La riforma della giustizia, “liberale” e “garantista”, voluta dal Guardasigilli Carlo Nordio e da realizzarsi in più tappe rischia di finire subito su un binario morto. La novità è di queste ore e rappresenta un radicale cambio di passo rispetto a quanto dichiarato appena una decina di giorni fa dalla premier Giorgia Meloni, secondo cui l’intervento sulla giustizia sarebbe dovuto andare al pari di quello costituzionale sul premierato.

I motivi dello stop improvviso sarebbero essenzialmente due. Il primo riguarda la legge di Bilancio che si preannuncia molto difficile. “Sarà una legge di bilancio complicata, tutte lo sono. Siamo chiamati a decidere delle priorità, non si potrà fare tutto, certamente dovremo intervenire a favore dei redditi medio bassi, ma dovremo anche usare le risorse a disposizione per promuovere la crescita”, aveva messo le mani avanti l’altra settimana il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti (Lega).

Il problema è la mancanza di almeno 20 miliardi nei conti delle entrate, soldi che però servono urgentemente per far tornare i conti della manovra di bilancio d’autunno. La Ragioneria ha già fatto sapere che nei primi sei mesi dell’anno il fabbisogno dello Stato è salito a 95 miliardi di euro, circa 52 miliardi in più rispetto a un anno fa. Un aumento che nessuno aveva nemmeno lontanamente ipotizzato. A ciò si aggiunge che le entrate fiscali non stanno andando bene. Si versano molte meno imposte di quanto era stato preventivato dagli uffici di via Venti Settembre.

Un quadro poco roseo che inevitabilmente costringerà il governo ad una manovra fatti di tagli e di conseguenza ad un dibattito parlamentare che si preannuncia molto acceso in quanto, oltre a dover fare economie, i partiti della maggioranza dovranno rinunciare alle tante promesse che erano state fatte in campagna elettorale. In questo scenario non edificante la riforma della giustizia, che non potrà essere fatta a costo zero, è destinata a passare in secondo piano. “Già sarà un miracolo trovare le risorse per far quadrare i conti, figuriamoci per gli investimenti che ha in mente Nordio”, fanno sapere alcuni parlamentari della maggioranza. Investimenti importati sono previsti sia nelle infrastrutture, ad esempio nell’edilizia giudiziaria, e sia nel personale. Nel progetto Nordio si dovrebbero assumere almeno trecento magistrati in più rispetto a quelli previsti ora dalla pianta organica solo per far funzionare il nuovo sistema delle misure cautelari: non più provvedimenti monocratici ma collegiali.

Il secondo punto, invece, è tutto politico. La riforma Nordio necessita di una modifica della Costituzione, in particolare per quanto riguarda la separazione delle carriere in magistratura fra pm e giudici. Anche se fosse votata dal Parlamento, difficilmente il voto raggiungerebbe i due terzi sia alla Camera che al Senato. Numeri che il governo Meloni non ha dovendo così ricorrere al referendum costituzionale dove non è previsto il quorum. Visto che anche la riforma del premierato prevederà – per gli stessi motivi – un referendum costituzionale, i colonnelli di Fratelli d’Italia, prima della ripresa dei lavori parlamentari, starebbero suggerendo alla premier di non insistere sulla riforma della giustizia, avvisando Nordio di alzare il piede dall’acceleratore per dedicarsi ad interventi meno incisivi. Per convincerla gli hanno ipotizzato scenari drammatici. La riforma della giustizia rappresenterebbe una chiamata alle armi dagli esisti quanto mai incerti. Sicuramente una campagna mediatica violentissima, capeggiata dall’Associazione nazionale magistrati e dai suoi giornali di riferimento, che farebbe passere l’esecutivo di destra come quello che vuole bloccare il lavoro dei pm, favorire la mafia, e gli odiati colletti bianchi. Un danno all’immagine della premier che viene pur sempre da un partito “legge e ordine”.

A ciò si aggiunge cosa accadde a Matteo Renzi quando da presidente del Consiglio nel 2016 volle riformare la Costituzione al referendum. Un precedente non felice. Bisognerà vedere come la prenderanno gli alleati di governo, ad iniziare da Forza Italia che si è molto impegnata sulla giustizia in questi mesi.

Paolo Pandolfini