È il giorno dopo, quello del silenzio, dei riflettori spenti, della presa di coscienza di ciò che è avvenuto. Rosa non c’è più, resta il dolore. E restano i cartoncini colorati dai bambini all’ingresso della chiesa. Tra le lacrime e l’incredulità nel giorno dei funerali spiccavano quei colori, i messaggi così forti, chiari, consapevoli degli alunni della scuola elementare Giovanni Pascoli di Grumo Nevano. La stessa scuola frequentata da Rosa quando era bambina. Il dramma si siede accanto alla consapevolezza.

Quella dei bambini, perché è da loro che si deve partire. «Non è stato semplice parlare di quanto accaduto a Rosa – racconta il preside Osvaldo Tessitore – però probabilmente siamo tati guidati da loro, dai bambini che sono molto sensibili, sono stati loro a chiederci un minuto di silenzio nell’ora del funerale: l’avremmo fatto comunque, ma sono stati loro a chiedercelo. E questo ci ha commosso e ci ha fatto capire quanto fossero consapevoli di ciò che era accaduto». Consapevoli ma anche desiderosi di avere risposte, di capire. E così, senza paura di sapere, hanno chiesto. «I bambini ci hanno sommerso di domande su quanto era accaduto -racconta il dirigente scolastico – sono piccoli, liberi da sovrastrutture. Queste domande le fanno anche con ingenuità, ma le risposte devono essere molto oculate, serie e sicure. Non abbiamo cercato di nascondere il dramma, abbiamo cercato di spiegarlo con parole semplici ma chiare».

Come si spiega che una donna di 23 anni è stata strangolata da un uomo? Come si spiega a un bambino l’atrocità che a volte pervade l’animo umano? «In ogni classe a seconda dell’età del bambino, le insegnanti hanno utilizzato un linguaggio  per parlare con i più piccoli – spiega Tessitore – e parliamo di bambini che hanno sei o sette anni, abbiamo utilizzato anche i catoni animati, ce ne sono diversi che spiegano la violenza sulle donne. A partire dalla terza elementare, invece, i bambini hanno un altro modo di pensare, di vedere, di parlare e quindi abbiamo utilizzato un linguaggio più da adulti». A Grumo Nevano, i piccoli alunni parlano di violenza non solo quando accade una tragedia dalle dimensioni immani, ma sempre. Perché educare è prevenire, vuole dire costruire una società migliore, fatta di uomini e donne migliori.

«Dedichiamo molte settimane alla prevenzione, portiamo avanti un progetto per la povertà educativa, organizziamo tanti doposcuola per tenere i bimbi in posti sicuri ed evitare che prendano cattive strade stando in giro per il paese. Abbiamo – sottolinea -organizzato la settimana della legalità, dove parliamo proprio del femminicidio e della violenza sulle donne». Ed è in queste occasioni che molto spesso i bambini raccontano ciò che accade in famiglia, senza rendersi conto forse della gravità delle loro affermazioni che fanno emergere comportamenti preoccupanti, atteggiamenti da non emulare e situazioni sulle quali intervenire subito. Prima che sia troppo tardi, prima di essere costretti a scrivere con il pennarello rosso: le donne non si toccano.

«Ascoltando i bambini che per natura dicono la verità senza pensare alle conseguenze – spiega il preside – ci siamo resi conto che vivevano in un contesto dove c’erano comportamenti sbagliati o violenti e da correggere subito. Un atteggiamento violento oggi per un bambino, significa una devianza domani. La formazione ci vorrebbe prima per gli adulti e poi per i bambini. Spesso sono i bambini che educano i genitori». E sono proprio i più piccoli ad avere ben chiaro quanto la violenza verso le donne sia sempre inaccettabile. «Nei maschietti ho visto molta consapevolezza – conclude il preside – ho riscontrato una sensibilità da parte dei bambini che non mi aspettavo e mi ha commosso vedere la loro emozione difronte a una dramma inimmaginabile». E inimmaginabile era per Rosa l’eventualità che su quegli stessi banchi di scuola dove lei sognava e disegnava il suo futuro, altri bimbi avrebbero scritto messaggi per dirle addio.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Affascinata dal potere delle parole ha deciso, non senza incidenti di percorso, che sarebbero diventate il suo lavoro. Segue con interesse i cambiamenti della città e i suoi protagonisti.