C’è un detenuto nel carcere di Busto Arsizio che staziona in una cella dell’infermeria perché gravemente malato, invalido al cento per cento e non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita. Ha 42 anni ed è affetto dall’infanzia da una patologia degenerativa in forma grave, nota come sindrome di Charcot-Marie-Tooth. È in carrozzina con gli arti inferiori e superiori gravemente compromessi, sa che non potrà mai guarire ma sa (e lo sanno anche giudici e pm) che ha bisogno di riabilitazione continua per non peggiorare la sua condizione. Gli hanno messo un piantone, cioè un altro detenuto che lo aiuta (non un infermiere); da settembre non è in grado di farsi una doccia completa e si lava come può con la doccetta vicina al wc; in tutta la sua detenzione, che è iniziata il 4 luglio 2019, cioè 16 mesi fa, non ha mai potuto fare la fisioterapia che gli è indispensabile.

La presa delle mani, già debolissima, si è ulteriormente deteriorata e le gambe, più piccole del normale, sono gelide. A Busto Arsizio, ove è allocato dal 25 settembre, i medici fanno il possibile per aiutarlo – afferma sua sorella – ma non hanno personale e strutture sanitarie adeguati per alleviare le sue sofferenze. Fatto sta che ho in mano la relazione della ASL regionale dell’Emilia Romagna, redatta quando il detenuto si trovava nel centro clinico del carcere di Parma quindi, non come accade oggi, nella cella dell’infermeria dell’istituto penitenziario di Busto Arsizio. Ebbene, in quella relazione medico legale, datata 4 aprile 2020, si certificava l’importanza per il paziente di una terapia che sia intensa e soprattutto continuativa, «condizione non applicabile nel carcere di Parma», così come «non è eseguibile l’idro-chinesiterapia di grande utilità nella malattia da cui è affetto il paziente-detenuto».

Il detenuto in questione si chiama Enzo Misiano, un nome che brucia perché è stato consigliere comunale per Fratelli d’Italia a Ferno in provincia di Varese ed è coinvolto, assieme ad altri 33, nell’indagine della DDA di Milano “Krimisa”, accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Misiano ha ricevuto una condanna a 8 anni in primo grado ed è in attesa dell’appello, quindi è un detenuto in attesa della sentenza definitiva, quindi ancora “non colpevole” secondo l’art. 27 della Costituzione. Prima di quel 4 luglio 2019 Enzo Misiano era un cittadino incensurato. Da quel 4 luglio se lo sono rimpallato carcere dopo carcere perché nessun istituto era in grado di affrontare la sua patologia: prima Asti, poi Voghera e poi Parma. A Parma – a seguito della relazione medico legale di cui abbiamo sopra riferito succede il miracolo, il 28 aprile 2020 il Gip con il parere contrario del Pm gli concede la detenzione domiciliare, ma il tutto finisce il 25 settembre quando il Pm ottiene ragione in Cassazione e Misiano ritorna in galera a… Busto Arsizio.

Ma non finisce qui. Lo stesso Gip il 27 novembre scorso respinge la richiesta di detenzione domiciliare con motivazioni che lasciano a dir poco perplessi. «Vero è – si legge – che all’interno della casa circondariale di Busto Arsizio non sono disponibili né le attrezzature né il personale specializzato per far fronte alle necessità di cura dettate dalle condizioni di Misiano Enzo, la cui patologia, stante la complessità del caso, non risulterebbe adeguatamente gestita all’interno della predetta struttura detentiva». Le condizioni di salute del paziente-detenuto sono però incompatibili con la casa circondariale di Busto “non già con il regime detentivo in sé”; “È pertanto indicato il trasferimento dello stesso presso una struttura dell’amministrazione penitenziaria che preveda un centro clinico provvisto di palestra e soprattutto di personale dedicato o di strutture convenzionate specializzate». Successivamente, nell’ordinanza che respinge l’istanza, si individua la Casa di Reclusione di Opera, «dotata di centro clinico e legata da apposita convenzione alla struttura esterna di cura Centro Don Gnocchi».

Non sono in grado di dirvi ora cosa risponderà – o abbia già risposto – il carcere di Opera in piena pandemia da coronavirus, quel che mi chiedo è: se esiste questa struttura così adeguata (lo vedremo), perché hanno fatto tribolare Enzo Misiano per più di un anno?  Per lui – come purtroppo per migliaia di detenuti – sono sospesi gli articoli 27 e 32 della Costituzione? La giornata mondiale della disabilità (ricorreva ieri, con tanto di messaggio solenne del Presidente della Repubblica) vale anche per coloro che sono detenuti? Infine, una provocazione. Mi immedesimo, oggi mi viene più facile forse perché sono al 24° giorno di sciopero della fame. Mi immedesimo in un atto quotidiano della vita al quale sicuramente non pensano (pur compiendolo come tutti) i magistrati che hanno sballottato Enzo Misiano da un carcere all’altro. Come si pulisce il culo questo detenuto dopo aver defecato visto che è privo della funzionalità delle mani? Chiama il piantone-detenuto che è un estraneo e non è certo un operatore sanitario?