Ha la voce squillante, tiene a bada il telefono che non smette di suonare e parla con tutti, gestisce appuntamenti e coordina le attività, come se la stanchezza non facesse parte di lei, nonostante i suoi 83 anni. Non si abbatte Mirella La Magna e non indietreggia di un passo: «Non mi muovo da qui, devono portarmi via con la forza. Il Gridas è molto più di un edificio, è una filosofia di vita e io non mi arrendo». Il giudice della nona sezione civile del Tribunale di Napoli ieri ha stabilito che Il Gridas, associazione culturale di Scampia da decenni attiva nel quartiere dell’area nord di Napoli, occupa “senza titolo” il complesso immobiliare di via Monterosa. Ordina pertanto al Gridas “l’immediato rilascio” dell’immobile e condanna l’associazione alle spese processuali per oltre 10mila euro.

Questa la decisione in seguito alla citazione dell’Iacp. Una sentenza che arriva al termine di una lunga causa civile iniziata nel 2015, e che a sua volta è seguita a una causa penale conclusa nel 2013 con l’assoluzione piena per i rappresentanti del Gridas che fanno capo alla signora Mirella che insieme al marito Felice Pignataro portarono a Scampia, più di quaranta anni fa, colori, cultura e creatività in un quartiere che conosceva solo il grigio del cemento e delle coscienze addormentate. Una filosofia di vita che ha cambiato volto e animo a un quartiere difficilissimo che ora rischia di perdere uno dei pochi presidi di legalità e cultura presenti sul territorio. Una missione che Mirella e il suo compagno, scomparso nel 2004, hanno portato avanti senza mai chiedere soldi pubblici. «Le istituzioni locali – spiega la signora Mirella – avrebbero potuto fare molto di più perché abbiamo avuto tanto tempo a disposizione dal processo penale, che ho vinto perché il fatto non sussiste, dove abbiamo avuto addirittura i complimenti del pm che diceva che sì eravamo abusivi ma anche che avevamo migliorato l’edificio e l’ambiente circostante portando cultura e attività per il sociale. Poi è arrivato il processo civile che prevede una serie di incontri di mediazione – continua Mirella – Noi abbiamo subito chiamato il Comune (che all’epoca era guidato da Luigi de Magistris, ndr), per dire visto che questo centro appartiene alla Regione, se si ottiene una permuta con il Comune, quest’ultimo ce lo può dare in comodato d’uso e noi lo gestiamo tranquillamente».

La soluzione c’era e gli sforzi (unilaterali) pure. Com’è andata a finire? Che l’incontro tra Comune e Regione non c’è mai stato e la signora Mirella ha fatto su e giù tra le due istituzioni per cercare di portare a termine la mediazione. Ma nulla. «Il Comune non ha puntato bene i piedi come invece avrebbe dovuto fare – attacca Mirella – non ha presentato le carte giuste e quindi è successo quello che è successo. Gli addetti del Comune si sono sempre presentati con delle “cartuscelle inutili”. E così io sono rimasta come debitrice nei confronti della Regione e devo pagare anche le spese processuali». In questa storia triste che porta il timbro della noncuranza, di quanto siamo tutti disattenti alla cultura e a chi dedica la propria vita a una missione sociale, c’è anche un’altra questione. «All’ultimo si scopre che c’è una legge che prevede che se su un terreno demaniale, quindi del Comune, l’Iacp costruisce un quartiere popolare, lui acquisisce il terreno dal Comune e le case che costruisce sono dell’Iacp – racconta Mirella – Però, quando quelle costruzioni sono di uso pubblico, come nel nostro caso, rimangano di proprietà del Comune. Quindi il Gridas non apparterrebbe alla Regione, bensì al Comune, ma questo fatto nel processo non è stato osservato bene».

Da qui l’appello al nuovo sindaco: «Manfredi intervenga e tenti di salvare il nostro centro sociale. Abbiamo un mese di tempo per presentare l’Appello, sono molto fiduciosa, ce la faremo. Noi abbiamo una stazione di Piscinola intestata a mio marito – conclude la signora Mirella – sono la destinataria di una delle 22 lettere arrivate da Procida Capitale della Cultura. È tutto assurdo». Sapete come nasce il nome Gridas? Gruppo Risveglio Dal Sonno – la cui denominazione fa riferimento all’acquaforte del ciclo “Los caprichos” di Francisco Goya “el sueño de la razon produce monstruos”, il sonno della ragione genera mostri. Ecco, svegliamoci. Tutti.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.