Dem in subbuglio
La lettera dei riformisti del Pd al Elly Schlein: un macigno in uno stagno pieno di correnti

Il Pd è in subbuglio nonostante le rassicurazioni di Elly Schlein. Tre mesi della nuova segreteria sono bastati per raccogliere indizi. Le scelte da fare in vista dei ballottaggi sono delicate. Stanno accadendo cose – ad esempio l’avvio della stagione delle riforme istituzionali – che non consentono più di aspettare. Così tre nomi costituenti del Pd, l’ex ministro Enrico Morando, l’ex senatore Giorgio Tonini e l’ex deputato Stefano Ceccanti hanno recapitato via stampa alla segretaria del Pd una lettera a cui dovrà molto presto rispondere.
Cara Elly – è il senso dello scritto – sei la legittima segretaria e noi siamo legittimamente critici rispetto alla tua linea. Non ce ne andiamo, non facciamo scissioni, ma il Pd – partito a vocazione maggioritaria – deve dare ascolto a tutte le sue anime e più di tutte a quella riformista che ne è l’azionista di maggioranza. Sapendo anche che il nostro è un partito contendibile dall’interno. Cosa di cui del resto tu stessa sei la dimostrazione.
I tre ci hanno messo la faccia in nome e per conto di quel quasi 50 per cento di elettori, eletti e dirigenti che al congresso erano nella mozione Bonaccini, avevano vinto a mani basse il voto nei circoli e poi si sono ritrovati minoranza (al 46%) nei gazebo. La prova regina di quanto il Pd sia contendibile, appunto, e dall’interno.
I firmatari, che si definiscono “la minoranza riformista”, sottolineano: bene la segretaria sul dossier esteri e Ucraina in continuità con il passato, un posizionamento – avvertono – che “ va consolidato”. Male invece, sulle riforme: la linea dell’Aventino “non è quella del Pd nato per essere soprattutto riformista” e, soprattutto, sarebbe un “imperdonabile errore”, lasciare a Meloni l’iniziativa su questi temi. E ancora: “No al rischio di un regresso verso un antagonismo indentitario che è di per sè incoerente con la vocazione maggioritaria”.
La proposta è chiara: “E’ indispensabile che si cominci subito, prima dell’estate, promuovendo un’occasione di confronto aperto anche all’esterno del partito, per discutere, aggiornare e rilanciare un’ambiziosa agenda riformista”. La lettera aperta è stata un macigno in uno stagno pieno di correnti finora tenute a bada per rispetto e responsabilità. Le dimissioni (Borghi e Cottarelli) , le partenze (Marcucci, Chinnici, Fioroni, ciascuna in una diversa direzione), le scelte della segretaria (nuovo rinvio ieri per gli uffici di Presidenza di Camera e Senato con Schlein che non vuole confermare il ‘riformista’ Piero De Luca) sono il segnale chiaro che è il tempo di agire. “Non ho ancora sentito nessuno della segreteria – dice Morando al Riformista – ma sono certo che ci sentiremo presto. Ribadisco che la nostra lettera è un contributo, non un ultimatum”. Dopo tre mesi, possiamo dire – aggiunge Morando – che “a livello di proposta politica siamo molto deboli”.
La lettera non è neppure un atto di sfiducia rispetto a Stefano Bonaccini, il candidato segretario dei riformisti. Il governatore dell’Emilia Romagna ha ben altro a cui pensare tra alluvioni, esondazioni, morti e danni. I riformisti hanno quindi aperto la discussione. A viso aperto e senza sotterfugi. Dietro le tre firme in realtà “c’è una larga condivisione” dice un ex ministro Pd “sia nei gruppi parlamentari che fuori”. Della lettera parla anche la stampa estera: “Terremoto nel Pd, riformisti in rivolta” titola Breaking Latest News. Da IV, Borghi e Boschi alzano la mano: “Noi vogliamo dialogare con i riformisti del Pd”. Andrea Orlando commenta seccato “l’uso strumentale della parola riformista”. Si attende confronto e risposta della segretaria.
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