Medio Oriente
La nuova Siria bussa all’Arabia Saudita: quelle richieste dell’Unione Europea a Damasco
Per essere dei jihadisti i nuovi vertici siriani hanno capito subito come muoversi nel panorama internazionale, scegliendo velocemente quali sono i partner privilegiati da cui partire per costruire la nuova politica estera di Damasco. Sul versante arabo il nuovo corso siriano ha scelto come interlocutore primario l’Arabia Saudita, mentre sul fronte occidentale l’Unione europea. Non è un caso che, mentre il ministro degli Esteri di Damasco, Asaad Al-Shaibani, si trovava a Riad a capo di una delegazione della nuova amministrazione, Ahmed al-Sharaa, riceveva l’altro ieri i rappresentanti dell’Unione europea. Il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock e il francese Jean-Noël Barrot una volta arrivati in Siria hanno aperto la loro visita andando al carcere di Saydnaya a Damasco.
Il tema che l’UE chiede di rispettare
Quello della difesa dei diritti umani e delle minoranze è infatti il tema fondamentale che l’Ue chiede di rispettare ai nuovi vertici siriani. Damasco ha voluto, secondo i media arabi, testimoniare una grande apertura diplomatica, circa 4 settimane dopo la caduta del presidente siriano Bashar al-Assad. Barrow e Berbock sono stati ricevuti da Al-Sharaa ed hanno confermato di voler di aiutare la Siria a diventare “uno Stato capace di svolgere le sue funzioni e di controllare pienamente il suo territorio”. Il capo della diplomazia tedesca ha detto che nonostante i “dubbi” su Hay’at Tahrir al-Sham, “non dobbiamo perdere l’opportunità di sostenere il popolo siriano in questo importante frangente”.
Il sostegno al popolo
Mentre gli europei erano a Damasco, i siriani si trovavano invece in Arabia Saudita. Secondo quanto ha spiegato a “il Riformista”, l’analista Mahmoud Allouch, “il fatto che si siano sbrigati a inviare una delegazione a Riad vuol dire che il nuovo corso siriano veda nel Regno la porta d’accesso privilegiata al mondo arabo. Inoltre sanno di avere bisogno del Regno saudita per la ricostruzione del proprio paese”. Mentre era in corso questa visita, l’Arabia Saudita ha avviato un ponte umanitario aereo e terrestre di vasta portata in aiuto della popolazione siriana tramite la KSRelief che proseguirà nei prossimi mesi. “Il fatto che i sauditi abbiamo invitato una delegazione vuol dire che hanno l’intenzione di giocare un ruolo chiave nel futuro di questo paese e in molti pensano che siano in grado di assicurare un cambiamento moderato dei leader siriani”, ha concluso l’analista”.
Parola ai principi
Il principe Khalid bin Salman, ministro della Difesa saudita, ha confermato che “è tempo che la Siria si stabilizzi e si rialzi, e tragga vantaggio dalle capacità di cui dispone”. Ciò è avvenuto dopo l’incontro con la delegazione siriana, dove hanno discusso gli sviluppi della situazione nel loro Paese e le modalità per sostenere il processo politico di transizione in modo da realizzare le aspirazioni del popolo siriano. Anche il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan, ha anche ricevuto, Al-Shaibani, facendo il punto sugli sviluppi della situazione attuale e sugli sforzi compiuti in questo senso. Durante l’incontro, il principe ha confermato che l’Arabia Saudita vuole partecipare alla rinascita della Siria e ha proseguito, indicando di aver espresso “l’importanza che la Siria possa svolgere un ruolo positivo nella regione araba”. Le due parti hanno discusso le modalità per riportare il Paese al suo naturale status e posizione nel mondo arabo e islamico. Intanto però qualcuno si è lamentato.
Dal Cairo la Lega Araba ha fatto sapere di star aspettando una risposta da parte di Damasco per l’invio di una sua delegazione in Siria come ha fatto l’Unione europea. Il consesso arabo intende inviare suoi rappresentanti per una “visita esplorativa” nella nuova Siria. La Lega Araba si sta muovendo verso l’invio di un inviato speciale a Damasco con l’obiettivo di “esplorare la situazione e tenendo incontri con la nuova amministrazione e rappresentanti di altre sette nel paese”, secondo le dichiarazioni di una fonte diplomatica araba informata al giornale “Asharq Al-Awsat”.
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