“La star da un milione di sterline: sono gay”
La storia tragica di Justin Fashanu: il primo calciatore gay a fare coming out
Perché continuasse “ad andare in quei cazzo di locali per froci?” e perché non ne avesse tanta voglia di parlare, Justin Fashanu lo avrebbe dimostrato tramite il suo coraggio e a spese della sua carriera e della sua vita. Come dire: ecco quello che succede a un calciatore che fa coming out. Non succederà sicuramente lo stesso – a giudicare dalle reazioni arrivate in queste ore – a Jake Daniels, 17 anni, attaccante di Championship del Blackpool, primo calciatore britannico – in Italia mai nessuno lo ha fatto – in attività a fare outing oltre 30 anni dopo Fashanu.
“È stato finalmente riconosciuto che Justin non era solamente un calciatore gay era soprattutto un calciatore di talento”, ha dichiarato la nipote Amal Fashanu commentando l’ingresso dello zio nella “Hall of Fame” del calcio inglese anni la morte e quindi dopo l’emarginazione, la discriminazione, la violenza, la solitudine, la gogna mediatica, la morte tragica. C’è voluto tutto questo per riabilitare – riabilitare da cosa poi? – Fashanu dalla sua traiettoria tormentata. Amal è stata autrice tra l’altro di un documentario per la BBC sull’omofobia nel mondo del calcio. Del calcio maschile, considerando che il calcio femminile sotto questo aspetto è disinvolto e avanti anni luce.
La carriera
Justin Soni Fashanu nasce nel 1961 a Londra, distretto di Hackney. Padre avvocato nigeriano, madre guyanese. Quando i due si separano il figlio vive con il fratello John in un orfanotrofio prima di essere allevato ad Attleborough, nel Norfolk, dalla coppia Alf e Betty Jackson. Middle-class inglese. Appena adolescente entra nelle giovanili del Norwich City e a 17 anni firma il suo primo contratto da professionista.
È un ottimo prospetto: attaccante prolifico, per una volé di sinistro da fuori area contro il Liverpool vince il premio BBC al goal dell’anno. Veste anche la maglia della Nazionale inglese Under 21. E diventa un golden boy da un milione di sterline: il primo calciatore nero a essere valutato una simile cifra quando passa al Nottingham Forest nell’agosto del 1981. Deve essere la svolta decisiva della carriera, il trampolino di lancio. Diventa invece il punto di rottura di una vita e di una carriera che non si ricuciranno più.
Eredita la maglia numero 9 di Trevor Francis ma è poco incisivo in campo, vive rapporti tesi con l’allenatore Brian Clough. E non solo per il suo rendimento: di giorno Fashanu si accompagna a una fidanzata, di notte frequenta spesso locali gay. E finisce in prima pagina. Clough racconterà anni dopo nella sua autobiografia – ammettendo di aver sbagliato – di aver ripreso duramente Fashanu davanti ai suoi compagni di squadra:
“Dove vai se vuoi una pagnotta?”, gli chiede Clough.
“Da un fornaio, immagino”, risponde Justin.
“Dove vai se vuoi una coscia d’agnello?”, insiste l’allenatore del Forest.
“Da un macellaio”, risponde ancora il giocatore londinese.
“Allora perché continui ad andare in quei cazzo di locali per froci?”
Da quel momento in poi l’attaccante 20enne finisce ai margini della squadra, si allena in disparte, si affida alla Chiesa evangelica per recuperare fiducia e forza in se stesso. Segna 3 reti in 32 presenze. Prova a ricucire i rapporti con Clough ma non c’è niente da fare, anche quando prova a convincere il tecnico della sua decisione di voler sposare una donna. Al Nottingham è finita per lui.
