Il premier ucraino Volodymyr Zelensky comparirà al centro di Roma: parlerà in un maxischermo allestito a Camere riunite in videocollegamento con Montecitorio il 22 marzo. Lo aveva già fatto collegandosi con Washington e prima con Londra, con il Bundestag a Berlino e con l’europarlamento di Bruxelles. Ma l’Italia non è un paese come gli altri. Qui Russia Unita, il partito di Putin, annovera amici importanti nei due partiti fratelli, Lega e Cinque Stelle. Tra questi ultimi, il deputato grillino Nicola Grimaldi che si mette subito in difensiva.

Parla Zelensky? «Bisogna sentire anche l’altra parte, per capire la situazione. Mi piacerebbe che parlasse alla Camera anche Putin», dichiara con sprezzo del ridicolo. «Sì, penso si debbano ascoltare le due campane», risponde all’Adnkronos la senatrice ex M5S Bianca Laura Granato. E non può mancare il senatore ex grillino Elio Lannutti: «Sappiamo che in Ucraina ci sono anche battaglioni neonazisti. Questo è il momento di curare le parole… No, non credo che ci sarò quando parlerà il presidente ucraino». Anche il presidente della commissione esteri della Camera, Vito Rosario Petrocelli, d’altronde, non ce l’aveva fatta a premere il suo bottone: ha sfidato le indicazioni del gruppo pur di opporsi alle armi italiane ed europee contro Putin. Se l’aggressore è russo, non può votargli contro. È lo stesso riflesso che ha Giuseppe Conte – il cui studio è contiguo con gli uffici della controinformazione russa in Italia, nell’edificio di Largo Cairoli 6 a Roma – nel salotto non certo ostile di Giovanni Floris, a DiMartedì, La7. Alla richiesta di descrivere Putin, Conte risponde con una espressione metà ammutolita, metà piccata. Poi proferisce: “Putin è una persona pragmatica”. Pragmatica. Cioè concreta, nel vocabolario. Precisa. Ed è tutto ciò che di Putin dice, o può dire.

«Il M5S è un movimento populista estremista fatto di estrema sinistra ed estrema destra, fino a poco fa invitati a Mosca nelle riunioni del partito di Putin. In Europa si nota una eccessiva prudenza italiana, quando si parla di Putin, una posizione mai davvero decisa contro il regime di Mosca», confida al Riformista l’eurodeputato Sandro Gozi. La giornalista palestinese Rula Jebreal scrive su Twitter: “I politici italiani pro-Putin 5S vogliono che si rivolga al Parlamento italiano! L’omicida dittatore russo ha costruito una grande coalizione di adulatori”. Ad accompagnare il post di Jebreal la foto che mostra l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte in compagnia del deputato Nicola Grimaldi. Primo a rilanciare il post Carlo Calenda, segretario di Azione che commenta: “Evoluzioni”. Proprio ieri ricorrevano i due anni dalla giornata nera di Bergamo, con la coda di bare sui mezzi militari. In quella occasione, ricostruisce per noi l’ufficio stampa del sindaco Gori, avvenne qualcosa di strano. «Da Palazzo Chigi arrivò un input fortissimo, ci dissero che il giorno dopo sarebbero arrivati importanti aiuti russi e che li avremmo dovuti accogliere qui a Bergamo», ci dice una delle figure apicali dello staff del Sindaco. Fu l’inizio della misteriosa operazione “Dalla Russia con Amore”: l’invio di 106 persone in uniforme dell’esercito di Mosca, la prima volta in cui si è data carta bianca a mezzi militari dell’esercito russo sul territorio di un Paese Nato.

«Tutto concordato in un colloquio telefonico tra il presidente Putin e il premier Conte, che aveva spiazzato sia la Farnesina sia i generali tagliandoli fuori dall’organizzazione di quella spedizione senza precedenti: una missione dell’esercito russo che portò apparecchiature, macchinari, computer e solo in piccola parte personale medico», ci viene detto. In quelle giornate difficili, con il Covid che faceva strage nelle città lombarde, le relazioni geopolitiche sembrarono poter essere scavalcate. Ed ecco che senza consultare il ministro della Salute, né tantomeno il sindaco di Bergamo, a Palazzo Chigi l’inquilino Conte adotta uno strano protocollo. E permette uno dopo l’altro a tredici quadrireattori militari mandati da Putin di atterrare nell’aeroporto di Pratica di Mare, a pochi chilometri da Roma, facendo scendere donne e uomini in tuta mimetica accompagnati da ventitre camion. Diretti a Bergamo, e pertanto costretti a percorrere, con una autocolonna di blindati, l’autostrada da Roma a Milano, poi fino a Bergamo. Rimarranno in Italia per un lungo mese, pur non avendo all’epoca alcun rimedio utile contro il Covid. Il deputato M5S Davide Serritella, che giovedì si è astenuto in Aula sul decreto per l’invio di aiuti militari in Ucraina, prevede un malessere passeggero, quando parlerà Zelensky: «Non sono sicuro che martedì sarò in aula, d’altronde Zelensky potrebbe chiedere la no fly-zone». Il mal di pancia, nel Movimento, non si può trattenere per sempre.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.