“L’influencer in capo di questo paese” vara la stretta contro gli influencer. Il Consiglio dei ministri approva il cosiddetto ddl Beneficenza, già ribattezzato “decreto Ferragni”. Come Chiara, una delle avversarie che Giorgia Meloni si è scelta come controparte politica. Insieme alla segretaria del Pd Elly Schlein, che la premier sfiderà in un dibattito televisivo prima delle elezioni europee.

Meloni ha attaccato Ferragni dal palco di Atreju, festa di Fratelli d’Italia, poi ha rilanciato la sfida durante la conferenza stampa di inizio anno e nell’intervista concessa lunedì a Nicola Porro a Quarta Repubblica, su Rete 4. E adesso gli influencer arrivano anche in Consiglio dei Ministri. Infatti il decreto che mira a regolamentare le attività di destinazione a scopo benefico di proventi derivanti dalla vendita di prodotti è stato uno dei piatti forti del Cdm convocato ieri. Un via libera al testo da parte del governo che giunge in concomitanza con le polemiche e le inchieste sulle sponsorizzazioni benefiche di Chiara Ferragni.

Ma cosa prevede il ddl Beneficenza? Innanzitutto si parla di multe da 5mila a 50mila euro, fino alla sospensione dell’attività da parte dell’Antitrust, per professionisti e produttori che non rispettino le regole volute dal governo Meloni. Con la previsione che le sanzioni vengano pubblicate anche sui siti web delle aziende e degli influencer coinvolti. Dal testo emerge l’obbligo di indicare sui prodotti le finalità dei proventi e il destinatario della beneficenza, nonché l’importo o la quota destinati a quel fine, che devono essere anche comunicati all’Antitrust prima della commercializzazione. Produttori e testimonial dovranno anche indicare all’Antitrust il termine entro cui sarà versato l’importo da destinare in beneficenza. Poi, entro tre mesi dalla scadenza del termine, va comunicato all’Autorità garante della concorrenza e del mercato l’effettivo e avvenuto “versamento dell’importo destinato alla beneficenza”. L’entità delle sanzioni, che possono arrivare fino a 50mila euro, sarà stabilita tenendo in conto il prezzo di listino del prodotto e il numero delle unità messe in vendita.

Al netto del caso Ferragni e dell’indubbia esigenza di trasparenza, resta il dato politico di un governo e di una presidente del Consiglio che cavalcano la vicenda mediatica e giudiziaria che coinvolge la più celebre influencer italiana, già indicata dalla premier come un’avversaria. Come la “Che Guevara” della sinistra. Lo fa notare il capogruppo di Italia Viva al Senato Enrico Borghi, intervenendo alla Sala Nassirya del Senato alla conferenza stampa sul premio di dottorato Socint – G-Research in materie quantitative: “Lasciamo fare ad altri il gioco delle influencer, e concentriamoci sul futuro che arriva se non vogliamo esserne sbalzati fuori”. Intanto Ferragni non si scompone: “Il governo colma un vuoto legislativo”. Bocciano il provvedimento anti-influencer perfino il Codacons e l’Unione Consumatori. Meloni, l’influencer in capo, decide anche di concentrare la massima attenzione mediatica sugli appuntamenti elettorali previsti nel 2024. Sabato e domenica 8 e 9 giugno si voterà per le elezioni europee in abbinamento con le amministrative e le regionali di Piemonte, Basilicata e Umbria.

Nello stesso decreto Elezioni spunta il contentino alla Lega: via libera al terzo mandato per i sindaci dei comuni tra 5mila e 15mila abitanti, sotto i 5mila viene eliminato ogni limite di mandato. Approvato anche il decreto legislativo sull’accertamento, con il concordato preventivo biennale per le partite Iva. Passano il dlgs per l’applicazione di una legge delega a favore degli anziani e una stretta sulla cybersecurity. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, in conferenza stampa, paventa un possibile rinvio dei cortei pro-Palestina convocati sabato, in coincidenza con le commemorazioni per la Giornata della Memoria delle vittime della Shoah: “Ci sono valutazioni in corso per motivi di ordine pubblico”.