L'ipotesi si fa strada
L’agenda europea di Meloni e Michel coincide con quella di Draghi
Nel biletarale a Chigi tra il presidente del Consiglio europeo e la premier il programma strategico per l’Europa 24-29: bilancio e difesa comune, immigrazione, e rilancio economico per fronteggiare Cina e USA. Nel caso alla Casa Bianca arrivi Trump
Non c’è ma è ovunque. Ufficialmente il suo nome è taciuto sia dal presidente Michel che dalla premier Meloni. Ma l’Europa di cui hanno parlato, l’Europa dei prossimi cinque anni, coincide con la sua, quella che ha in testa Mario Draghi.
È troppo presto e insistere adesso equivale a bruciarne il nome e a consumarne la spinta. Però c’è un convitato di pietra nelle consultazioni in corso tra il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e i leader dei 27 paesi Ue. Ieri è stato il turno di Giorgia Meloni: 90 minuti a colloquio nello studio della premier a palazzo Chigi e altri “appunti” preziosi da analizzare poi alla fine insieme a tutti gli altri raccolti in queste settimane.
Alla fine Michel risponde alle domande dei giornalisti in piazza Colonna. Una è diretta e riguarda l’ipotesi che Mario Draghi possa diventare Presidente di Commissione o, ancora meglio, Presidente del consiglio europeo e quindi succedere allo stesso Michel. La risposta sembra sibillina ma non lo è: “Adesso votiamo, vediamo l’orientamento politico, poi dovremo trovare un accordo sull’Agenda strategica e infine proporre una squadra a capo dell’Ue”. È un po’ come quando i segretari di partito spiegano che “prima viene il programma e poi le candidature”.
Il fatto è che l’agenda strategica ’24-’29 uscita da palazzo Chigi e su cui Michel ha preso attenti appunti assomiglia molto a quella a cui sta lavorando Mario Draghi. Che riguarda la competitività dell’Europa – incarico che gli fu dato dalla presidente von der Leyen a settembre scorso e che sarà consegnato a giugno dopo il voto – e si porta dietro anche una nuova governance per l’Europa che ha davanti a sé numerose sfide economiche, di politica estera e di difesa.
Michel e Meloni hanno condiviso una lista di priorità. Palazzo Chigi le ha così messe in fila: dal sostegno all’Ucraina e quindi il rafforzamento dell’atlantismo, al rafforzamento della competitività e della resilienza economica; la gestione comune del fenomeno migratorio, la collaborazione in ambito sicurezza e difesa nonché la politica di allargamento. La Presidente Meloni ha sottolineato, quale “precondizione per raggiungere questi obiettivi, la necessità di assicurare risorse comuni adeguate a sostegno dei relativi investimenti”. Da parte sua Michel ha condiviso la necessità di continuare a lavorare insieme sui migranti da cui deriva un’altra necessità: applicare subito il Patto sull’immigrazione e asilo che mercoledì è stato approvato dall’Europarlamento pur tra divisioni e polemiche. È un Patto con luci e ombre e che metterà ancora una volta a dura prova l’Italia come paese di primo sbarco e la cui riuscita dipende molto dalla capacità di limitare le partenze migliorando le condizioni di vita nei paesi di origine e/o guidarle verso canali legali. Il Piano Mattei, né più né meno, di cui i 27 condividono gli obiettivi. E su cui dovrebbero impiegare più energie e risorse.
Tra i punti discussi anche la possibilità di far slittare le scadenze del Pnrr e quella, fondamentale per il bilancio dello Stato italiano, di spalmare il debito in sette anni anziché in quattro. Sul Pnrr Michel ha mostrato cautela, anche perché il commissario uscente Paolo Gentiloni ha appena detto che “le date di scadenza del Piano non si toccano”. “Abbiamo bisogno di buoni programmi e buoni progetti – ha frenato Michel – e dobbiamo assicurarci di sostenere gli sforzi dei nostri Stati membri per garantire che questi soldi vengano iniettati per sostenere gli investimenti necessari”. Meloni ha indicato anche la necessito di rivedere il Pac per il settore agricolo. E ha indicato come prioritario il sostegno al Libano, un pezzo importantissimo del delicato quadrante mediorientale. Un “ottimo incontro” come lo ha definito Michel. Giudizio che risente, gioco forza, del clima da campagna elettorale.
Il briefing sull’agenda ’24-’29 è quasi concluso e sarà discusso la prossima settimana nel Consiglio informale europeo a Bruxelles Ue (17-18 aprile). Ci saranno altre due occasioni per i leader dei 27 – un altro Consiglio e un vertice dei leader – entrambe a Bruxelles ed entrambe entro la fine di giugno. Prima che il primo di luglio Viktor Orban assuma la presidenza di turno. Circostanza che molte cancellerie temono per due motivi: il secondo semestre coincide, quest’anno, con l’iter di formazione della Commissione, del Consiglio e dei nuovi vertici europei, iter che dovrebbe quest’anno essere più spedito del solito per arrivare a fine ottobre, prima del voto negli Stati Uniti, con la squadra al completo e pronta ad agire. Ad applicare l’agenda. Molti dubitano che Orban abbia lo stesso interesse. Ecco quindi la necessità di apparecchiare prima la tavola.
Sulla tavola ci sta, appunto, l’agenda, i cosiddetti top jobs, le priorità strategiche. Quelle fissate sugli appunti di Michel coincidono con quelle di Mario Draghi. L’ex presidente della Bce le presenterà al Consiglio dopo il voto ma prima della fine di giugno. Nulla è uscito. Ma analisi e terapia sono chiare. Incontrando un mese fa la Conferenza dei presidenti delle commissioni del Parlamento europeo, Draghi ha parlato di “massicce esigenze di investimento” per la doppia transizione climatica e digitale e per le spese per la difesa. Ha sottolineato la “necessità di rimanere competitivi per mantenere i sistemi di welfare e preservare i valori fondamentali nell’Ue”. Ci troviamo in un momento critico e servono “riforme strutturali a livello dell’Ue e il ritrovamento della capacità di agire collettivamente e per l’interesse collettivo”.
Ci aspettano “discussioni difficili che richiederanno alle nostre istituzioni e ai governi nazionali di fare scelte difficili”. Ma “sono queste decisioni che determineranno la capacità dell’Europa di tenere il passo con i suoi concorrenti globali negli anni a venire”. Un programma, appunto.
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