Medio Oriente
La chiamata di Erdoğan a Meloni sulle sanzioni inflitte alla Siria. Ora Israele si sente al sicuro
La Turchia nemica di Israele? No, è pura retorica propagandistica. Ankara finora ha contenuto l’espansione di Teheran e di Mosca in Medio Oriente e dal Pentagono il suo ruolo di power broker in Siria è considerato per questo motivo prezioso per indurre ad un ad una posizione di moderazione al-Sharaa, il nuovo padrone di Damasco e la sua organizzazione di derivazione qaedista che ha preso il potere in Siria.
Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha annunciato gli obiettivi del processo di dialogo critico tra gli Stati Uniti e la Turchia sulla Siria: l’integrazione delle Forze democratiche siriane a guida curda (SDF) nel ricostituito esercito siriano, l’allontanamento dei “combattenti stranieri” all’interno di queste stesse forze, la condivisione delle riserve idriche, petrolifere ed energetiche della Siria orientale finora sotto il controllo curdo. Anche il nuovo inquilino della Casa Bianca, Donald Trump vede il ruolo turco come prezioso in Siria.
Fondi dal Qatar
I funzionari turchi presenti in Siria affermano che la condizione delle infrastrutture sul campo è molto peggiore di quanto si potesse prevedere. Secondo il leader turco è necessaria una completa ricostruzione delle città siriane. Per questo processo sono indispensabili strategie a lungo termine come progetti di sviluppo economico e di rilancio dell’agricoltura e dell’industria. È importante dunque che la comunità internazionale contribuisca in misura adeguata a questo processo. La diplomazione di Ankara è impegnata in un lavoro serrato per raccogliere fondi, in particolare dal Qatar e da altri stati del Golfo, ma Erdogan chiede a Stati Uniti e all’Unione europea che si siano rimosse le sanzioni inflitte alla Siria durante la guerra civile ancora che sono ancora in vigore dopo la caduta di Assad.
Ieri Erdogan ha avuto proprio su questo punto dirimente un colloquio telefonico con il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, nel corso del quale i due leader hanno discusso della ricostruzione della Siria e dell’urgenza di abolire le sanzioni che gravano sul Paese. Secondo la direzione delle comunicazioni turche la presidente del Consiglio si sarebbe fatta carico di questa fondamentale esigenza. In Siria, l’Iran e la Russia hanno perso la partita con la Turchia e ora Israele non può che sentirsi maggiormente al sicuro essendo stato decisivo nel consentire la sconfitta dei due attori che hanno sostenuto il regime di Assad eterodiretto da Teheran, suo nemico giurato.
Ankara non considera affatto Israele un suo nemico, tutt’altro. E non può essere assolutamente percepita da Gerusalemme come un nemico, addirittura più minaccioso dell’Iran. Le conclusioni a cui è giunta lunedì una commissione del governo israeliano (il “Comitato per la valutazione del bilancio dell’apparato di difesa e dell’equilibrio di potere”, presieduto dall’ex capo del Consiglio per la sicurezza nazionale Yaakov Nagel, comunemente indicato nei media ebraici come Commissione Nagel) secondo le quali la Turchia rappresenterebbe per Israele una minaccia più grande di quella rappresentata dall’Iran, se sostenesse una forza ostile “islamista sunnita” a Damasco, vanno lette come retorica strumentale per distrarre l’opinione pubblica interna dalle criticità vere. Lo aveva fatto per primo Erdoğan utilizzando l’espressione “Israele ci attaccherà”; retorica, questa, spesso utilizzata dal leader turco per distrarre la sua opinione pubblica interna dalle difficoltà in patria, paventando una presunta minaccia di un nemico esterno.
Proprio come per Erdoğan, sembrerebbe dunque che anche per Netanyahu, mantenere costantemente viva la questione della minaccia militare, servirebbe a eliminare le critiche rivolte a lui in politica interna per giustificare l’aumento del bilancio della difesa. La retorica erdoganiana è una leva che consente al leader turco di ergersi ad alfiere della umma e della difesa della causa palestinese, ma il leader turco è anche molto pragmatico e ha tenuto finora, nello stesso tempo, a ricostruire buoni legami con tutti i suoi vicini regionali, lo ha fatto con i suoi nemici storici, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti e con l’Egitto e lo farò anche con Israele con il quale ha avuto periodici screzi e feroci scontri.
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