7 ottobre compleanno e anniversario
La Russia di Putin, il coraggio di Politkovskaja: “I veri responsabili siamo noi, non lui”
Il 7 ottobre è il compleanno di Putin ed è anche l’anniversario dell’assassinio di Anna Politkovskaja, la coraggiosa e indomita giornalista russa che aveva aspramente criticato gli abusi delle Forze Armate e dei Governi russi, contro i suoi stessi soldati e la popolazione civile. Molti hanno visto nell’omicidio di Anna Politkovskaja una sorta di regalo di compleanno al dittatore russo e sicuramente un messaggio di intimidazione a tutti coloro che osano denunciarne la politica di repressione e di violazione dei diritti umani. Una politica che parte dalla restaurazione di una sostanziale impunità per tutti gli ufficiali dell’esercito per i crimini compiuti in Cecenia e per le vessazioni nei confronti dei soldati semplici che volenti o nolenti vengono arruolati. Il suo celeberrimo libro “La Russia di Putin” è un reportage, puntuale, dettagliato, crudo – intriso di umana compassione e solidarietà per le vittime – di vicende che raramente giungono sulle pagine dei quotidiani occidentali.
“L’esercito da noi è un luogo chiuso.
Chiuso come una prigione. Anzi no, è una prigione, solo che la chiamiamo diversamente. In Russia l’esercito continua ad essere un campo di concentramento per i giovani che finiscono dietro il suo filo spinato”. Ecco la storia di Nina Levurda, una madre che si mette alla ricerca di suo figlio Pavel, partito volontario, sognatore e convinto di andare a servire la Madre Patria Russa, abbandonato e ucciso sul campo di battaglia. Settimane di ricerche e di lotta contro l’ottusa burocrazia la porteranno ad ottenere la restituzione del semplice teschio del figlio, previa compilazione del modulo per il ritiro. Ecco le storie di giovani soldati sepolti fino al mento per soddisfare gli istinti sadici dei loro comandanti, quella di 54 soldati fuggiti a piedi per 180 Km per evitare di essere seviziati dai loro superiori in cerca di svago, quella di giovani reclute cedute dai loro comandanti come veri e propri schiavi a ricchi signori come operai non retribuiti. Ecco il racconto delle torture inflitte ai dissidenti politici come Chasukanov, del processo farsa che ne seguì, della condanna a 12 anni non solo senza prove ma praticamente senza neppure l’indicazione del crimine che avrebbe commesso. D’altronde “in Russia nessuno crede che la giustizia sia imparziale e anzi la considera politicamente schierata”. Ecco il resoconto, lento ed incalzante del processo al Colonnello Budanov, che una sera dopo essersi ubriacato rapisce una giovane ragazza, El’za Kungaev, la stupra e la uccide. Il racconto di tutte le bugie, le connivenze, le protezioni politiche e militari, le false perizie che porteranno alla sua assoluzione e a far considerare la famiglia Kungaev che chiede giustizia una nemica del popolo per avere osato mettere sotto accusa un uomo presentato dal regime come un eroe.
Dunque un libro che racconta di sopraffazioni ma anche di persone che nonostante tutto resistono, che cercano la verità e sfidano il potere pur consapevoli che verranno sopraffatte. Un libro che è una testimonianza del coraggio dell’autrice e di tutti coloro, non pochi, che con la loro umile, silenziosa testimonianza, fatta di lacrime e resilienza, consentiranno un giorno di rinnovare il rispetto e l’ammirazione per una grande Nazione. Così fu per la Germania di Hitler, così avverrà per la Russia di Putin. Non possiamo però dimenticare, ci ammonisce la Politkovskaja, che se Putin, un anonimo e grigio funzionario del KGB, è giunto al potere è perché tanti cittadini russi e tanti leader occidentali, glielo hanno permesso.
“I veri responsabili di quanto sta accadendo siamo noi. Noi, e non Putin. Il fatto che la nostra reazione a lui e alle sue ciniche manipolazioni si sia limitata a sparuti barbottii da cucina gli ha garantito l’impunità. La nostra apatia è stata senza confini e ha concesso a Putin indulgenza plenaria. Le nostre reazioni non sono state solo fiacche, ma impaurite. Abbiamo mostrato di avere paura dei čekisti, inducendoli a perseverare nel trattarci da popolo bue. Il KGB rispetta solo i forti, i deboli li sbrana. Ci siamo scelti la parte dei deboli e siamo stati sbranati”. È il compleanno di Putin e Anna è stata crivellata di proiettili. Prima di morire ha scritto: “Non vogliamo essere granelli di sabbia sui suoi calzari. Vogliamo essere liberi. Lo pretendiamo. Perché amiamo la libertà quanto voi”.
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