Dopo un anno e mezzo di guerra, finalmente, è entrato in vigore il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, ma già alcune immagini arrivate da Gaza hanno provveduto a renderlo funesto. Per offrire un’immagine invincibile di sé, Hamas ha allestito una serie di scene a scopo propagandistico, nonostante 15 mesi di guerra l’abbiano decimata.

Si sono visti visto i battaglioni della Brigata al-Qassam uscire non da un edificio qualunque ma dal complesso dell’ospedale Nasser a Khan Younis, nella striscia di Gaza meridionale, in uniforme impeccabile, quindi sfilare sui loro veicoli, in segno di vittoria. Si è sempre saputo che Hamas si nascondesse negli ospedali, nelle aree umanitarie, facendosi scudo della popolazione civile, ma ora è sbucata da un ospedale davanti ai media di tutto il mondo, incurante delle possibili reazioni. Per non dire di quel centinaio di civili palestinesi radunati apposta, sempre da Hamas, che hanno circondato l’auto delle tre ragazze israeliane che stavano per essere liberate, e dei miliziani mascherati che, al grido di Allah Akbar, sparavano in aria per evitare che la folla gli si avventasse contro.

Prepariamoci, quindi, ora alla nuova propaganda di Hamas delle prossime settimane quando le conseguenze di questa guerra, che come ogni guerra sono sempre terribili, emergeranno, e che verranno presentate come qualcosa di molto peggiore di quello che già sono. Ma propaganda a parte, dovremmo chiederci, trascorsi i 42 giorni di tregua, l’organizzazione terroristica di Hamas cosa farà? Libererà gli altri rapiti, accettando che una nuova amministrazione governi la Striscia di Gaza? Oppure deciderà di riprendere i combattimenti? Perché se decidesse di riprenderli, Israele si troverebbe ad affrontare le stesse difficoltà di questa fase di guerra appena conclusa. Hamas, infatti, avrebbe con sé, ancora, la sua arma di ricatto formidabile: gli ostaggi.

Abbiamo già visto in questa fase come Israele non sia riuscita con la pressione militare a costringere Hamas a restituirli, né a riprenderseli con la forza; e quindi, alla fine, ha dovuto trattare liberando molti terroristi che rappresenteranno una ulteriore minaccia per la sua sicurezza e anche un rischio per possibili nuovi rapimenti di cittadini israeliani. Il secondo problema è quello di rimuovere quel che resta di Hamas radicata in una zona ad alta densità di civili che già hanno patito le conseguenze di un anno e mezzo di guerra. Cosa farà l’amministrazione Usa, eserciterà ora pressioni sull’Egitto per convincerlo ad accogliere donne, bambini e anziani?

L’Egitto, che ha rifiutato categoricamente di accettare, in tutti questi mesi, i rifugiati di Gaza, a parte quei centomila che avevano i mezzi per pagarsi il viaggio? C’è da dubitarne. E comunque, per sradicare sul serio Hamas da Gaza, Israele dovrebbe occuparla per anni. Se si vuole evitarlo, bisogna, quindi, che gli Usa e gli Stati arabi sunniti si impegnino sul serio a trovare una soluzione affinché Hamas se ne vada da Gaza, il che converrebbe a tutti, ai palestinesi per primi.