Sui giornali, in questi giorni, si leggono cose (dette da magistrati e affini) che noi umani mai avremmo potuto immaginare. A me per esempio è capitato qualche volta di scrivere che i Cinque Stelle sono la longa manus del partito dei Pm. Ok. Però la davo come mia ipotesi, anzi, come ipotesi polemica. Non avrei mai pensato che uno dei capi più illustri dei Cinque Stelle – sto parlando nientemeno che del presidente della commissione Antimafia – desse conferma ufficiale di questa ipotesi. E invece l’altro giorno il senatore Nicola Morra ha dichiarato che Davigo e Ardita (un Pm e un ex Pm, un consigliere e un ex consigliere del Csm) sono sempre stati “il punto di riferimento per quanto riguarda la mia azione in termini di politica giudiziaria”. Capite bene il significato di questa frase? Da una parte Morra ci informa che la politica sulla giustizia dei 5 Stelle (i quali sono un partito il cui core business è esattamente la politica della giustizia) non è decisa all’interno del partito ma è affidata ad alcuni magistrati esponenti di punta del partito dei Pm; dall’altra ci informa anche del fatto che l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati membri del Csm è pura invenzione.

Ma Morra, non ancora contento di aver demolito in poche frasi la gran parte delle affermazioni, evidentemente del tutto ipocrite, del suo partito, è andato oltre. Ha spiegato, orgoglioso, di avere ricevuto anche lui le informazioni sulle accuse dell’avvocato Amara e sulla presunta Loggia Ungheria, proprio da Davigo e di averle ricevute nella tromba delle scale di palazzo dei Marescialli (sede del Csm). Perché nella tromba delle scale? Perché Davigo temeva di essere spiato. Ma tutta quella storia che dicono sempre a me: “Male non fare, paura non avere?”. Beh, evidentemente non riguarda Davigo. E poi, a questo proposito c’è da dire un’altra cosa. Ma Morra lo sa cos’è la tromba delle scale? Io credevo che fosse lo spazio vuoto attorno al quale salgono le scale. In genere chi salta sulla tromba delle scale si schianta al suolo e spesso muore. Possibile che il senatore Morra, che oltretutto è anche professore di liceo, non conosca bene neppure la lingua italiana? Vabbé, in fondo questa è la cosa meno grave.

Cosa fa Morra, una volta messo al corrente da Davigo di questo dossier? Lui che è senatore e presidente della commissione Antimafia? Chiede consiglio a Di Matteo il quale gli dice: corri in Procura a denunciare. C’era bisogno di andare da Di Matteo? Forse ‘sto Morra anche prima di fare la spesa chiede a un magistrato cosa deve comprare. Non si fida molto di se stesso. Vuoi dargli torto? Dopo avere con stupore letto le dichiarazioni di Morra, prendo in mano La Stampa e leggo l’articolo di Gian Carlo Caselli. Il quale, da sempre, è un’icona dello schieramento dei Pm. Il suo articolo è pubblicato vicino a un articolo di cronaca nel quale si spiega che Ardita e Davigo, in Tv, si sono reciprocamente minacciati di dire tutto quello che sanno l’uno dell’altro.

Non è bello, d’accordo, che due magistrati o ex magistrati si sfidino a duello. Però, una volta che si sono sfidati e che hanno reso pubblico il duello, anche noi vorremmo sapere quello che ciascuno dei due sa sull’altro. E invece Caselli scrive un articolo per dire che “la guerra tra i due rischia di causare danni irreversibili alla magistratura”. E propone una pace, un chiarimento, una sorta di tavolo di accomodamento. Diciamo pure che il suo è un invito all’omertà. Nel mio furore polemico non ero mai arrivato a immaginare qualcosa di simile.

P.S. Poi c’è Travaglio (non magistrato ma affine) che scrive editoriali di fuoco contro chi vuole delegittimare la magistratura. Probabilmente senza rendersi conto che lui sta proprio nel cuore di questa bufera. Inutile che cerchi di giudicarla da fuori. È dentro. Il Fatto era stato informato di queste accuse di Amara, un suo giornalista aveva i verbali, il suo principale editorialista (Piercamillo Davigo) è al centro del centro dello scandalo. Vuole mettere la sordina allo scandalo? Faccia. Ma abbassi un po’ la cresta e il tono della polemica, perché finisce per suscitare ilarità…

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.