“Se il diritto internazionale privilegia il migliore interesse del minore, in questo caso il migliore interesse del minore non può essere garantito dal fatto che una neonata di neanche due anni è separata dalla madre che sta in carcere”. A sostenerlo è Riccardo Noury, storico portavoce di Amnesty International Italia.

Il Riformista ha sollevato il caso di Francesco Giorgi, uno dei tre indagati principali del cosiddetto “Qatargate” che avrebbe parlato e poi detto: ora liberate Eva Kaili, la madre della mia bambina. Perché la mia bambina, Ariadni, è rimasta sola. Senza mamma e papà. Una bambina di 22 mesi. Ma il diritto non dovrebbe tutelare innanzitutto i minori?
Così dovrebbe essere. E il diritto del minore non è certo garantito nel caso, quello di cui stiamo parlando, una neonata di neanche due anni viene separata dalla madre che sta in carcere.

Utilizzare un bambino come “strumento” di pressione per ottenere la confessione del genitore…
Non credo che questo sia il caso del Belgio anche se rispetto all’Italia in quel Paese non c’è una norma che consente in queste situazioni di tenere unite madre e figlia. È evidente che c’è qualcosa che non va. Però non mi sembra che si possa parlare di una presa in ostaggio di una bambina finché una madre o comunque uno dei genitori parli. Mi auguro che non sia così, e sono convinto che non sia così. Il Belgio non è la Bielorussia. Resta il fatto che non è nel migliore interesse della bambina questa situazione. È chiaro che deve finire al più presto.

Che idea si è fatto del “Qatargate” lei che sul miliardario soft power del Qatar, legato in particolare all’aggiudicazione dei mondiali di calcio, ha scritto un libro: Qatar 2022, i Mondiali dello sfruttamento (Infinito edizioni)?
Mi sono dato una risposta ad una domanda che mi sono fatto per anni: perché delle cose che ho scritto non ne ha parlato mai nessuno. E la risposta è stata perché c’era gente che era pagata per non parlarne. Il Qatargate ci dimostra il limite estremo cui può arrivare la strategia dello sportwashing. Si pagano persone perché parlino bene di un evento sportivo continuando a tenere in ombra le gravissime violazioni dei diritti umani che si sono verificate proprio nell’organizzazione di questi Mondiali di calcio: i 6.500 lavoratori migranti morti, condizioni di lavoro equivalenti a schiavitù, salari non versati, turni di riposo negati etc. Ed è triste e inquietante pensare che forse la ragione per cui quasi fino all’ultimo il tema dei diritti umani è stato ignorato è perché c’era qualcuno al Parlamento europeo che era stato pagato affinché non ne parlasse.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.