No, di fico in ciò che è successo a Bratislava non c’è davvero nulla. Non può che iniziare che con questo banale gioco di parole il racconto della “notte terribile” che ha vissuto la Slovacchia e a cui hanno assistito con preoccupazione gli osservatori di molte capitali europee, dopo che i primi exit poll delle elezioni politiche avevano dato un ottimo risultato per i liberali di PS e il loro giovane leader Michal Šimečk, che a Bruxelles è vicepresidente del parlamento europeo per Renew Europe, e dopo che – nelle prime ore della mattina seguentei risultati dai seggi hanno invece ribaltato il risultato e decretato la vittoria di Robert Fico, il populista filorusso, anti Nato, anti aiuti all’Ucraina, anti migranti, anti Islam, anti diritti LGBT, anti tutto.

Il suo partito SMER, teoricamente di sinistra ma in realtà più a destra di Orban su molti temi, col 22,9% dei voti ottenuti andrà davvero al governo? Dipende molto dalle trattative che sono già iniziate a scrutinio terminato. Grande kingmaker è Peter Pellegrini, ex alleato di Fico ed ex Primo Ministro dopo che Fico si dimise per uno scandalo legato alla corruzione del governo e ad un omicidio di un giornalista, oggi concorrente con un partito fondato dopo quella vicenda, Hlas, una formazione socialdemocratica europeista. Se Pellegrini dovesse, deludendo parte dei suoi elettori, stringere un’alleanza con Fico, gli altri voti si troverebbero facilmente e la strada per un secondo Orban in Europa sarebbe spianata; se invece dovesse rivolgersi ai liberali di Šimečk, con qualche difficoltà matematica e politica in più il rischio sarebbe sventato.

Non è un caso che ieri Fico abbia tenuto una conferenza stampa post notte elettorale dai toni leggermente più concilianti: ha chiesto una stretta sui confini per impedire ai migranti di introdursi nel Paese, ha ribadito che sulla questione degli aiuti militari all’Ucraina non cambierà idea e continuerà ad essere contrario, ma ha affermato che la Slovacchia sarà in prima linea per gli aiuti umanitari e per la ricostruzione. Certo, pesano ed allarmano non poco tre complimenti per il risultato che ha ricevuto: quello del portavoce del Cremlino Peskov, quello del presidente serbo Vucic e un tweet molto amichevole di Orban (“sempre bello lavorare con un patriota”, ha detto). Notizia di ieri è che la presidente della Slovacchia, Zuzana Čaputová, ha dato l’incarico a Robert Fico di formare il governo: avrà 14 giorni per provarci e ha già ammesso che non sarà semplice farlo.

Mentre a Bratislava si consumava la vittoria di Fico, in un’altra capitale, quella polacca, andavano in piazza un milione di cittadini sotto le bandiere di Coalizione Civica, il principale partito di opposizione al governo ultra conservatore di Morawiecki. Capeggiati dall’ex premier popolare Donald Tusk, in piazza a Varsavia ha sfilato una manifestazione chiaramente pro-Europa e contro i sovranismi, per la democrazia e i diritti, in vista delle elezioni previste per il 30 ottobre, per le quali gli ultimi sondaggi danno i conservatori di PiS al 37%, Coalizione Civica al 30%, l’altro raggruppamento popolari/liberali (Terza Via) all’11%, l’estrema destra di Konfederacja in forte calo al 10%, stessa percentuale che viene data ai socialdemocratici di Lewica. Con questi numeri, un’altra Polonia sembra davvero essere possibile, nonostante il pugno di ferro governativo sulla stampa e sulla magistratura che ha danneggiato non poco le fondamenta della democrazia polacca, ma non così tanto (forse) da permettere un governo di segno diverso. Non resta che aspettare per capire quanto peseranno nel voto definitivo la questione migranti (il presidente Duda ha proditoriamente convocato in concomitanza un referendum sul recente accordo a Bruxelles sulle migrazioni) e lo scandalo dei visti falsi che sarebbero, secondo l’opposizione, stati concessi in grande quantità dalle autorità di frontiera in cambio di tangenti.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva