“A casa nostra non c’è mai silenzio, cantiamo sempre o ascoltiamo musica. Le melodie sono l’unica cosa che riescono a tranquillizzare Grace”. Così Marilena Pinto inizia il racconto della sua quotidianità con la figlia a cui a 1 anno di vita i medici hanno diagnosticato una malattia rara, la Sindrome di Rett. “Quando uno pensa alla malattia genetica rara vede tutto nero però non è così – ha detto Melania Esposito, sorella di Grace – Ogni giorno, pian piano, vedi questi bimbi sforzarsi da morire e si vede nei loro cocchi, che cominciano a fare progressi. Ed è questo il carburante che ti fa andare avanti perché non è una vita semplice e non lo sarà mai secondo me”.

La storia di Grace e della sua famiglia, che vive a Napoli nel quartiere Soccavo, è dura e dolorosa ma anche piena di amore e coraggio. Nei grandi occhioni azzurri della piccola, che oggi ha 2 anni, si legge la gioia di tutto l’affetto che la circonda. La piccola nasce il 23 ottobre 2019. “Una bambina sanissima dopo una gravidanza perfetta – racconta la sorella Melania, 23 anni – A causa di una negligenza medica nasce asfittica e hanno dovuto rianimarla. Successivamente ci dissero che Grace avrebbe potuto avere dei problemi nel corso della crescita quindi un ritardo psicomotorio o cose di questo tipo. All’età di un anno Grace inizia a non seguire perfettamente le tappe della crescita e ci allarmiamo. Iniziamo a fare vari controlli di tutti i tipi, abbiamo girato qualsiasi tipo di medico. Abbiamo anche chiamato una terapista che veniva a casa per aiutarci a insegnare a Grace a camminare. Pensavamo che fosse un problema dovuto alla nascita. Poi siamo stati all’Ospedale Stella Maris di Pisa. Lì le hanno fatto qualsiasi tipo di controllo e subito ci dissero che il problema di Grace non era solo quello della nascita. Fecero lunghissime indagini genetiche. Verso i 12/14 mesi Grace ha iniziato ad avere delle stereotipie, portava spesso le mani alla bocca, sputava, faceva cose un po’ strane che associavamo al fatto che fosse piccola. Mai andavamo a pensare di trovare quello che poi in seguito è stato”.

Che cos’è la sindrome di Rett

A Grace è stata diagnosticata la Sindrome di Rett. Si tratta di una rara patologia neurologica dello sviluppo, che colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile. La malattia congenita interessa il sistema nervoso centrale, ed è una delle cause più diffuse di grave o gravissimo deficit cognitivo. Si manifesta generalmente dopo i primi 6-18 mesi di vita, con la perdita della motricità, delle capacità manuali, dell’interesse all’interazione sociale. L’incidenza della malattia tra le ragazze di 12 anni è stimata di 1 su 9.000; nella popolazione generale la stima si abbassa a 1 soggetto su 30.000.

“I bambini che nascono con la sindrome di Rett, all’inizio sono perfettamente normali – continua Melania – Poi verso i 12- 18 mesi si iniziano a vedere i sintomi. È come se il loro processo evolutivo si interrompesse a 18 mesi: non camminano più, non parlano. Un bambino che prima era pieno di vita praticamente si interrompe”. Per la famiglia Esposito la diagnosi della malattia di Grace è stata una doccia fredda. Nel caso delle malattie rare non è semplice e immediato arrivare a una diagnosi certa. “Siamo stati un anno a rassegnarci – ha detto Mamma Marilena – All’inizio sembrava che Grace avesse un ritardo psicomotorio. Recupererà, mi dissi. Poi mi dissero che era un sospetto di spettro autistico. E mi dissi che ne soffrono tanti bambini, ce l’avremmo fatta comunque. Sapere che invece si trattava di Sindrome di Rett per me è stato davvero devastante”.

Questa sindrome, per come si manifesta nei bambini è infatti facilmente confusa con quella di autismo o generico ritardo dello sviluppo. Ci sono volute analisi genetiche molto complesse e visite da parte di una equipe medica multidisciplinare per capire cosa avesse Grace. Si tratta di una malattia conosciuta ancora pochissimo, scoperta solo pochi anni fa, e a cui attualmente non esistono cure, ma una diagnosi precoce è in grado di ottimizzare le capacità del paziente. È necessario che le piccole pazienti vengano supportate da un team multidisciplinare (dietisti, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti e terapisti musicali) in grado di valorizzare le loro capacità residue e di mettere in atto un efficace strategia comunicativa. In America hanno iniziato a sperimentare un farmaco.

