Goffredo Bettini, memoria storica della sinistra e ancora oggi abile regolatore del traffico tra Pd e Cinque Stelle, presenta il suo libro Attraversamenti, uscito con PaperFirst, ed è subito evento nell’evento. Per quello che troviamo scritto nel libro, affatto avaro di notizie. E per quello che non c’è scritto. Ma che si capisce a colpo d’occhio arrivando all’Auditorium di Roma: quella sala fotografa cinquant’anni di storia politica ed è già rivolta alla prossima svolta, prepara il prossimo passaggio.

Elly Schlein prenda nota: ieri alla sala Sinopoli hanno iniziato a lavorare alla sua successione. Bettini ha aspettato il rosso per chiamare alcuni amici a compiere questo attraversamento. Decisivo.
Chi c’era infatti con l’autore, a raccontare i profili politici trasversali sui quali è incentrato il libro? Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. L’ex sindaco e leader della Margherita, Francesco Rutelli. Il presidente del M5S Giuseppe Conte e con loro le giornaliste Ritanna Armeni e Giuditta Pini. Il loro dialogo fa capire sin dagli esordi che questo originale panel, nel futuro, si prefigge di essere meno estemporaneo e più ricorrente. E di voler mettere insieme a medio-lungo termine gli esponenti dell’ala riformista Pd e radicale grillina.

Con quale intenzione, è presto detto: se Elly Schlein dovesse lasciare il Nazareno anzitempo, ecco il Patto dell’Auditorium tra il convitato di pietra, Paolo Gentiloni (qui ottimamente rappresentato da Gualtieri e Rutelli) e il Movimento. Ecco che la sinistra radicale e quella riformista si incrociano e si intrecciano in una promessa di eterna alleanza. Quella che sin dalla propria firma in calce alla copertina, Bettini annuncia con franchezza: si firma “comunista e democratico”. Un biglietto da visita con due facciate utile a capire come si sia confrontato con gli interlocutori dei quali l’autore dipinge i nove ritratti.

Il libro li esamina l’uno dopo l’altro, affresco dopo affresco: Gianni Borgna, geniale assessore alla Cultura di Roma, il poeta, scrittore e regista Pier Paolo Pasolini, il filosofo e politico Mario Tronti, Pietro Ingrao, Francesco Rutelli, Renzo Piano, Luciano Berio, Andrea Augello senatore di Fratelli d’Italia e Franca Chiaromonte femminista e comunista. Nove personalità prismatiche e mai schiacciate, mai unidimensionali. Capaci di far dire a Bettini che talvolta anche da sinistra si può essere capaci di attraversamenti ampi e ambiziosi. Fino a portare lo sguardo nel campo avverso, come nel caso di Andrea Augello, amico e estimatore di Bettini in casa MSI. Simpatie tutt’altro che di circostanza. Prima di morire, l’ex senatore Augello dispose che a parlare ai suoi funerali fossero solo in due: Giorgia Meloni e, appunto, Bettini. Tempi andati. Anche tempi migliori?

“Non è un libro nostalgico ma un libro dolente”, precisa Bettini. “C’è un cambiamento antropologico della politica”, continua il dirigente dem. “Nel passato c’era dialogo, capacità di ascolto, la politica era anche silenzio, oggi si consuma tutto al secondo, la politica è superficiale, gli scenari sempre in movimento. Oggi non si riesce a costruire un senso e questo è negativo soprattutto per le forze che vogliono cambiare la società, perché se vuoi cambiare la società devi sapere dove andare e se non lo sai allora è la fine”. Pregiudizi e paraocchi non aiutano. “Viviamo in una fase in cui si è ridotto drasticamente lo spazio dello spirito libero, cioè la gratuità dell’atto del pensiero, dell’azione, cosa che nell’essere umano c’è: la voglia di incontrare l’altro, solo dal confronto con l’altro puoi affrontare questioni che sono più grandi di te”. E questo ‘altro’ può “essere anche un duro avversario politico, perché anche in lui c’è sempre un pezzo di verità che serve”. E dunque andare oltre alle barricate ideologiche dei “giovani vecchi” che stanno dirottando quel che era il principale partito della sinistra moderata nel succedaneo di Rifondazione.

Ecco che Bettini indica una strada per il ritorno di Gentiloni: “C’è uno spazio politico interessante, che è anche una tradizione nel Paese: parlo dell’area laica, liberale e garantista, che ha sempre avuto, anche nella prima Repubblica, un peso di circa il 10%. Renzi e Calenda l’indole unitaria proprio non ce l’hanno e, anzi, si sono messi l’uno contro l’altro anche quando stavano insieme. Abbiamo il pericolo che quell’elettorato si sprechi o faccia un ago della bilancia ambiguo, con ammiccamenti a destra. Invece noi abbiamo bisogno di una forza di quel tipo affidabile e contro la destra”.

Conclude parlando anche di quello che fu il ruolo di interlocutore con la sinistra moderata di Francesco Rutelli. Chiamato in causa, l’ex leader della Margherita – oggi presidente di Anica, l’associazione confindustriale del cinema – si smarca. Non è più della partita politica. Ma rimane il più vicino in assoluto a Gentiloni: il ritorno a Roma del commissario europeo per l’economia, previsto per ottobre, riaprirà il congresso del Pd. Di cui ieri all’Auditorium abbiamo sentito le premesse.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.