Nicola Zingaretti ha scritto in una lettera al suo partito i motivi per il quali ha deciso di dimettersi dalla segreteria. Ha spiegato di essere indignato per un Pd che mentre il Covid avanza si occupa solo di poltrone. Non è detto che questa sia la ragione vera dall’abbandono. Probabilmente nella sua decisione hanno pesato le conseguenze di alcuni sondaggi che danno il Pd in crollo verticale di consensi, travolto dalla propria strategia suicida, e cioè dalla decisione di sottomettersi ai 5 Stelle. Da più di un anno la segreteria Zingaretti segue questa strategia.

Il Covid e le poltrone, a occhio, c’entrano poco. Il Covid picchia duro dall’inizio del 2020, non è un problema di questi giorni. E in tutto questo tempo il Pd è rimasto accodato al partito dei 5 Stelle e di Giuseppe Conte, sebbene l’uno e l’altro dimostrassero assoluta incapacità politica e di governo. Il Pd in questi mesi ha compiuto una scelta molto netta, chiara. Ha detto: restiamo al governo a qualsiasi costo. Non molliamo. Non ci impuntiamo su una idea o su una linea politica. La linea la traccia Beppe Grillo purché ci lasci i ministeri. Beh, chi l’ha guidato il partito su queste posizioni? Difficile negare le responsabilità di Nicola Zingaretti.

Il Pd era morto da un pezzo. Molto prima delle dimissioni di ieri. Non aveva idee, non aveva gruppo dirigente, era scivolato a rimorchio di una forza qualunquista e sostanzialmente reazionaria. La decisione coraggiosa di Zingaretti di dimettersi adesso è la scossa che dà il via al terremoto. La sinistra si trova davanti allo specchio, con tutti gli orrori che gli ultimi hanno stampato sulla sua pelle. Non ha una leadership, non ha una idea, un progetto, ha sgretolato i suoi valori essenziali, non ha più neppure un partito. Deve ricostruire tutto. Dalle fondamenta.

Può essere la fine della sinistra, oppure può essere l’inizio di una sinistra moderna. Che decide di essere riformista davvero, liberale e socialista, libertaria, garantista, cioè quello che non è mai stata. Provo a immaginare una sinistra che decide di mantenere al suo interno il meglio delle idee e dei valori e delle tradizioni dei partiti che l’hanno originata (il vecchio Pci, la vecchia Dc, il vecchio Psi) ma di andare oltre, di ritrovare una sua identità in questo secolo. Il Pd e i vari partiti che l’hanno preceduto dopo che la magistratura aveva raso al suolo la Prima Repubblica e la sua forza democratica, non sono mai riusciti a fare i conti con questo secolo. Si sono sempre acquattati su posizioni subalterne.

Alla magistratura, o alle suggestioni della destra, o addirittura, in questi ultimi anni, al qualunquismo dei 5 Stelle. Forse adesso c’è l’occasione per rialzarsi, ricominciare. Rinunciare alla frasi fatte, agli slogan, all’ideologia scadente, e ricostruire un proprio patrimonio di idee, moderno e riformista. Zingaretti è stato l’ultimo segretario novecentesco. La sinistra troverà la forza per cambiare? L’Italia ne ha molto bisogno. Senza sinistra la modernità diventa appassita e triste.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.