"Rispettiamo gli impegni già assunti"
Spese militari, parla Pagani: “Trump onnipotente è una caricatura della realtà. Più investimenti per la sicurezza, il pericolo Russia incombe”

Alberto Pagani, già deputato con il Pd con compiti di interfaccia tra Parlamento e Nato, è analista e docente di Sicurezza internazionale e Difesa europea.
Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, da Davos sollecita un budget di Difesa al 2%, possibilmente anche di più…
«Portarlo al 2% è una promessa che facemmo ad Obama, molti anni fa, e che ancora non abbiamo mantenuto. Cominciamo dagli impegni che abbiamo già assunto, e rispettiamoli, se vogliamo essere presi sul serio; poi vediamo che piega prendono gli eventi. Oggi gli americani spendono quasi 5 punti di un PIL notevole. Se vogliamo parlare di autonomia strategica europea dobbiamo essere realisti, perché non si fanno le nozze coi fichi secchi».
Ma cosa diventerà la Nato, dopo Trump?
«Non lo sa nemmeno lui. Al massimo può sapere che cosa vorrebbe farne, ma l’amministrazione della Nato, come l’amministrazione americana stessa, sono sistemi complessi, con governance più articolate di un’autocrazia, per fortuna. L’idea che il presidente degli Stati Uniti sia quasi onnipotente, e che possa fare quel che vuole, è una caricatura della realtà. Il cosiddetto deep state è un fattore di stabilità delle politiche, che devono funzionare con amministrazioni che cambiano di segno politico a ogni elezione. Nel mondo democratico nessuno comanda su tutti, nemmeno il presidente degli Stati Uniti d’America può fare tutto quel che crede: deve scendere a patti con la realtà e rispettare un equilibrio di poteri».
Come vanno spesi, questi soldi? Lato Difesa, ci vogliono più tecnologia e più sistemi d’arma?
«Vanno spesi bene, ça va sans dire. Noi europei siamo nella Nato, quasi tutti, e ci stiamo bene perché la Nato ha garantito la nostra pace più della Ue, ma vorremmo essere in grado di contare nelle decisioni quanto gli alleati di Oltreoceano. Per questo abbiamo bisogno di contribuire con capacità simili alle loro, altrimenti è una pretesa ridicola. Dunque serve anche maggiore autonomia nelle tecnologie abilitanti, come dimostra la discussione sull’impiego di Starlink. E dobbiamo evitare di sprecare denaro in progetti di modesto respiro, perché la ricerca e lo sviluppo tecnologico costano molto e i costi sono investimenti che si recuperano solo fornendo diversi grandi paesi, che investono le risorse necessarie a sviluppare progetti molto complessi».
Su cosa suggerirebbe di investire meglio?
«Sul caccia di sesta generazione e sul nuovo carro armato si sta facendo qualche progresso, ad esempio; sullo Spazio si potrebbe fare di più, perché siamo fuori dall’orbita media e usiamo i lanciatori commerciali americani anche per mettere in orbita i nostri satelliti, perdendo così capacità fondamentali per essere autonomi. È come se i russi chiedessero ai cinesi di lanciare i loro satelliti. Non lo farebbero mai».
I satelliti di Musk servono, anche per lo scambio di informazioni criptate, governative. Lei vede del pregiudizio ideologico nel tenerli a freno?
«Più che altro vedo ignoranza dei fatti. Parlare seriamente di cose che si ignorano è molto difficile, e non ci riesce nessuno. Una cosa è la fornitura di un servizio satellitare commerciale per portare Internet nelle aree non servite in altro modo; una cosa diversa sono le comunicazioni governative, per le quali però bisogna chiarire che si può utilizzare un servizio di connessione esterno solo per trasmettere messaggi cifrati, quindi sicuri nella segretezza del contenuto. Se non si entra nel merito si parla a vanvera».
Cosa prevede per lo sviluppo della guerra in Ucraina? Trump sta dando segnali contrastanti…
«Credo che stia cercando di concluderla, permettendo a Putin di uscirne senza essere uno sconfitto, pur dovendo rinunciare al suo obiettivo iniziale, che era di controllare tutta l’Ucraina con un regime fantoccio. Il fatto che debba avere le condizioni per raccontare in Russia che ha ottenuto i risultati che voleva è utile anche a noi, perché altrimenti avrebbe fallito totalmente. In quel caso però dopo Putin non arriverebbe Kennedy, ma uno peggiore di lui, e la Russia sarebbe un paese allo sbando, governato dal risentimento e armato di 6.000 testate nucleari. È una prospettiva auspicabile? Consiglio di usare la testa quando si affronta un tema così delicato, e spero che i consiglieri di Trump pensino la stessa cosa».
Come si può affrontare quindi la Russia, secondo la sua analisi?
«È chiaro che l’unico modo per fermare le ostilità è fotografare uno stato di fatto esistente, e che questo compromette l’integrità territoriale dell’Ucraina. Ciò che deve essere messo sull’altro piatto della bilancia – per trovare un equilibrio accettabile – sono le garanzie che assicurano la sovranità, l’indipendenza e la libertà dell’Ucraina, che in massima parte i russi non sono riusciti a occupare, malgrado l’impressionante vantaggio iniziale in termini di uomini e mezzi. Il popolo ucraino ha già pagato un altissimo prezzo di sangue per salvare la propria libertà, e non può esserci alcuna pace che prescinde da questo dato di fatto».
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