Chiedono al governo italiano guidato da Mario Draghi di fermare l’invio di armi all’Ucraina, impegnata nel conflitto scatenato dall’invasione delle truppe russe, e l’impegno dell’esecutivo cancellare la penalizzazione dello sport russo, escluso dalle competizioni internazionali.

È il senso di una interrogazione presentata da un gruppo di senatori ex 5 Stelle, tra cui Elio Lannutti, il presidente della commissione antimafia Nicola Morra, l’ex ministra Barbara Lezzi, oltre a Laura Angrisani, Mattia Crucioli, Bianca Laura Granato, Vilma Moronese, Rosa Abate, Matteo Mantero, Elena Botto.

Peccato che nel testo presentato si porti come esempio di ‘doppiopesismo’ un caso che non esiste: la partecipazione italiana alle Olimpiadi invernali del 2018 a Pyongyang in Corea del Nord. Un errore da matita blu: quattro anni fa i Giochi olimpici non si tennero nel paese guidato dal dittatore Kim Jong-un, ma nella Corea del Sud, a PyeongChang.

A notarlo su Twitter è stato il giornalista de Il Foglio Luciano Capone. Nel testo dell’atto di sindacato ispettivo, il n.4-06689 i parlamentari ex Movimento 5 Stelle chiedono di sapere “se il Governo non ritenga di dover recedere dalla fornitura di armi all’Ucraina, adoperandosi per soluzioni diplomatiche e per il rafforzamento del dialogo che porti alla de-escalation del conflitto, auspicato in primis da papa Francesco; se non ritenga urgente contribuire al rafforzamento del dialogo tra le parti, diretto alla cessazione della guerra, più che a decisioni atte ad inasprire le ostilità; se non ritenga giusto separare lo sport e la cultura dalla politica, facendo sì che le azioni politiche non si trasformino in una persecuzione ideologica; se non ritenga necessario far cessare lo stato di emergenza, ingiustificato sia dal punto di vista pandemico sia da quello bellico, per poter finalmente far riprendere un Paese allo stremo; se non ritenga giusto lavorare per rispettare gli accordi internazionali presi oltre 30 anni or sono, che garantivano la sicurezza della Russia attraverso il non allargamento della Nato nell’Europa dell’est.

Quindi la ‘gaffe’ geografica: “fino la norma consolidata (anche se non scritta) che separa rigidamente la politica dallo sport è stata calpestata, portando alla decisione di escludere le squadre russe di club e nazionali, e singoli atleti, da tutte le competizioni internazionali. Tanto per mostrare l’assurdità di questa decisione, il boicottaggio sportivo non accadde nemmeno quando l’Italia andò a giocare la finale di coppa Davis nel Cile di Pinochet fresco di golpe; l’intero consesso sportivo mondiale partecipò nel 2018 alle olimpiadi di Pyongyang, proprio nel periodo in cui la Corea del Nord era stata accusata da tutti gli organismi internazionali di violare i diritti umani e di voler scatenare una guerra globale grazie agli esperimenti nucleari che stava conducendo; le squadre e gli sportivi statunitensi e britannici non vennero esclusi da nessuna competizione dopo che quei due Paesi invasero illegalmente l’Iraq nel 2003; e più in generale una decisione del genere non è stata mai presa da nessuna federazione sportiva internazionale”.

Non è da meno l’ardito paragone tra Ucraina e il Sudafrica dell’apartheid. In una operazione di riscrittura della storia, i senatori ex 5 Stelle scrivono che “in base agli accordi di Minsk” il governo ucraino “avrebbe dovuto interrompere la politica ostile rivolta all’amplissima minoranza di lingua russa”. Una politica che secondo Lannutti, Lezzi, Morra e compagni “ha trasformato un Paese democratico in qualcosa di simile al Sudafrica”, con chiaro riferimento al regime di apartheid contro la popolazione nera, aggiungendo che Kiev avrebbe “privato de facto” una parte della popolazione, quella russofona, “dei suoi diritti civili per pura discriminazione”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia