“Se necessario opereremo ancora seguendo le stesse direttive: aiutare famiglie e imprese contro l’inflazione. Ci occuperemo della Nadef e credo che sarebbe bene mantenere gli stessi obiettivi. Così come sono certo chi chiunque verrà dopo di noi manterrà gli impegni presi a cominciare dal Pnrr. Per quello che riguarda Ita, non è certo mia intenzione rinviare questo dossier che sarà quindi chiuso nei tempi previsti”. Che sono dieci giorni.

Un Mario Draghi puntuto e assai deciso si presenta nella prima conferenza stampa dopo le dimissioni deciso più che mai a concludere il suo lavoro “nel perimetro degli affari correnti che prevedono di contrastare queste emergenze”. E a lasciare i conti in ordine. In conferenza stampa il premier sceglie di essere accompagnato solo dai ministri tecnici, Franco, Cingolani e il sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli. Sollecitato dai giornalisti a definire la cosiddetta “agenda Draghi”, il premier ha poi voluto precisare di non aver mai avuto una vera “agenda”. “Ho piuttosto seguito un metodo: fare riforme e dare risposte pronte alle necessità di questo paese. Ho lavorato poi molto sulla credibilità interna e su quella internazionale. Credo francamente che tutto questo sia il motivo della crescita straordinaria che ha avuto questo paese in questi due anni. Nonostante tutto”. Sul suo futuro politico preferisce non rispondere (“l’ho già fatto molte volte”). Racconta però sorridendo di aver augurato “la realizzazione di tutti i loro sogni a chi deve affrontare la campagna elettorale”.

La regia malefica del destino vuole che mentre a Montecitorio il segretario dem incontra i ribelli rossoverdi per tenerli dentro la coalizione più pazza di sempre, nel palazzo accanto, cioè palazzo Chigi, Mario Draghi va avanti nella sua mission di governare il paese e dargli gli strumenti per combattere inflazione e disuguaglianze. Succede ieri pomeriggio, tra le 17 e le 19. Sono due contesti distanti anni luce l’uno dall’altro. Misurano la distanza tra la politica alta e quella bassa. E che ancora di più fanno rimpiangere l’inopinata caduta dell’esecutivo Draghi. In tutto questo rassicura la certezza che il presidente Draghi e il ministro economico Daniele Franco lasceranno i loro incarichi tra fine ottobre e metà novembre – se le urne daranno un responso chiaro – ma fino a quel giorno, quale che sarà, faranno di tutto per gestire il destino di questo paese. Come dimostra l’intensa attività di approvazione di decreti delegati (Giustizia e semplificazione per il Pnrr) per far camminare le norme già approvate.

Il decreto Aiuti bis mette a disposizione di famiglie e imprese ben 14, 2 miliardi di euro. Dall’inizio dell’anno, sono così 47 i miliardi che i governo ha saputo trovare senza fare un euro di scostamento di bilancio, cioè di nuovo debito. Mario Draghi lascerà il paese con i conti in ordine e in buona salute. Come dimostrano i dati economici dell’ultimo trimestre: +3% di pil; l’occupazione più alta, e la disoccupazione più bassa, dal 1977 in avanti.

Nei 41 articoli del decreto ci sono più fondi per calmierare le bollette, la proroga di un mese dello sconto benzina, due miliardi e mezzo per ampliare il taglio del cuneo fiscale (un miliardo e 600 per i redditi sotto i 35 mila euro) e anticipare la rivalutazione delle pensioni (2,3 miliardi, una rivalutazione di due punti percentuale da ottobre in poi, tredicesima compresa), risorse per la sanità (un miliardo per le Regioni). Ma anche 600 milioni per i lavoratori autonomi, un miliardo per l’Ilva, per la scuola (un premio annuale di 5800 euro per il prof esperto, che ha superato due corsi di aggiornamento).

È il primo – e forse sarà l’unico – decreto che il consiglio dei ministri approva dopo le dimissioni. Un decreto di spesa importante motivato dall’urgenza di intervenire in favore di famiglie ed imprese. Il testo, in Gazzetta nelle prossime ore, dovrà essere convertito entro i primi di ottobre. Il Parlamento è già convocato per la conversione dal 6 settembre. Il governo non potrà mettere la fiducia. E sarà interessante misurare la maturità dei partiti di maggioranza e valutare se sapranno rinunciare ad usare queste misure come merce da campagna elettorale. Nel Consiglio dei ministri di ieri non ci sono state buone sensazioni in questo senso.

Dal fondo di 20 miliardi per l’assegno unico per le famiglie sono avanzati – per difetto nelle richieste – 630 milioni. La ministra Elena Bonetti (Italia viva) ha chiesto che quei soldi fossero redistribuiti tra le famiglie con redditi più bassi. Peccato che in Cdm nessuno l’abbia sostenuta e anzi, forse per un difetto di informazione, dal Pd abbiano iniziato ad attaccare la ministra perchè non si è occupata di dare quei soldi a chi ne ha più bisogno. E’ stato esattamente il contrario: i ministri Pd in Cdm non se ne sono occupati e neppure hanno corretto il tiro della loro comunicazione. Un pessimo inizio di campagna elettorale e nella stessa metà campo. Del resto, la scarsa maturità dei partiti in campo si era già potuta misurare in mattinata al Senato dove l’approvazione della delega fiscale (“molto dispiaciuto di questo rinvio” ha detto Draghi) è stata rinviata a settembre. I partiti si sono impegnati a non presentare emendamenti. Su questo e su altri provvedimenti come i decreto approvato ieri. Ne riparliamo a settembre.

Proprio perchè si tratta del decreto di un governo in carica ma solo per gli affari correnti, la sua stesura è stata più lunga del solito. Draghi ha voluto coinvolgere tutti i partiti, anche Fratelli d’Italia, e i sindacati. E tutti hanno convenuto che i capisaldi di questa nuova spesa siano la replica degli Aiuti già in vigore per famiglie e imprese e l’intervento su temi indifferibili come cuneo e pensioni. Tra le varie misure spicca l’aumento delle risorse per le bollette nell’ultimo trimestre: i fondi salgono a 5 miliardi dai circa 3 del precedente decreto per consentire uno sconto maggiore, rispondendo così anche al recente allarme dell’Arera sul rischio di nuovi aumenti. Rafforzato il bonus sociale, arrivano più tutele per i vulnerabili e misure per la rateizzazione delle bollette. Le bollette potranno inoltre rientrare tra le misure di welfare aziendale (su proposta della ministra Bonetti, Italia viva). Per la benzina la proroga dello sconto di 30 centesimi sulle accise sarà solo di un mese (dal 21 agosto al 20 settembre, costo di 900 milioni). E’ solo una questione tecnica: una volta noti gli incassi dall’extragettito di luglio, si potrà procedere con la proroga fino alla fine di ottobre. Sempre sul fronte del caro-energia, poi, vengono replicati i crediti di imposta per 3 miliardi.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.