I progetti di ‘grandeur’ dello Zar Vladimir Putin passano anche dalla Serbia? Dopo l’invasione dell’Ucraina, i timori di un allargamento del conflitto alla vicina repubblica separatista della Transnistria, in Moldavia, un vero e proprio ‘residuo sovietico’ in territorio europeo, la paura è che i piani del Cremlino siano quelli di allargare le mire anche nei Balcani, territorio che dopo il crollo dell’Unione Sovietica è già stato teatro di guerre civili, conflitti e massacri.

I legami tra il governo russo e quello serbo sono fortissimi, storicamente, culturalmente e soprattutto economicamente: Belgrado riceve da Mosca il gas russo a prezzo di favore, dipendendone di fatto totalmente. Ma le affinità sono anche militari: negli ultimi anni la collaborazione tra i due Paesi ha portato a esercitazioni in comune e all’acquisto di armi russe.

Per questo il voto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Serbia di Aleksandar Vucic, che ha sottoscritto la mozione di condanna dell’invasione russa in Ucraina, non è da considerare come un allontanamento tra i due alleati. Non è un caso infatti se quello di Belgrado sia uno dei pochi governi che non ha partecipato alle sanzioni imposte al Cremlino e ai suoi oligarchi, non ha sospeso il traffico aereo da e verso Mosca, mentre i media filo-governativi sostengono lo Zar.

Una posizione ambigua, dato che la Serbia da una parte resta vicina al Cremlino e dall’altra punta ad ottenere l’ingresso nella ‘sfera occidentale’: dal lontano 2014 vanno avanti i negoziati di adesione del Paese per diventare parte dell’Unione europea.

La vicinanza tra i due Stati e tra i due popoli è stata resa ancora più evidente dalle clamorose manifestazioni di piazza di venerdì scorso, quando almeno 5mila persone sono scese in piazza nella capitale per sostenere Vladimir Putin. A sfilare in particolare gli ultras di estrema destra e ultranazionalisti della Stella Rossa, tifoseria ‘caldissima’ della capitale guidata negli anni ’90 dal sanguinario comandante Arkan, al secolo Zeliko Raznatovic.

A proposito di Stella Rossa, il club serbo non ha rinunciato alla sponsorizzazione di Gazprom, il gigante dell’energia russo che invece i tedeschi dello Schalke 04 hanno messo alla porta rinunciando a lauti compensi.

Serbia e Russia sullo stesso fronte anche a causa di un ‘nemico’ comune, la Nato. L’Alleanza atlantica è ancora vista con ostilità: impossibile dimenticare per la popolazione i pesanti bombardamenti subiti negli anni ’90, nella guerra contro Slobodan Milosevic all’epoca contrastata dalla Russia al Consiglio di sicurezza Onu.

Non è un caso se il premier britannico Boris Johnson nei giorni scorsi ha proposto il paragone tra i due leader: “C’è una profonda analogia tra il comportamento di Putin e quello di Slobodan Milosevic in Serbia negli anni 90. Entrambi al potere per molto tempo, sempre più autocratici, con una causa nazionalista per cementare la loro posizione. È questo l’incubo che ora abbiamo davanti. Ma sta alla Corte trovare le prove di munizioni illegali, cluster bomb, bombe termobariche”.

Non è un caso se nei Balcani da giorni la tensione si è riaccesa, in particolare nel Kosovo proclamatosi unilateralmente indipendente da Belgrado nel 2008. A denunciarlo la ministra degli Esteri kosovara Donika Gervalla, con i timori di un vicino serbo “impegnato ad affermare il diritto della Serbia sulla regione“, come l’alleato Putin in Ucraina. Anche per questo da Pristina è arrivata una decisa accelerata con la richiesta di adesione alla Nato.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia