Dai fornelli alla cattedra il passo è breve. Dopo un mese di silenzio in seguito alla morte della ristoratrice di Lodi Giovanna Pedretti, titolare della pizzeria massacrata per una presunta recensione omofoba falsa, Lorenzo Biagiarelli torna a parlare e lo fa con un lungo video pubblicato sui suoi canali social, della durata di ben 11 minuti, dove spiega a tutti, soprattutto ai giornalisti, come verificare le notizie. Fornisce la sua versione della storia finita in tragedia della 59enne proprietaria della pizzeria “Le Vignole” di Sant’Angelo Lodigiano e chiarisce urbi et orbi che “non posso e non voglio chiedere scusa” perché “se lo facessi, sarei uno di quelli che usa la sua morte a suo vantaggio, per riabilitarmi. Preferisco mantenere la via del sospetto e non torno nel programma È sempre mezzogiorno!” la trasmissione su Rai 1 condotta da Antonella Clerici.

Il compagno dell’influencer Selvaggia Lucarelli ce l’ha con tutti e mostra pagine di giornali, siti e tv che l’hanno attaccato dopo la gogna, con tanto di telefonata (rigorosamente pubblicata sui social) alla signora Pedretti per incalzarla e costringerla (almeno questo era il suo intento) ad ammettere la non veridicità delle recensione. Una battaglia per la “ricerca della verità” quello dello chef-influencer-investigatore privato che ha provocato una shitstorm degenerata nel peggiore dei modi nella giornata di domenica 14 gennaio quando il corpo senza vita della donna è stato ritrovato nelle acque del fiume Lambro.

Biagiarelli e la lezione numero 1: come fare il debunking di una “notizia dal traballante profilo di verità”

Biagiarelli respinge questa ricostruzione e nella sua lezione spiega come ha deciso di approfondire il caso della pizzeria che può vantare, dal canto suo, poco più di dieci tavoli disponibili in un piccolo paesino del Lodigiano. Decisione dettata dal fatto che si trattata di “una notizia dal traballante profilo di verità. Vedo la recensione, mi sembra falsa e lo scrivo, avendo però cura di censurare il nome della pizzeria, quello della titolare e pure l’ubicazione – spiega Biagiarelli -. Questo perché il senso di fare debunking non è quello di smentire o esporre al pubblico ludibrio una persona comune, come è stato spesso scritto in questi giorni, ma è smontare una notizia, specie se di diffusione nazionale, e criticare l’operato della stampa quando si alimenta di notizie non verificate, monetizzandole con i click su articoli che possono facilmente indignare”.

Biagiarelli e la lezione numero 2: la telefonata alla Pedretti dopo aver suscitato cattiveria

La lezione dello chef-influencer, che parla di monetizzazione con i click (gli influencer invece lavorano per beneficenza), prosegue con quanto accaduto il giorno dopo la telefonata: “I carabinieri convocano la titolare della pizzeria di Lodi perché li aiuti a risalire all’autore della recensione, ma lei non è in grado di farlo. Poi viene interpellata da un telegiornale e da un giornalista di una testata nazionale, a cui ribadisce che quella recensione è assolutamente vera e che riferendosi al mio post e alla condivisione di Selvaggia, non mi sarebbe mai aspettata di suscitare tanta cattiveria”. Un affronto troppo grave, così Biagiarelli decide di ricercare la sua verità: “Dal momento che mi viene dato del bugiardo e del cattivo sulla stampa nazionale senza motivo, ho telefonato alla titolare per ascoltare la sua versione, concederle diritto di replica o addirittura ritrattare se il mio lavoro fosse stato smentito. ma così non è stato e vorrei chiarire che la telefonata ha avuto dei toni cordiali e che la signora ha ribadito più volte che il pomeriggio era andata a parlare in questura di questi fatti”.

Biagiarelli e la lezione numero 3: l’articolo della Costituzione

“Io per quella telefonata sono stato aspramente criticato — aggiunge il food blogger —, ma l’articolo 21 della Costituzione dà la libertà di parola a qualsiasi cittadino. Vi ricordo che il debunking nel caso della bidella pendolare era stato fatto da un privato cittadino”. Dopo il suicidio della Pedretti, la shitstorm torna indietro, come un boomerang: “Sia io che Selvaggia riceviamo minacce di morte, siamo sommersi da messaggi di odio scatenati dalla stampa, dalla radio e dalla tv che da subito e per due settimane hanno sostenuto che il nostro operato fosse il diretto responsabile del suicidio della titolare della pizzeria”.

“Una delle tante falsità che sono state dette su questa storia, dal momento che si è dovuta persino scomodare un’agenzia di comunicazione, che si chiama Arcadia, per cercare tracce di questa gogna social. E incredibilmente non ce ne sono. Nessuna traccia di questa montagna di odio nei confronti della titolare della Nei confronti della quale invece è stato riscontrato un sentiment positivo del 90%, praticamente un plebiscito. E io stesso ho potuto riscontrare come sulla sua pagina non ci fossero insulti, al massimo una decina di commenti scettici. Non c’è stata nessuna migrazione di follower dal mio profilo o da quello di Selvaggia sulla pagina del ristorante”.

Biagiarelli e la lezione numero 4: la sindrome di accerchiamento e la vera gogna… contro di lui

Le polemiche in quei giorni  non si placano e Biagiarelli, un mese dopo, commenta il martirio subito: “Lo stigma infame dell’istigazione al suicidio viene riservato solo a me e alla mia compagna, nonostante l’assenza di questa gogna social nei confronti della ristoratrice sia stata appurata”. Poi aggiunge: “Dietro questa gogna mediatica, questa sì, ci sono diverse ragioni e diversi mandanti. Ma non è questo il punto, anche perché né io e né Selvaggia ci siamo mai addentrati nella discussione sul suicidio (in realtà la Lucarelli ha scritto questo), in alcun modo rifiutando ogni invito da parte di stampa, di tv, che pure sono arrivati, mentre in tv si continuava a parlarne, entrare nella vita e nella mente di questa signora con la presunzione di sapere cosa le passasse per la testa. La storia di un suicidio è stata sviscerata da tutti, in qualsiasi modo, spesso contravvenendo alle indicazioni suggerite proprio dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a riguardo. Ci sono dei modi in cui si può e non si può parlare di suicidio. Cose che si possono dire, cose che non si possono dire. E mentre noi venivamo accusati di aver fatto qualcosa che non si poteva fare, chiunque, attori, ballerine, modelle e non giornalisti, erano lì a discutere di qualcosa che dovrebbe riguardare, secondo stesso ragionamento, al massimo gli inquirenti e gli psicologi”.

Biagiarelli e a lezione numero 5: anche i gatti un po’ giudicano

Lo chef conclude: “Ci tengo però a ringraziare tutti quelli che non hanno mai smesso di manifestarmi affetto, e sono stati tanti, perché nonostante il tentativo di distruggermi sia stato quasi un successo, mi tengo stretto quel quasi e la solidarietà dei tanti che hanno capito quale gioco sporco si stava giocando”. Poi la chicca finale: “Adesso vado dai miei gatti, almeno loro non giudicano…”. Poi ci ripensa: “Cioè il rosso un po’ giudica”.

Redazione

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