“Quando mi dissero che Grace aveva la sindrome di Rett mi cadde il mondo addosso – continua Melania, che nel raccontare non riesce a trattenere le lacrime – La prima domanda che feci fu se mia figlia sarebbe morta nel giro di poco. Mi dissero che avrebbe vissuto ma che avrebbe avuto molti problemi che mi avrebbero spiegato poi di volta in volta. Ogni bambino evolve in modo diverso”.

Le giornate di Grace tra giochi e musica

“Le giornate passano tra un giochino e l’altro, la musica, qualche passettino, cade, si rialza ma io lo so che non avrà mai una piena autonomia. Grace vuole stare sempre in compagnia e sola io non basto. Poi spesso la notte non si dorme. A volte non sai più cosa fare”. Marilena ha dovuto lasciare il suo lavoro per stare con Grace. In due anni ha perso quasi 30 chili ma non demorde ed è disposta a tutto per amore della sua piccola, per farla stare bene e vederla sorridere. “È una situazione difficile ma lo devi vivere, non c’è nulla da accettare”.

La sindrome di Rett ha vari stadi evolutivi. Il primo si rivela tra i 6 e i 18 mesi di vita, con l’arresto dello sviluppo psico-motorio e il blocco della crescita cerebrale. Nelle pazienti è frequente osservare microcefalia con perdita dell’uso delle mani e del linguaggio. A questo segue il secondo stadio, detto pseudo-autistico, nel quale le bambine sperimentano una chiusura verso il mondo che le circonda, perdendo interesse per l’ambiente e le persone. “In questo stadio, che ha inizio intorno ai due anni, possono insorgere problematiche come l’insonnia, l’epilessia (spesso farmaco-resistente), il reflusso gastro-esofageo, la scoliosi, l’osteoporosi, la stipsi, le iperventilazioni, le apnee e i disturbi alimentari – come riportato sul sito dell’Osservatorio Malattie Rare – È in questo momento che si nota la comparsa delle stereotipie, cioè quei movimenti ripetuti e ossessivi, tipo lavaggio delle mani o applauso, che non danno tregua”.

A spiegare quel che accade sul sito dell’Omar è Joussef Hayek, ex direttore dell’U.O.C. di Neuropsichiatria infantile presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Siena: “Nel terzo stadio, detto pseudo-stazionario, sembra che la malattia possa arrestarsi, anche se non è davvero così, tanto che essa procede allo stadio conclusivo, con la perdita della capacità di compiere qualsiasi movimento, sia con gli arti superiori che inferiori, costringendo molte pazienti sulla sedia a rotelle”.

Mentre parliamo con la mamma e la sorella, Grace ascolta la sua musica. Se si spegne si agita. Anche solo quando capisce che la canzone sta per finire inizia a piangere. Mamma e sorella prontamente iniziano a cantare e Grace torna a sorridere. “La cosa che ci spaventa di più non è l’oggi ma il domani – continua Melania – Questa è una malattia che porta anche le convulsioni che potrebbero danneggiarle il cervello per cui le abilità che ha oggi, domani potrebbe non averle più. Ma non sappiamo nulla su come andrà, ne per quanto tempo potremmo godercela”.

“Nessuno sa cosa sia la sindrome di Rett e ci guardano come se fossimo alieni”

“Avere una malattia rara o qualsiasi altra disabilità non deve essere una vergogna. Anzi, molte volte è un valore aggiunto perché quello che ci dà Grace è tantissimo. Però nessuno sa cos’è la Sindrome di Rett e ci guardano come se fossimo alieni. Grace è normalissima, solo che il suo sviluppo si è interrotto in un certo momento. Noi vogliamo fare informazione perché anche gli occhi indiscreti della gente sono da eliminare”.

Mamma Marilena racconta che per esempio a Grace non piace affatto stare nei negozi. “Inizia a gridare – dice – le persone mi chiedono se ho bisogno di un bicchiere d’acqua e non capiscono cosa abbia. Ma spiegare loro cosa realmente sta succedendo è difficile. Come lo è farlo capire ai medici. Non tutti conoscono questa sindrome e cosa comporta”.

