Il decreto antimafia nella parte relativa alle intercettazioni è “incostituzionale” e annichilisce le “garanzie” della difesa. C’è molto nervosismo fra i parlamentari di Forza Italia ai quali non è andato giù questa settimana l’aver dovuto ritirare gli emendamenti al decreto legge 105 dello scorso 10 agosto, fortemente voluto dai procuratori, ad iniziare dal capo dell’antimafia Giovanni Melillo, che aveva reso più facile le procedure per effettuare le intercettazioni.

Gli emendamenti erano stati ritenuti da Palazzo Chigi “non coerenti con la volontà dell’esecutivo”. I forzisti avrebbero voluto mettere un argine alle nuove disposizioni in tema di intercettazioni. Il decreto, infatti, prevede i “sufficienti indizi” per autorizzare gli ascolti invece dell’originaria formula dei “gravi indizi”. Una norma, peraltro, che si applica ai procedimenti già in corso.

Nello specifico il nuovo regime tocca le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, il sequestro di persona a scopo di estorsione, i delitti commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni tipiche della mafia previste dall’articolo 416bis del codice penale o al fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose. Di fatto si possono effettuare intercettazioni anche per reati ‘comuni’ purché siano stati commessi con il metodo mafioso, una fattispecie quest’ultima dai confini quanto mai dilatati dalla giurisprudenza nell’ultimo periodo.

La disposizione poi estende ancora di più l’utilizzo del trojan, il virus spia che trasforma il telefono in un microfono sempre acceso e che può essere impiegato per i reati di mafia e terrorismo e per quelli contro la Pubblica amministrazione. Il trojan era stato anche oggetto di un approfondimento in queste settimane in Commissione giustizia al Senato per la sua estrema invadenza nella sfera privata delle persone, anche non direttamente coinvolte nelle indagini.

Tommaso Calderone, capo gruppo di Forza Italia in Commissione giustizia alla Camera, unitamente al vice presidente della stessa Pietro Pittalis, hanno chiesto sul punto un incontro con il ministro Carlo Nordio – da tenersi già all’inizio della prossima settimana – per capire dove sta andando il governo in materia di giustizia.

La spaccatura fra il garantismo degli azzurri e le spinte giustizialiste di FdI e Lega è quanto mai evidente. Il trojan, come ricordato anche da Enrico Costa (Azione), dovrebbe tornare ad essere utilizzato solo per i reati gravi, quelli di mafia e terrorismo, e non appunto per i reati contro la pubblica amministrazione, come volle l’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

Purtroppo si confermano i sospetti: Giorgia Meloni non vuole andare contro i magistrati e ha timore di finire sotto il tiro dei giornali pro pm”, dice a microfoni spenti un parlamentare di Forza Italia, evidenziando le contraddizioni di Nordio che sul tema delle intercettazioni ha sempre auspicato una stretta.

“Con le nuove norme si è inteso ampliare il novero delle fattispecie che confluiscono nel ‘doppio binario’ e per le quali è consentito il massiccio ricorso alle intercettazioni, anche attraverso il captatore informatico, in presenza di indizi (solo) sufficienti di reato”, avevano fatto sapere gli avvocati dell’Unione delle camere penali. “Il governo – avevano aggiunto – ha scardinato l’insieme dei limiti alla compressione del diritto alla segretezza e inviolabilità delle comunicazioni prevedendo, secondo il dettato normativo, una qualche rigidità dei presupposti e un freno all’utilizzo delle intercettazioni in procedimento diverso da quello nel quale sono state predisposte” e così “realizzando i desiderata di alcune Procure oramai aduse a fondare quasi esclusivamente sulle intercettazioni l’impianto probatorio a sostegno dell’azione penale”.

Per i penalisti, insomma, “il Dicastero guidato da Nordio fa oramai sistematicamente seguire alle condivisibili dichiarazioni garantiste del Ministro, disegni, atti e proposte che vanno in altra direzione. L’avvocatura penale saprà individuare le forme più adeguate per dar voce alla protesta e richiamare alla coerenza con gli impegni assunti tutti gli attori istituzionali”.