L'ipocrisia pacifinta
La sinistra va in crisi sulla bandiera d’Israele: la doppia morale e l’imbarazzo ‘grazie’ alla linea grillina
Neanche le drammatiche immagini che arrivano da Israele riescono a seppellire il coro (per fortuna minoritario) di coloro che gioiscono, con toni trionfanti e tanto di ghigno, di fronte al bagno di sangue provocato dall’attacco da parte dei militanti di Hamas. Addirittura c’è chi fa la lotta all’utilizzo delle parole: guai a chiamarla organizzazione terroristica, meglio usare le pinze e bollarlo come un banale gruppo politico e paramilitare palestinese o addirittura come un qualsiasi gruppo radicale. Quella che dovrebbe essere una reazione di unanime e trasversale condanna diventa tristemente un campo in cui dare sfogo a retaggi che ancora oggi albergano nell’animo di alcuni.
A sconcertare è la postura assunta da una certa sinistra che, presa dalla foga di andare al traino del Movimento 5 Stelle, si è affrettata a sposare una linea nel nome del pacifismo. Che in svariate occasioni rappresenta uno scudo dietro cui ripararsi per tentare di minimizzare sbandate e sfumature. Un espediente comunicativo che con il passare del tempo ha perso di efficacia: la condanna verso Hamas vede tutta la politica d’accordo, ma subito dopo – al di là di formali comunicati stampa da affidare alle agenzie e ai propri canali social – emergono venature differenti che mettono in luce tutta l’ipocrisia della sinistra pacifinta.
La dura presa di posizione del mondo libero contro l’attacco ai danni di Israele è affiancata dalle reazioni in ordine sparso delle istituzioni italiane. La facciata principale di Palazzo Chigi si è illuminata con la bandiera israeliana in segno di solidarietà con il popolo di Israele. Allo stesso tempo c’è chi però si è espresso in maniera più prudente, come se si dovesse manifestare vicinanza con maggiore sobrietà evitando di schierarsi platealmente.
Roma e Milano sono i casi emblematici che testimoniano chiaramente un atteggiamento assai discutibile e che merita di essere analizzato. Sulla facciata di Palazzo Senatorio al Campidoglio sono state proiettate la bandiera di Israele e quella della Pace. Anche a Palazzo Marino, dopo una diatriba dai contorni sconvolgenti, trovano spazio sia la bandiera di Israele sia quella della Pace. La sintesi è stata raggiunta in seguito alle divisioni all’interno della maggioranza: da una parte chi chiedeva di esporre solamente il vessillo bianco e blu; dall’altra chi proponeva di esporre esclusivamente la bandiera arcobaleno come corale messaggio di sostegno ai popoli che soffrono. A sollevare la questione era stato Carlo Monguzzi, capogruppo di Europa Verde in Consiglio comunale, secondo cui «non ci sono buoni da una parte e cattivi dall’altra in Medio Oriente» ed è importante «che non prevalga una delle due parti».
Sulla questione è intervenuto Gianmaria Radice, consigliere comunale di Milano del gruppo Italia Viva, che al Riformista ha commentato amaramente quanto accaduto e ha preso le distanze dal compromesso al ribasso: «Non va dimenticato che ci sono cose su cui non si possono fare passi indietro. Sotto attacco è il popolo di Israele, la sua democrazia e non i suoi governanti e le loro discutibili politiche. Hamas non è uno Stato e neppure un popolo. Hamas non ha nessuna parentela con la democrazia. Hamas è una organizzazione terroristica Jidaista, finanziata da paesi che condividono con loro l’odio per gli ebrei, e che ha solo due scopi: annientare Israele e occupare Gerusalemme rendendola capitale di uno stato Islamico fondamentalista. La pace con i terroristi non si può fare e non si deve fare».
Giustissimo agire per la tregua in Medio Oriente e per il rispetto dei diritti umani. Sacrosanto farsi guidare dai princìpi di fratellanza. Doveroso rilanciare i valori universali di pace e democrazia. Ma alle dichiarazioni di circostanza devono seguire azioni coerenti. Si commenta da sola una certa sinistra che va a rimorchio dei grillini tentennando, storcendo il naso e andando in imbarazzo persino di fronte a una bandiera.
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