Gennaro
La stagione dei bonus e il virus dell’assistenzialismo: così il sud rimane fermo

Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un video che mostrava un politico locale di un certo calibro che (si) concedeva un bagno di folla in un mercato di una qualche grande città del Sud. Mentre il nostro dispensava sorrisi e strette di mano, la gente scandiva ad alta voce: “vogliamo il lavoro, vogliamo il lavoro…”.
L’assistenzialismo
Mi piace partire da questa immagine perché racchiude in modo emblematico un tratto culturale molto forte del Mezzogiorno: l’assistenzialismo. Ma cosa c’è di male nell’assistenzialismo? C’è molto di male. La scienza economica ha messo chiaramente in luce che lo sviluppo economico dipende dalla capacità di un’economia di innovare, di spostare in avanti la frontiera delle possibilità produttive e che le condizioni migliori per favorire tale sviluppo siano la libera iniziativa privata, mercati concorrenziali, istituzioni ben funzionanti. Su questo sfondo, cittadini infantilizzati che chiedono al politico di turno il “lavoro”, negandosi qualsiasi capacità di essere artefici delle proprie fortune, sono l’esatto opposto di cittadini-adulti che intraprendono.
L’esperienza della Cassa per il Mezzogiorno
Analogamente, politici che dispensano il lavoro in modo discrezionale sono l’esatto opposto di politici che scrivono e fanno rispettare buone regole del gioco ma che poi lasciano al mercato il compito di generare reddito e benessere. Quali sono le cause di tali atteggiamenti? Per i politici la risposta è immediata: per loro, le politiche assistenziali sono semplicemente strumento di potere. Ma i per cittadini? Una recente ricerca (“Government transfers and votes for state intervention”) curata da Giuseppe Albanese, Guido de Blasio e Lorenzo Incoronato (i primi due economisti della Banca d’Italia, il terzo ricercatore all’Università Federico II di Napoli) ci aiuta a fare un po’ di luce. Gli autori mettono in relazione l’esperienza della Cassa per il Mezzogiorno (l’”intervento straordinario”) – generosa iniziativa di riequilibrio territoriale che tra il 1950 e il 1992 ha erogato al Mezzogiorno risorse annue pari mediamente a quasi l’1% del PIL nazionale – con il voto alle politiche del 2013. Per queste ultime costruiscono un indicatore di preferenze per statalismo/assistenzialismo che dipende dalle proposte politiche dei vari partiti pesate per le percentuali di voto.
Il virus dell’assistenzialismo
Per esempio, l’indicatore risulta particolarmente elevato nei comuni dove i 5 stelle, che proponevano il reddito di cittadinanza, hanno preso molti voti. Confrontando i comuni interessati dall’intervento della Cassa con altri vicini e molto simili ma fuori dall’area dell’intervento straordinario, emerge che i primi mostrano una maggiore propensione per statalismo/assistenzialismo rispetto ai secondi. E questo accade dopo oltre 20 anni dalla fine delle attività della Cassa. Lo Stato, oltre a iniettare in quelle aree fondi pubblici, iniettava anche il virus dell’assistenzialismo modificando le preferenze dei cittadini. Ne segue un corollario che invece parla all’oggi e al domani: l’intero Paese, e non solo il Mezzogiorno, pagherà ancora a lungo il costo della deleteria stagione dei bonus, anche in termini di cultura avversa alla crescita economica.
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