Tech
Il futuro dell’Intelligenza Artificiale scatena la corsa dei big per l’Africa
La carenza di infrastrutture e la forte dipendenza dalle piattaforme straniere sono un grande ostacolo Si accende la lotta tra le grandi potenze globali per influenzare lo sviluppo tecnologico del continente

Al Summit di Parigi sull’Intelligenza Artificiale, che si è concluso pochi giorni fa con un Action Plan non sottoscritto da Usa e Gran Bretagna, non si è parlato molto del continente africano. Tuttavia di Africa e IA si discuterà nella prossima Conferenza Internazionale appositamente dedicata al tema, prevista a Nairobi (Kenya) il 26 e 27 marzo prossimi, aperta a politici, businessmen, esperti e appassionati. Si parlerà di connessioni tra Intelligenza Artificiale, droni ed elaborazione dei dati sensibili; lo stesso si farà al primo Summit mondiale sull’IA in Africa, in programma a Kigali (Rwanda) il 3 e 4 aprile.
Anche in questo settore particolarmente complesso, l’Africa non vuole rimanere esclusa e invoca un ruolo, che però non pare facilmente alla sua portata. In effetti il ricorso all’Intelligenza Artificiale potrà favorire in qualche modo il raggiungimento dei principali obiettivi di sviluppo continentali (i 17 Sustainable Development Goals dell’Onu e l’Agenda 2063 dell’African Union), ma in questo momento i 54 paesi africani – chi più chi meno – appaiono piuttosto indietro rispetto ad America, Asia ed Europa sull’operatività concreta del cosiddetto “machine learning”.
Gli ambiti
I pochi studi fin qui elaborati sul possibile utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in Africa richiamano le sue eventuali applicazioni nei settori dell’agro-industria, per un impiego più razionale delle risorse idriche e delle produzioni; della sanità, per un migliore accesso alle cure anche nei territori non serviti da strutture ospedaliere; nell’educazione, per la maggiore disponibilità di dati ed elementi informativi a disposizione degli istituti e degli atenei; nella Difesa, per fronteggiare con più efficacia le minacce della criminalità e del terrorismo in tutto il continente. Ma per adesso questi richiami appaiono alquanto generici, e non affrontano di petto i problemi principali con cui l’Africa dovrà confrontarsi in tema di Intelligenza Artificiale, e che non sono pochi.
L’Africa non dispone dei grandi supercalcolatori che sono necessari per l’elaborazione complessa dei dati per l’IA; non possiede neanche una massa critica di informazioni elementari da immettere nel sistema, per il successivo calcolo e confronto con gli algoritmi; non ha una copertura Internet soddisfacente sul territorio; la metà della sua popolazione, cioè oltre 600 milioni di persone, non ha accesso all’elettricità. Il continente inoltre non ha piattaforme o siti “autoctoni” di IA, e dovrà quindi fare ricorso a quelli già esistenti sul mercato (come noto, principalmente americani e cinesi). Come se non bastassero le difficoltà brevemente elencate, oltre il 25% degli africani è ancora analfabeta; solo circa la metà del miliardo e 200 milioni di africani parla e legge correntemente inglese o francese, mentre nessun sito esistente di IA è basato sulle lingue africane locali più diffuse. Infine, secondo l’ITU Global Cybersecurity Index, solo 9 paesi del continente posseggono sistemi di protezione dei dati sensibili relativamente affidabili e una National Cybersecurity Strategy (Mauritius, Egitto, Marocco, Nigeria, Tunisia, Tanzania, Ghana, Rwanda e Sud Africa); e meno paesi ancora hanno un’Autorità centralizzata per la sicurezza dei dati personali.
Mentre si dibatte tra debito fuori controllo, povertà diffusa, minacce terroristiche, insufficienza delle infrastrutture, sfida ambientale e transizione energetica, ecco che il continente dovrà impegnarsi anche in un contesto nuovo e particolarmente sofisticato: quello dell’IA, per non accrescere il gap che lo separa dal resto del mondo. Ciò richiederà ovviamente ulteriori finanziamenti, in un contesto continentale e globale di risorse limitate o già impegnate in altre progettualità: l’African Development Bank ha stimato in circa 400 miliardi annui le risorse finanziarie necessarie al continente per affrontare le nuove sfide dello sviluppo. Ma in questa cifra – già ben al di sopra delle capacità dei cosiddetti donatori – non sono ricomprese le nuove esigenze collegate all’IA, le quali verranno probabilmente quantificate proprio in occasione della prossima Conferenza di Nairobi.
Insomma, il rischio è che il cosiddetto “leapfrogging” (salto della rana) tipico dell’Africa, cioè la sua capacità di saltare alcune tappe dell’itinerario tecnologico classico, si traduca in una progressiva esclusione di fasce sempre più ampie di popolazione, e in un aumento del “digital divide” con il resto del mondo, piuttosto che una sua riduzione. Quello dell’Intelligenza Artificiale si configura in realtà come un nuovo campo di battaglia nella corsa all’Africa, che già impegna su vari fronti i principali attori globali in competizione tra loro. Ma, come dice un noto proverbio africano, quando gli elefanti litigano alla fine è l’erba che viene schiacciata.
© Riproduzione riservata