Sono consapevole della immensa difficoltà che trova il Governo nel porre in essere gli interventi più utili per fronteggiare la pandemia e mi irritano i tanti “so tutto io” che agitano i programmi televisivi o che scrivono sulla carta stampata. L’Italia ha 60 milioni di tecnici della nazionale di calcio e altrettanti virologi ed esperti in organizzazione sanitaria. A tutti questi si aggiungono eserciti di questuanti che fanno a gara nel proclamarsi «i più colpiti» nelle loro attività, mettendo in luce come la nostra economia sia rimasta legata a stereotipi assistenziali e consociativi. Il mercato non esiste o, meglio, esiste solo quando produce utilità, anche quelle “pezzottate”; quando si tratta di investimenti privati, invece, scatta il fuggi fuggi generalizzato. Tutto ciò si amplifica, fino all’inverosimile, in periodi di emergenza.

In questi giorni abbiamo visto come si diffonde il malessere sociale, soprattutto nelle grandi aree urbane, e quanto sia sollecitato l’ordine pubblico durante le emergenze che vengono strumentalizzate e utilizzate da gruppi di provocatori legati alle frange estreme della destra o di alcuni centri sociali insieme all’attenta regia di gruppi malavitosi, pronti a tutto pur di accrescere la capacità di controllo su interi territori e sui più bisognosi. Così aumenta l’usura e si riciclano vagonate di denaro sporco. Proprio per tutto questo ho grande rispetto per il lavoro che il governo Conte sta facendo e anche per le iniziative poste in essere dalla Regione Campania che, nella fase dell’esplosione del contagio, ha saputo intervenire con politiche attive di sostegno economico a tutti i segmenti sociali.

Non capisco, invece, l’iniziale distribuzione delle regioni nelle diverse aree individuate inserita dall’ultimo Dpcm. Soprattutto non capisco la collocazione della Campania, poiché la manifestazione del virus ha avuto una costante ascesa in tutte le aree geografiche e il servizio sanitario pubblico è vicino alla saturazione. D’altra parte, che la malattia sia più vicina lo si coglie empiricamente osservando ciò che capita a ognuno di noi. Ormai ogni luogo di lavoro, ogni famiglia, ogni situazione di convivenza ha un contagiato e tanti sono quelli che si mettono in quarantena fiduciaria.

Allora due sono i casi: o i dati che vengono raccolti e trasmessi non sono veritieri o nella classificazione delle regioni hanno avuto la meglio altre valutazioni. Quali? Per esempio proprio quella dell’ordine pubblico. Probabilmente Conte ha inizialmente ritenuto che una chiusura drastica avrebbe scatenato reazioni cui le istituzioni non avrebbero saputo o potuto rispondere in modo adeguato. D’altra parte, se c’è una differenza con gli altri Paesi europei, è quella della combinazione tra chiusura e interventi di sostegno economico: altrove è contestuale, da noi ci sono tempi diversi che creano agitazione.

Sarebbe venuto il momento di istituire un tavolo permanente tra Governo, Regioni e parti sociali per un’adeguata, doverosa e trasparente concertazione. È evidente che, se il Governo continua a fare riunioni su riunioni con tecnici e scienziati e non coinvolge le parti sociali nella definizione degli interventi sanitari e sociali, tutto diventa più complicato. Concertare consentirebbe, tra l’altro, di porre le opposizioni in una condizione marginale aumentando, invece, il proprio prestigio sociale, È l’abc della politica. Perchè nessuno lavora in tal senso? Bisogna fare presto, prima che la vicenda sfugga di mano.