Passa al Southampton e al Notts County dove ritrova un discreto rendimento ma incappa in un brutto infortunio al ginocchio: non tornerà più quello di prima. Dopo il passaggio al Brighton vola negli Stati Uniti. Resta tre anni fermo: quindi Los Angeles Heat ed Edmonton Brickmen prima di tornare per fugaci apparizioni al Manchester City, West Ham, Leyton Orient. A soli 29 anni è allenatore-giocatore dei dilettanti del Southall.
Il coming out
Ottobre 1990. È arrivato il momento: “La star da un milione di sterline: sono gay”, titola il tabloid Sun che pubblica l’intervista a Justin Fashanu. È il primo calciatore professionista a compiere un passo del genere. Qualcosa di storico, di coraggioso e di autentico. Invece che aprire all’uomo altre possibilità, di guadagnare rispetto e credito per il coraggio e l’impegno sarà però un altro passo verso il baratro. Il mondo dello sport continua a emarginarlo, la comunità nera britannica giudica la dichiarazione “un affronto alla comunità nera … un danno d’immagine … patetico e imperdonabile”, il fratello John lo rinnega pubblicamente. E Justin continua a sprofondare.
Il resto della carriera è porte sbattute in faccia e poco altro: in sette anni cambia nove maglie. Gioca in Canada, Inghilterra, Scozia, Svezia, Stati Uniti e Nuova Zelanda. La sua immagine ormai è compromessa, la sua vita avanza all’insegna dell’instabilità, la sua privacy costantemente puntellata da flirt e relazioni anche inventate dal gossip. Per esempio: gli Hearts of Midlotian di Edimburgo lo fanno fuori per “comportamento disonorevole”. Il golden boy di Hackney chiude la carriera da calciatore nel 1997 e torna negli USA dove allena il Maryland Mania Club.
Le accuse di stupro
È la mattina del 25 marzo 1998. Ashton Wood, 17 anni, telefona la polizia del Maryland. Racconta agli agenti di essersi svegliato mentre Fashanu gli praticava del sesso orale. E soprattutto accusa l’ex atleta di averlo narcotizzato, in una lunga serata tra alcol e fumo, e di aver abusato sessualmente di lui. Aldilà delle accuse, la situazione è gravissima perché all’epoca nel Maryland erano punibili con il carcere sia la sodomia che i rapporti orali consensuali. Non solo fra persone dello stesso sesso ma anche tra marito e moglie.
Quando la polizia lo convoca Fashanu collabora, si mostra tranquillo e a disposizione. Perciò non viene disposta la carcerazione preventiva. Il giorno dopo però, quando la polizia si reca presso il suo appartamento per prelevare i campioni biologici necessari al test del dna, lo trova vuoto. L’ex attaccante è scappato in Inghilterra. Ha usato il cognome della madre per passare inosservato.
Non trova però nessun aiuto: nessuno disposto a seguirlo per organizzare una difesa. Non il suo ex agente e nemmeno il fratello – si parla di una telefonata di qualche secondo e di solo silenzio tra i due. Il 3 maggio 1998 Fashanu viene trovato impiccato con un cavo elettrico all’interno di un garage di Shoreditch, a Londra. Il giorno prima era stato in una sauna gay in zona. La polizia del Maryland aveva lasciato intanto cadere le accuse per mancanza di prove, secondo un’inchiesta inglese non pendeva alcun mandato di cattura. La ricostruzione del 17enne sarebbe risultata inoltre lacunosa e fallace. Fashanu viene assolto per mancanza di prove.
Le indagini stabiliscono dal primo momento che si tratta di suicidio. In una tasca viene ritrovato un biglietto con uno struggente messaggio: “Desidero dichiarare che non ho mai e poi mai stuprato quel giovane. Sì, abbiamo avuto un rapporto basato sul consenso reciproco, dopodiché la mattina lui mi ha chiesto denaro. Quando io ho risposto ‘no’, mi ha detto: ‘Aspetta e vedrai’. Sperò che il Gesù che amo mi accolga: troverò la pace, infine”.
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