Oggi il Governo dovrebbe finalmente decidere sulle misure di contrasto del caro-bollette. Intanto, si è constatato come le vicende geopolitiche con la crisi russo-ucraina si aggiungano in maniera fondamentale, a seconda della loro evoluzione in un senso o nell’altro, alle cause degli impatti sui mercati, tra l’altro, con l’aumento degli spread (nel caso italiano, di quelli Btp-Bund) seguito, in alcuni episodi, dal ripiegamento, allorquando la tensioni politico-militari si attenuano. Ora andrà verificata la fondatezza dell’annunciato ritiro di parte delle truppe russe alla frontiera dell’Ucraina che non dovrebbe richiamare alla memoria i “ ritiri” di un lontano passato.

Le misure per i rincari energetici, ipotizzate tra 4 e 6/7 miliardi, non possono non tener conto dell’aumento, nel primo trimestre dell’anno in corso rispetto al corrispondente del 2021, del 131% della bolletta elettrica e del 94 di quella del gas. Avere assunto, come condizione preliminare di non mettere in campo uno scostamento di bilancio ridimensiona l’operazione e può riverberarsi a danno delle misure strutturali che pure bisognerebbe adottare. Per ora, si ipotizzano, con riferimento soprattutto a famiglie e piccole imprese, la riduzione o l’azzeramento degli oneri di sistema, sconti in bolletta per le famiglie meno abbienti, misure sull’Iva.

È aperta la questione del contributo a carico delle imprese , in particolare delle “rinnovabili”, che abbiano conseguito extra-profitti con i rincari. Ancora permane vaghezza sulle iniziative di carattere strutturale per aumentare la produzione di energia e sul ruolo che si intende promuovere, nella negoziazione e nella fornitura di prodotti energetici, da parte dell’Unione europea. Vorremmo essere smentiti, ma fin qui manca, in sostanza, un necessario, organico piano, mirato ad affrontare i problemi del settore nel periodo precedente la fine della legislatura, evitando così di assumere misure “a pezzi e bocconi”, che si raccordi con il Piano di ripresa e resilienza. È ciò che, invece, ci si attenderebbe dal Governo dei cosiddetti Migliori e non la ripetizione di prassi ormai vecchie quanto l’Italia repubblicana. Poi vi è il solo apparente “ convitato di pietra”.

Mentre si diffonde la voce, per il momento assai vaga, secondo la quale, addirittura, Christine Lagarde potrebbe essere nominata presidente del Consiglio da Emmanuel Macron, se questi vincerà le prossime elezioni presidenziali, la presidente della Bce conferma una comunicazione ancora generica la quale non prospetta misure restrittive, ma neppure il contrario: le decisioni saranno giuste, ella dice in sostanza, e saranno prese al momento giusto. Intanto, il Governatore della Banca di Francia Villeroy ipotizza che l’acquisto di titoli da parte della Bce, facenti parte del programma App, potrebbe cessare nel terzo trimestre di quest’anno. Pur non disconoscendo affatto le difficoltà di una maggiore chiarezza, il linguaggio, tuttavia, si avvicina a quello della Sibilla cumana. Quanto agli impatti geopolitici, non può dirsi (ancora) fugato il rischio che deflagri il conflitto russo-ucraino oltre gli sprazzi di guerra cibernetica in atto, nonostante i passi compiuti verso un alleggerimento delle tensioni che non può dirsi però “ de-esclation”.

Per le impennate, come accennato, dei prezzi dei beni energetici e le traslazioni su altri prodotti ci sarebbe bisogno di punti fermi o comunque di minori incertezze anche nella politica monetaria ovvero, ancora, di una comunicazione istituzionale comunque più chiara. Stessa esigenza si avverte per la politica economica. L’andamento degli spread Btp-Bund costituisce un segnale del dovere di “ estote parati”. Nel recentissimo convegno annuale Assiom-Forex, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha sostenuto che se i rincari non avranno effetti di secondo livello, la competenza a intervenire resta della politica economica; altra cosa sarà se questi effetti, con una rincorsa prezzi-salari ( ora assente), si verificheranno, allora sarà doveroso l’intervento della politica monetaria.

Al di là di una possibile discussione sul non intervento di quest’ultima nella prima ipotesi .- avendo in base al Trattato Ue la Bce il mandato di mantenere la stabilità dei prezzi” in una prospettiva di non breve termine – comunque la politica economica è e deve essere in prima linea e non con misure “disiecta membra”, frammenti, destinati, dopo breve tempo, ad essere riproposti per la loro insufficienza. Un coordinamento politica economica-politica monetaria è essenziale. E si tratta di ricorrere a una “terapia di urgenza”, da eseguire senza lesinare sulle risorse. Ma non si era detto che ora è il tempo di dare, da parre dello Stato, non di prendere? E non si era detto che bisognava modificare il “ paradigma” della politica economica? O sono concetti buoni solo quando fa comodo?