Asserragliato in via di Campo Marzio, Giuseppe Conte vede nemici ovunque: «I nemici sono fuori», dice. Intende stigmatizzare quelli interni al Movimento. La richiesta del Garante, Beppe Grillo, che ha formalizzato l’istanza di riconteggio del voto online, lo ha indisposto. La pratica va svolta subito: dal 5 al 8 dicembre si torna a votare. «Ha chiesto di rivotare sulla base di una vecchia norma del vecchio statuto: ha esercitato questa facoltà e noi rispondiamo con una votazione al più presto. Sono sicuro che la comunità che ha già dimostrato tanta voglia di partecipazione risponderà anche questa volta a tono», ha tuonato ieri Conte.

I due mandati

Alla prima votazione, i militanti pentastellati hanno votato per il superamento del limite dei due mandati, tema che fa gola ai parlamentari in carica, ma anche l’eliminazione della figura del garante stesso, il comico genovese, e la collocazione del movimento nell’area progressista. La richiesta di tornare a votare poggia sulla regola statutaria che prevede, se richiesto dal Garante, il raggiungimento della maggioranza qualificata dei due terzi degli iscritti. A quella cifra Grillo proverà a far mancare l’adesione dei suoi. «Alcuni seguaci di Grillo stanno boicottando la votazione, stanno invitando al non voto: è la contraddizione massima del M5S che è nato per favorire la partecipazione dei cittadini», sottolinea ancora Conte, che poi commenta così in merito al dissenso di alcuni big: «Di Battista è uscito da tempo, è una persona che stimo. Raggi e Toninelli fino a prova contraria sono nel Movimento e ne fanno integralmente parte. Questo è un Movimento maturo che ha una forte vocazione democratica, il discrimine non è per chi è dissenziente ma tra chi ha un atteggiamento costruttivo e chi distruttivo, i nemici li abbiamo già all’esterno».

Il simbolo del M5S

E il simbolo? «Appartiene al M5S, non è di Grillo e non è neppure di Conte», precisa l’ex premier, che in merito alle alleanze afferma: «Essere progressisti non significa che saremo la ‘costola’ o il ‘cespuglio’ del Pd, non abbiamo questa vocazione, siamo cose diverse. Non vogliamo scimmiottare il Pd, rimarremo sempre un movimento d’opinione, che conduce battaglie concrete e potremo fare accordi sulla base di intese precise». Con il Pd, quindi, «non c’è nulla di precostituito: l’alleanza deve essere un mezzo per cambiare il Paese, non un fine di per sé». Cosa vuol dire? «Dalla Costituente – precisa Conte – è venuto fuori il concetto di ‘progressisti indipendenti’, non siamo catalogabili, per alcune cose risulteremo ben oltre la sinistra, per altre molto al centro. L’importante è che siano valori e principi: noi siamo progressisti popolari, ascoltiamo i bisogni della gente, come sull’immigrazione».

Argomento, quest’ultimo, sul quale i 5S sono pronti a prendere le distanze dalla sinistra. Se Conte chiede di rispondere a tono, a rispondergli è Toninelli. «Se non si raggiungesse il quorum, Giuseppe Conte dovrebbe dimettersi, ha subito tante sconfitte elettorali ma ha deciso di rimanere in sella. Se deve perdere anche questa battaglia di impossessamento del Movimento, cosa deve accadere perché uno si dimetta?»

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.