Una situazione esplosiva
La ricchezza maledetta del Congo, le guerre orchestrate per saccheggiare il Paese nell’indifferenza dell’Onu
La rubrica “Mama Africa” di Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore che ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale
A volte l’estrema ricchezza può diventare una maledizione. Ed è questo il caso della Repubblica Democratica del Congo, un autentico gigante geografico, che vanta le materie prime più richieste al mondo. Il Congo, passato dal colonialismo del Belgio al dominio personale del dittatore Mobutu Sese Seko, è diventato celebre per le ricchezze del suo sottosuolo dall’oro ai diamanti, dall’uranio al petrolio, che hanno scatenato secessioni, guerre e una violenza quotidiana che ha trasformato il paese africano in un inferno per i suoi abitanti.
Un inferno del quale tanti hanno approfittato, basti pensare che l’uranio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki veniva proprio dal Congo. Oggi questo barcollante paese è sconvolto nelle regioni orientali da una guerra orchestrata dagli stati vicini che armano, addestrano e proteggono le milizie che saccheggiano il Congo. La preda è diventata ancora più ambita perché insieme agli antichi tesori ne sono stati scoperti di nuovi e ancora più preziosi. Le famose terre rare, il cobalto, il litio, il rame ed il coltan sono diventati determinanti per la transizione energetica e la Repubblica Democratica del Congo ha le maggiori riserve del pianeta di questi minerali.
Questo tesoro ha scatenato le mire dei paesi vicini, soprattutto del Ruanda, accusato dal governo di Kinshasa di essere la mano dietro al Movimento M23 che sta terrorizzando le province orientali del Kivu. Questi miliziani hanno preso il controllo dei posti di frontiera, di basi militari abbandonate dall’esercito congolese, di città e villaggi provocando decine di migliaia di profughi. La posta in palio è il controllo delle miniere della regione che sono già quasi tutte occupate dai ribelli armati dai ruandesi. Preso il controllo di una provincia i miliziani schiavizzano la popolazione costringendola a lavorare nelle miniere, soprattutto i bambini, rischiando la vita ogni giorno. I minerali estratti vengono poi contrabbandati oltre confine dove finiscono sul mercato internazionale, soprattutto in Cina che nella regione ha un peso sempre crescente.
Questo traffico illegale e soprattutto la destabilizzazione di tutta quest’area è diventata un business enorme e l’Unione Europea ha formalmente chiesto al Ruanda di smettere di sostenere i gruppi ribelli che insanguinano il Congo, dopo la pubblicazione di un rapporto di esperti delle Nazioni Unite che dimostra come l’esercito ruandese agisca indisturbato oltreconfine. Nella Repubblica Democratica del Congo è presenta da oltre vent’anni una missione delle Nazioni Unite che oggi si chiama Monusco ed è composta da circa 15mila soldati di diverse nazionalità, soprattutto provenienti da India, Nepal, Pakistan e Bangladesh.
Questa missione, una delle più longeve della storia onusiana, ha un costo di quasi 1 miliardo di dollari, ma la popolazione da mesi scende in strada per chiedere che i caschi blu se ne vadano. Per i congolesi la loro presenza è inutile non avendo impedito che le milizie occupassero città e villaggi facendo centinaia di vittime. Una situazione esplosiva in un angolo d’Africa fondamentale per il futuro economico del mondo che le grandi potenze stanno facendo a gara per controllare.
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