Chieti. L’aria è fredda e tagliente, ma si respira il calore delle grandi occasioni. Il compito di scaldare i cuori è affidato alle celebrazioni che sono chiamate a tenere viva la fiamma del ricordo. Un ricordo che a Chieti, una delle poche eccezioni del nostro paese, vede tutta la politica schierata nella stessa direzione. Il rituale delle manifestazioni istituzionali fa da cornice a un clima di unità che, considerando i tempi di oggi, sembra un fatto inedito. Anzi, è un fatto inedito. Soprattutto se si pensa alle sterili polemiche che ogni giorno lacerano l’Italia.

Da lontano riecheggiano i canti, Bella Ciao, le dichiarazioni in ricordo della Brigata Maiella (unico reparto partigiano decorato con la medaglia d’oro al valor militare). Una formazione che, dopo aver combattuto in Abruzzo, riuscì a risalire lo Stivale fino ad arrivare a Brisighella e in Veneto.

Bimbi, ragazzi, adulti, pensionati: per le strade della città regna la trasversalità di genere e di età. Anche i commercianti non rinunciano ad affacciarsi dal proprio locale per rispondere «presente» all’appello. Si fa coinvolgere pure chi aveva scelto di uscire semplicemente per prendere una boccata d’aria e concedersi una passeggiata dopo una settimana di impegni. Nella città fondata nel 1.181 a.C. dall’eroe Achille, che decise di chiamarla Teate in onore di sua madre Teti, le partigianerie lasciano spazio a uno spirito convergente.

Gianni, 43 anni, storico sostenitore di Alleanza Nazionale prima e di Fratelli d’Italia poi, respinge la narrazione secondo cui il 25 aprile sarebbe una festa di parte e di cui la sinistra potrebbe vantare una proprietà esclusiva: «Oggi festeggiamo tutti, ognuno con le proprie idee ma tutti con lo stesso principio. Negli anni la Festa della Liberazione è stata strumentalizzata ed è stata ridotta a oggetto di scontro politico e questo ha svilito l’identità di una ricorrenza che invece va portata avanti senza frammentazioni. Specialmente ora che la guerra continua ad avanzare. La libertà è un principio sacrosanto per tutti: perché oggi dovrei starmene a casa con indifferenza?».

Gianni sta parlando con Filippo, studente di 17 anni, che non ha approfittato del giorno festivo per restare sotto le coperte e dormire fino a tardi. Indossa una sciarpa rossa per coprirsi dal freddo, e il colore – non a caso – è sintomo anche della sua militanza a sinistra: «Fa effetto essere qui senza dividerci, sento il dovere di rispettare la memoria. Molti miei compagni di classe sono a casa o hanno deciso di fare shopping proprio questa mattina, mentre io ritengo doveroso non disertare un appuntamento così importante. Siamo noi giovani i custodi del futuro e chi dovrebbe attivarsi al posto nostro? Libertà e diritti sono pilastri a cui non potremmo mai rinunciare».

Non mancano ovviamente i riferimenti al conflitto tra Ucraina e Russia. Maria, in pensione da 7 anni, mentre sorseggia il suo caffè riflette sul valore della memoria come passaggio del testimone alle nuove generazioni: «Abbiamo lottato tanto per garantire libertà a un popolo oppresso».

Da donna di sinistra invita a tenere alta l’attenzione in Italia, specificando però che i veri pericoli sono al di fuori dei nostri confini: «Per fortuna da noi gli estremismi sono casi isolati. Ciò che mi preoccupa è la tirannia di Putin, e in questo senso mi permetto di rivolgere un consiglio ai miei connazionali: se oggi scendiamo in strada per celebrare il 25 aprile, non possiamo poi chiudere gli occhi e sfilarci dal sostegno all’Ucraina».

Parole sagge e di coerenza che suonano come un monito verso una politica spesso distratta e contradditoria. Nel mezzo del colloquio tiene a far sentire la propria voce Stefano, un operaio che non si riconosce nei tradizionali schieramenti ma che ha ben chiaro in mente un concetto: «Ormai ho perso fiducia nella politica, però assistere a un clima così condiviso nella Festa della Liberazione è senza dubbio un elemento che mi rallegra. Non so in quante altre città si possa godere di questa sensazione oggi».

Sara, ora al secondo anno di università, ha a cuore i diritti civili: «Oggi è anche l’occasione per ricordare che su temi come adozioni per le coppie omosessuali e aborto c’è da fare uno scatto in avanti. Non possiamo accontentarci e limitarci alle celebrazioni di rito».

Per Sergio, da sempre a sostegno di Forza Italia, la via maestra è quella della pace ma a una condizione: «La diplomazia deve tornare protagonista. È certo che tutti vogliamo la pace, ma non una tregua che faccia perdere dignità all’Ucraina. Che ha il diritto a resistere di fronte all’aggressione della Russia».

Chieti, città dove nel mese di marzo del 1926 si svolse il processo per l’omicidio di Giacomo Matteotti. In cantiere c’è l’ipotesi di organizzare una cerimonia celebrativa tra il Comune e alcune istituzioni locali, proprio in occasione dei 100 anni del delitto in cui perse la vita l’allora segretario del Partito Socialista Unitario.

Anche per questo il sindaco Pietro Diego Ferrara, vicino a un banco ricoperto di bandiere della pace, legge il monologo dello scrittore Antonio Scurati dopo le recenti polemiche sulla Rai: «Piazza dei Martiri della Libertà si riempie degli ideali di libertà, pace, rispetto della storia e antifascismo che da sempre animano il 25 aprile e la sua celebrazione».

Al suo fianco primeggia uno striscione: «Popolo senza memoria, popolo senza futuro». Non passa inosservato il simbolico passaggio del testimone della memoria, con i ragazzi presenti che animano il corteo dell’Unione degli studenti. Altrettanto suggestiva la mostra fotografica dell’Anpi Chieti lungo Corso Marrucino tra articoli di giornale e immagini dell’epoca.

Il corteo istituzionale attraversa la città con i rappresentanti di Enti locali, forze dell’ordine, associazioni civili e militari. Presente anche Etel Sigismondi, senatore di Fratelli d’Italia. La cerimonia inizia con la deposizione della corona d’alloro al monumento alla Resistenza in Largo Cavallerizza, poi c’è l’omaggio alla lapide in memoria dei partigiani teatini in largo Martiri della Libertà. Ultima tappa al Monumento ai caduti, alla Villa comunale con l’alzabandiera. Per un giorno Chieti, che storicamente ha spesso guardato a destra, diventa culla di unità politica.