speranza di una moltitudine. E nelle parole e nelle immagini c’erano la fragilità e il limite della nostra condizione e, insieme, la forza di una preghiera. Un intermediario che intercede con il trascendente, ecco cos’era in quel momento Francesco. Oltre c’era solo il silenzio, il vuoto e l’immenso.

E Montalbano? Non sembri incongruo e profano l’accostamento con il personaggio di una serie. No, il commissario non intercede, non ha nulla a che fare con l’umano e con il divino, e però anche lui, nei modi di una finzione in cui in tanti si riconoscono e anzi proprio per questo, officia una laica cerimonia di rassicurazione e risponde alla vertigine di certe domande fondamentali. Accendi la tv e Montalbano c’è e non tradisce, con il disincanto verso le cose e gli uomini di cui conosce tentazioni ed efferatezze, con la libertà nei confronti del potere, con il piacere irresistibile per gli arancini, le sarde a beccafico e per la femminilità: non è un Papa ma, nel suo regno diverso e tutto terrestre, si presenta come un angelo venuto in terra a rimettere, per quanto può, ordine.

Sta con noi, vigila, protegge e svolge la missione che deve, consegnato a una solitudine eroica che non lo farà arrivare nella Terra Promessa. Piazza San Pietro e Vigata sono remote l’una dall’altra, un virus tremendo vi ha riunito la gente e una speranza impaurita si è proiettata nella Preghiera di un Papa e, fatte le proporzioni, nella dignità resistente di un commissario.