Il monito del garante
Il virus uccide in cella: terzo detenuto morto in un mese, mentre magistrati e governo dormono

Mentre l’Italia s’avvia a diventare “gialla”, le carceri invece restano grigie, con contagiati, morti, sovraffollamento, malasanità e malagiustizia. Filippo, 63 anni, detenuto a Poggioreale, è morto ieri al Cardarelli per Covid. È il terzo in Campania, oltre il direttore sanitario del carcere di Secondigliano. Tutti con patologie cardiache o comunque croniche. Quindi era meglio prevenire. Si continua a morire di carcere e in carcere. I dati di oggi ci dicono che, per numeri e quantità di istituti colpiti, sarebbe utile fare altri passi avanti. Ma il ministro Bonafede, il governo Conte e i partiti latitano, dimostrandosi pavidi e cinici.
Le criticità che il sistema-carcere sta rivelando ora che l’emergenza Covid lo ha investito in pieno sono sotto gli occhi di tutti. L’aumento esponenziale del numero dei contagi tra la popolazione carceraria e gli operatori penitenziari costituisce il dato più evidente dell’incapacità di contenere e reagire alla diffusione del virus all’interno degli istituti penitenziari. Gli interventi legislativi adottati finora per ridurre la popolazione carceraria – peraltro volgarmente strumentalizzati da gran parte dell’opinione pubblica come un tentativo di aprire le porte del carcere per “boss” e condannati al 41 bis – si sono rivelati del tutto insufficienti a raggiungere gli obiettivi sperati. Anche le previsioni del decreto Ristori, delle quali si auspica un miglioramento in sede di conversione, sembrano muoversi lungo la medesima, insoddisfacente, direzione. Le piccole misure per alleggerire le carceri in tempi di Covid sono una chimera. Parlare di “clemenza” sarebbe fare dell’ironia.
E tantomeno si può usare un’espressione, da sempre in voga, come norme “svuotacarceri”. Il “pacchettino” delle proposte – ecco, il pacchettino! – ha nella magistratura di Sorveglianza il luogo e le persone adatti a rendere il diritto alla salute, alla speranza, al trattamento e al reinserimento, concreti e aderenti alla Costituzione. In un simile scenario, è necessario che tutti gli attori che animano il sistema-carcere operino nella medesima direzione al fine di contenere il numero degli individui in entrata e di favorire forme di liberazione anticipata attraverso il ricorso ai vari strumenti previsti dalla legge.
Tuttavia, i Garanti segnalano con rammarico come gli Uffici di Sorveglianza campani si rivelino, al momento, sordi alle esigenze dettate da questa situazione di drammatica emergenza. Pur riscontrando una certa sensibilità da parte di alcuni magistrati, inclini ad accogliere le istanze di avvocati e detenuti oltre che degli stessi Garanti, è evidente l’inerzia complessiva degli Uffici di Sorveglianza nel rispondere a tali istanze. Da giorni, infatti, i Garanti ricevono segnalazioni in tal senso, che arrivano dai detenuti e dalle loro famiglie, dai rappresentati di associazioni e cooperative che operano nel carcere e dagli stessi avvocati difensori.
In particolare, le mancate risposte in materia di permessi premio, affidamento esterno al lavoro, liberazione anticipata e detenzione domiciliare con braccialetto finiscono per contribuire alla cronica situazione di sovraffollamento carcerario e all’aumento del senso di frustrazione dei reclusi. A ciò si aggiungono, inoltre, i continui ritardi mostrati dalle aree educative che finiscono per colpire soprattutto detenuti stranieri, senza fissa dimora o semplicemente poco seguiti dai rispettivi avvocati: così quelle persone diventano detenuti ignoti, dimenticati da quello stesso sistema che dovrebbe provvedere al loro reinserimento sociale.
Nella consapevolezza dell’impatto che la pandemia ha avuto e ha tuttora sul carico di lavoro del comparto giustizia, il quale già soffre di un’endemica carenza di personale, i Garanti ribadiscono con forza la necessità di una relazione dinamica, continua e fluida con la magistratura di Sorveglianza e le aree educative, necessaria per garantire che il diritto alla vita e alla salute dei detenuti sia garantito. Mettere in sicurezza gli istituti e assicurare le buone condizioni di agenti, detenuti e operatori deve restare una priorità che ha bisogno di interventi coerenti, coraggiosi e tempestivi.
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