Con la Nato ma contro le spese militari. Con Draghi ma contro le scelte del governo. Leale alleato del Pd ma fiero oppositore delle scelte dei dem. A che gioco gioca Giuseppe Conte? Se lo chiede il Pd e se lo chiede anche la rappresentanza parlamentare del Movimento, alle prese con un giro di giostra da capogiro quotidiano. La risposta la fornisce, meglio di chiunque altro, il calendario: il M5S rivoterà i suoi vertici tra domenica e lunedì. La vicepresidente vicaria del M5s ha convocato l’assemblea degli iscritti per la consultazione in rete sulla rielezione di Giuseppe Conte e sull’intero pacchetto di mischia che lo sostiene. Si voterà per due giorni di fila, dalle 8 del 27 marzo 2022 alle ore 22:00 del 28 marzo, continuativamente, in unica convocazione.

Il sospetto che si fa largo tra i parlamentari è che Conte stia ragionando in un’ottica di consenso interno più che di respiro internazionale. All’ultima consultazione hanno preso parte in pochi, e il voto era viziato da quelli che Lorenzo Borré continua a segnalare come difetti insanabili di forma. La base degli elettori è sballata, tanto che l’ultima volta perfino gli espulsi, gli oppositori, i dissidenti sono stati chiamati a votare. Alle prese con i marosi interni, la navigazione di Conte nei perigliosi mari della guerra desta serie perplessità. Nelle ultime 24 ore un ordine del giorno fantasma, contro il governo, è apparso e scomparso. Girava nelle segrete stanze del legislativo di Palazzo Madama, limato da Conte in persona. È lui a ripetere da giorni che “in questo momento di difficoltà per le bollette, non si possono aumentare le spese militari”. Fingendo di ignorare che le difficoltà derivanti dalla dipendenza energetica si devono alla cedevole complicità con la Russia di Putin e Gasprom. E così viene agitato lo spettro di un ordine del giorno “arma nucleare”.

Così arriva nelle chat dei cronisti: “Si prepara un Odg che metterà il governo in crisi”, il tam tam. Poi Di Maio fa prevalere la sua linea, spalleggiato dall’altro ministro “occidentale”, D’Incà. “Non se ne fa più niente, l’ordine del giorno è rientrato”, ci hanno fatto sapere da dietro le quinte. Tra i due contendenti, più intermedia tra Di Maio e Conte è la posizione di Patuanelli. E se i big si autoimpongono il voto del silenzio, parlano invece i capigruppo. Oggi possono soffiare sul fuoco, ma lo scontro è solo rimandato. “Premettendo che si sta parlando di ordini del giorno e gli ordini del giorno non sono un decreto o una legge ma un impegno che si chiede al governo, io credo che il prossimo momento di discussione sulle spese militari sarà il Documento di Economia e Finanza dove verranno stanziate le risorse”, ha fatto sapere la capogruppo M5s al Senato, Maria Domenica Castellone. Passa dunque la linea sulla quale il Pd ha puntato le sue, di armi: dare alla difesa l’aumento di budget necessario a tenere in massima allerta tutti i suoi sensori. Gli attacchi dei russi al ministro Guerini hanno rivelato, sussurrano fonti vicine agli apparati di sicurezza militare, il disappunto per l’inatteso inasprimento della vigilanza nel Mediterraneo. Dalla base di Sigonella sarebbe stato attivato un sistema intersatellitare di controllo dei natanti militari russi che incrociano al largo della Sicilia, accompagnati – si sospetta – da sommergibili “non graditi”.

Per ora, l’unico siluro che si preparava contro il governo non è stato sparato, ma la miccia rimane in mano a Conte. Osvaldo Napoli, deputato passato di recente ad Azione, la vede così: “Conte ha sconfessato la linea di Petrocelli, perché pronto a negare la fiducia al governo sull’aumento del budget per la difesa. Sono passate poche ore, e Zelig-Conte fa un’inversione a U e minaccia la sfiducia se il presidente Draghi aumenterà le spese per la difesa. Conte ha sconfessato Petrocelli, salvo ora sconfessare se stesso. Nessuna novità. Conte non farà nessuna crisi di governo, è ovvio. Nei prossimi giorni gli iscritti devono pronunciarsi per decidere se puo’ restare alla guida del M5s È Conte, da politico improvvisato, fa un po’ di campagna elettorale. Una volta riconfermato, farà un’altra inversione a U e voterà tutte le fiducie necessarie”. Il Pd preme sul Movimento affinché decida chiaramente da che parte stare. Ieri, dopo che l’ambasciatore russo a Roma, Razov, ha querelato il quotidiano La Stampa per un titolo ritenuto sgarbato verso Putin, i Dem sono intervenuti con decine di dichiarazioni di solidarietà al direttore Giannini e alla testata torinese. Ha dato il via il segretario Enrico Letta: “Con Massimo Giannini e La Stampa. Solidarietà, sostegno e avanti!”.

L’idea che si possa portare in tribunale un quotidiano indipendente perché scrive senza il necessario sussiego, in effetti, è propria del nuovo corso putiniano. Il Movimento Cinque Stelle non ha ritenuto di portare la sua solidarietà. Con l’unica eccezione della deputata Vittoria Baldino, contiana emancipata: “La querela dell’ambasciatore russo Razov a La Stampa è di estrema gravità. Il diritto di cronaca non è in discussione”. E con il deputato M5S Aldo Penna che si scaglia contro “Lavrov che sembra voler intimidire i membri della commissione difesa”. Per il resto, zitti e mosca.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.