“Troppa burocrazia e a settembre non sappiamo se Grace potrà andare a scuola”

Alla gestione della bimba si aggiunge anche l’incredibile trafila di carte e passaggi burocratici a cui mamma Marilena si sottopone con grande pazienza. “All’inizio Grace risultava solo una bimba nata prematura e per questo aveva l’esenzione – spiega Marilena – In questi giorni sono andata a fare l’esenzione per la sua sindrome perché la malattia rara di Grace non risulta in Campania. Abbiamo avuto la 104 ma è stato prima di avere la diagnosi di sindrome di Rett. Adesso va aggiornato l’incartamento e per riuscirci è una trafila burocratica incredibile. L’Inps non sa come fare, i caf non sanno come fare, e dobbiamo fare visite su visite. Ma per noi è importante perché ad esempio a scuola la 104 e la carta firmata dal neuropsichiatra dell’Asl non combaciano e quindi non può avere il sostegno e l’assistenza materiale. Così non sappiamo se a settembre l’accetteranno a scuola. Ma i medici dicono che lei deve frequentarla per stare con gli altri bambini e interagire. Ma sia noi sia la scuola ci troviamo con le mani legate”.

Marilena si trova continuamente a lottare contro la burocrazia, persino per avere uno stallo sotto casa. Dove abitano gli Esposito non è infatti agevole parcheggiare e la mamma è costretta a portare in braccio la piccola dopo 90 minuti di terapia. Se non trovano parcheggio Grace inizia a piangere e gridare e diventa tutto complicato. “All’ufficio mi hanno chiesto: ‘La bambina cammina?’. A volte non capisco proprio perché fanno così. Per me dedicarmi anche alla burocrazia è un lavoro enorme. Ci vorrebbe una persona che fa solo questo, un’altra che sta con Grace, un’altra che si occupa di tutto il resto. E in tutto questo lo Stato ci passa solo quello che ci può passare e basta. Nemmeno il sostegno psicologico alla famiglia abbiamo mai avuto. Siamo tornati da Pisa completamente smarriti quando ci hanno diagnosticato la Rett”.

Una diagnosi di malattia rara può cambiare radicalmente la vita di una famiglia intera. Gli Esposito dedicano tutto quello che hanno alle terapie e alle cure per Grace. E presto dovranno cambiare casa perché dove ora vivono ora la casa è troppo piccola e troppo piena di scale. Per vivere a Grace servono altri spazi e un bagno abbastanza grande da poterla cambiare e lavare agevolmente.

“Nessuno ci ha mai detto come sarebbe stata la nostra vita, per questo abbiamo deciso di raccontarlo su TikTok”

“Trovare informazioni su cosa fosse la sindrome di Rett per noi è stato facile – continua Melania – ma nessuno ci ha mai spiegato come sarebbe stata la nostra vita nel quotidiano. Ci siamo sentiti soli e impauriti, per questo motivo abbiamo deciso di raccontare il nostro quotidiano sui social, con dei video su Tiktok. Il nostro canale si chiama ‘Le avventure di Grace’. Questa malattia e questo impegno che noi ci stiamo mettendo quotidianamente, potrebbe aiutare qualcuno”.

Gli Esposito si raccontano nei video su TikTok nei loro momenti belli e brutti, documentano i numerosi passi avanti di Grace e anche solo il suoi sorrisi pieni di amore. All’inizio si sono sentiti soli davanti a un dramma enorme ma hanno saputo reagire e vogliono essere d’aiuto a quanti come loro si trovano a dover affrontare situazioni di questo tipo. Vogliono far conoscere le malattie rare, in particolare la Sindrome di Rett, a chi non ha idea di cosa sia e come sia vivere in questo modo per sensibilizzare tutti sul tema. “Sappiamo che questo viaggio che stiamo raccontando sarà discendente finchè la sperimentazione del farmaco non andrà avanti – conclude Melania – ma con i nostri video vogliamo incentivare tutti ad essere positivi, anche chi vive il nostro stesso dolore. Vogliamo far capire che in fin dei conti questa malattia non è un mosto così insormontabile”.

Con il loro instancabile raccontare stanno riuscendo a catturare il cuore e l’attenzione di tanti che si sono stretti a loro per dargli forza e coraggio. Ed è ai loro follower che rivolgono un accorato appello: “Le malattie rare esistono, ci sono anche quelle rarissime. L’unica speranza che possiamo avere è che il maggior numero di fondi possibile sia stanziato per la ricerca. In America la sperimentazione è iniziata da qualche mese ed è la nostra speranza: è importante che ognuno faccia la sua parte”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.