Lorenzo Castellani insegna Storia delle Istituzioni Politiche alla Luiss di Roma. Anche lui ha seguito le elezioni tedesche con la lente di ingrandimento sui decimali delle liste.

Il voto tedesco alla fine ha contenuto la temuta marea nera, quale Germania ne esce?
«Un voto dove chi è stato punito maggiormente è la maggioranza di governo uscente, Spd, Fdp e Verdi. E questo è andato a vantaggio di due partiti, all’estrema sinistra e all’estrema destra, Linke e Afd. Hanno preso loro gli scontenti, come evidenzia il voto dei giovani. La Cdu ha fatto un risultato buono, ma va anche detto – se guardiamo alla storia – che è il suo secondo peggior risultato. È ancora il perno del sistema tedesco, la Cdu, ma non è certo stato un plebiscito per loro».

Anche perché se guardiamo alla storia della Cdu, adesso la vediamo primeggiare mentre va a destra.
«Sul green deal e sull’immigrazione è andata sicuramente a destra e non poteva essere altrimenti. Sono i suoi elettori a essersi spostati a destra. E Merz è la corrente di destra della Cdu. E mentre le interpretazioni dominanti tendono a sminuire il risultato di Afd, oppure a dire che la marea nera è allarmante, nessuno centra il punto. Che è altro: la progressiva erosione dei due maggiori partiti tedeschi, Cdu e Spd, li porterà ad allearsi ma in una situazione di maggiore fragilità. E dunque di maggiori rischi. Spd tallonata da sinistra, Linke e Verdi. Cdu da Afd. Fare una grande coalizioni con delle estreme così forti ti espone a rischi, se non sei particolarmente incisivo nel governare».

Questo al netto delle dinamiche di cui parliamo: Spd non sarà più la stessa. E tantomeno la Cdu.
«I primi non si possono più permettere di sembrare centristi, i secondi devono soddisfare una esigenza elettorale di destra-destra. Non sarà facile. I socialdemocratici dovranno correggere la linea sull’immigrazione, così come sull’Ucraina: gli oggetti di compromesso sono rischiosi e sovraespongono la tenuta della Grosse Koalition».

Per fortuna fuori dalla maggioranza non è rimasta solo Afd: il dissenso si può distribuire. Potrebbe non esserci l’effetto “tutti dentro”, quello Draghi-Fratelli d’Italia.
«No, anzi: qui più che di Grosse Koalition secondo me si dovrebbe parlare di coalizione e basta. Perché non ci sono tutti dentro, ma due soli partiti con una maggioranza relativa non enorme – al netto del ricalcolo in corso – e quindi rimangono forti, e con spinte antitetiche, gli esclusi dal governo. Faccio un paragone con le elezioni italiane del 2013, quando la destra Salvini-Meloni iniziava a slegarsi da Berlusconi, e c’erano i populisti dall’altro. A parti invertite con la Germania: i populisti di destra di Afd stanno crescendo e potrebbero crescere ancora. Non credo sarà possibile tenerli fuori dal governo per sempre».

Per il momento Merz lo ha escluso, ma la storia è ancora lunga…
«Certo, per il momento Merz lo esclude, può e forse deve farlo. Perché questa Afd è ancora un movimento antisistema acerbo, immaturo e poco affidabile. Ma guardiamo appunto alla storia italiana: tutti i movimenti antisistema che abbiamo visto nascere, la Lega nei primi anni Novanta, Fratelli d’Italia in chiave di minoranza identitaria alla destra di Berlusconi e Fini, poi il Movimento Cinque Stelle hanno sempre vissuto una prima fase pirotecnica e poi una maturazione. Sono andati al governo tutti e tre. Cambiando pelle, in tutti e tre i casi».

Succederà lo stesso in Germania?
«Non si può escludere, e anzi è probabile. Serviranno anni. Ma quando vediamo un movimento come Afd così radicato nei Land dell’Est, chiediamoci cosa succederà già alle prossime elezioni locali. Inizieranno probabilmente a governare i primi Lander. In qualche caso, e già ci sono le prime avvisaglie, legandosi in coalizione con la Cdu. Per ora, come forze antisistema, basta loro stare in riva al fiume e aspettare. La rendita di posizione si riscuote negli anni, anche su questo l’esperienza italiana insegna. Le conventio ad excludendum erodono dall’interno. Se Afd e la Link prendessero entrambe un 5% in più ci troveremmo davanti a una scelta dirimente, nessun equilibrio attuale sarebbe più applicabile».

Sarebbe salutare – parlando per paradossi dottrinali – se il sistema politico tedesco riuscisse a metabolizzare l’Afd?
«Sì, naturalmente in un periodo medio-lungo. Lo dimostra l’Italia: tutti gli euroscettici e gli antisistema sono diventati governisti, europeisti e atlantisti. Un po’ per la grande azione di moral suasion del Quirinale e sicuramente per un debito pubblico che imbriglia, ma siamo sempre riusciti a integrare questa protesta nelle istituzioni, senza esiti pericolosi per la democrazia».

E i liberali, l’Fdp?
«Fuori un giro, possono solo trarne beneficio. Sperando che l’economia vada bene e che soffi un nuovo vento europeista, possono tornare forti in una Germania del prossimo futuro. Questa lezione gli ha fatto capire che i governi con Verdi e socialdemocratici non giovano».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.