La trasmissione Rai insiste con la bufala di Delle Chiaie
Le fake news di Ranucci sulla strage di Capaci, tutte le fantasie (smentite) di Report

Non è RaiPlay, ma poco ci manca. “Report”, RaiTre, ieri si è ripetuto: è tornato in onda con una puntata-sequel all’insegna dell’inseguimento di fantomatiche “ombre nere”. Paolo Mondani, con la collaborazione di Roberto Persia, torna a cercare le tracce della presenza di Stefano Delle Chiaie, il fondatore di Avanguardia Nazionale, a Capaci. Una presenza più che misteriosa, intangibile: non risulta affatto nei pur approfonditi faldoni dell’inchiesta giudiziaria sulla strage che costò la vita, trent’anni fa, a Giovanni Falcone, alla moglie e agli uomini della scorta.
Dopo una settimana in cui viale Mazzini ha preteso – e in più casi incassato – la solidarietà del giornalismo sindacalizzato, ecco la nota che ieri ha provato a mettere di nuovo in discussione la storia: «I contatti di Delle Chiaie con esponenti mafiosi continuano a emergere dalle parole dell’ex brigadiere dei carabinieri Walter Giustini e da quelle di Maria Romeo, ex compagna del pentito Alberto Lo Cicero. Nel racconto della Romeo a Report emerge la testimonianza da lei fornita all’allora ufficiale dei carabinieri Gianfranco Cavallo. Nella informativa scaturita da quell’incontro “si attesta il coinvolgimento di Stefano Delle Chiaie nella strage di Capaci del 23 maggio 1992”. Insomma, ecco le inoppugnabili fonti, le inconfutabili prove: di Delle Chiaie, morto nel settembre 2019, parla la vedova di un collaboratore defunto a sua volta, che ancora in vita era stato considerato inattendibile.
È lo stesso Fatto Quotidiano, che su questa inchiesta è stato lo scenarista di Report, a doverlo ammettere: «Lo Cicero sarà stato inattendibile per alcuni giudici ma di certo era considerato un pentito ‘pericoloso’ per la mafia». Inattendibile per i magistrati ma non per Il Fatto – Report, che ci cascano con tutti i piedi. Ci sarebbe, questa la novità, una informativa dei Carabinieri a supportare la tesi. Di più: ci sarebbero stati dei nastri con la voce di Lo Cicero che indicava, pensate un po’, proprio la presenza di Delle Chiaie in quella parte di Sicilia, prima di Capaci. Peccato che poi – è la malasorte di Report – questi nastri siano scomparsi. E a dare manforte alla flebile tesi della “pista nera” vengono chiamati i servizi segreti del Paraguay. Misconosciuti ai più, non certo leggendari. Ma comunque utili per imbastire una trama esotica. Ecco spuntare un documento inedito su Stefano Delle Chiaie redatto in Paraguay all’epoca della giunta militare di Alfredo Stroessner. Ma il dittatore paraguayano è morto nel 1989, come avrebbe potuto documentare l’attività di Delle Chiaie, a ridosso del maggio ’92? Preveggenza.
Risulterebbe comunque una relazione del Sisde sui movimenti di Delle Chiaie, che prova a riannodare le fila della destra extraparlamentare in Calabria – incontrando nel 1990 il tarantino Giancarlo Cito – e in Sicilia dove l’unica nota puntuale riguarda una riunione avuta nel novembre 1991 con “uno storico esponente del Msi di Ragusa”. Siamo un po’ troppo distanti, in termini di spazio e di tempo, dalla strage di Capaci. “Si tratta di un fantasy giudiziario”, dice al Riformista il deputato di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone. Il parlamentare, membro della Vigilanza Rai, segue da vicino lo strano caso della “pista nera”. «Abbiamo presentato un question-time in Vigilanza: questa pista nera era stata battuta e abbandonata anni fa, quando si era già capito che non c’erano elementi. Era una bufala già nota», la stroncatura del parlamentare. E allora? «Ha fatto benissimo la Procura di Caltanissetta a chiedere quali fossero le fonti e da dove esce fuori questo fantasy giudiziario». Si tratterebbe, par di capire dalle parole di Mollicone, di un fuori pista che depista. Servito ad arte per confondere la scena, come in un elenco di operazioni che può essere qui utile riepilogare.
Si va dalla costruzione a tavolino della falsa verità sulla strage di via D’Amelio, per cui sono sotto processo, grazie proprio al lavoro della Procura di Caltanissetta, tre poliziotti, a indiscrezioni di ogni tipo: un parasole scambiato per l’agenda rossa scomparsa di Borsellino, rivelazioni su 007 col volto deturpato e donne killer dietro le quinte delle stragi, testimoni falsi come Massimo Ciancimino che tirano in ballo uomini delle istituzioni, pentiti come Maurizio Avola che, mentendo, si autoaccusano dell’eccidio di via D’Amelio. Ed ecco su questo elenco allungarsi l’ombra delle rivelazioni attribuite al collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero, poi smentite dai pm, della presenza a Capaci del terrorista nero Stefano delle Chiaie.
Di riscontrato al momento c’è solo il clamoroso depistaggio dell’inchiesta sulla morte di Borsellino, costato l’ergastolo a sette innocenti e sventato grazie alle dichiarazioni dell’ex boss Gaspare Spatuzza, con pentiti costruiti ad arte, costretti a dire il falso e un processo in corso a tre investigatori. Il resto, al momento, è frutto di ipotesi giornalistiche bocciate dalle ricostruzioni degli inquirenti, con un unico effetto: rimescolare le carte. L’ultima nota dei magistrati nisseni è di martedì scorso: «Alberto Lo Cicero sia nel corso delle conversazioni intercettate, che nel corso degli interrogatori resi, al pubblico ministero e ai carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie», ha fatto sapere, secco, il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca.
La distrazione di massa ha qualche effetto secondario sull’agenda politica. I referendum vanno in votazione tra dodici giorni e di informazione istituzionale ce n’è poca, pochissima. I radicali denunciano all’AgCom la scomparsa del diritto a una informazione corretta, mentre Fratelli d’Italia ha presentato una interrogazione: «Ci vuole una finestra nei talk show di prima e seconda serata dedicata ai referendum», insiste Mollicone. «Stranamente, mentre ci avviciniamo alla data del voto, la Rai parla di tutt’altro, perfino di trame nere e di revisione della storia giudiziaria, pur di non mettere al centro il tema dell’urgente riforma di una giustizia che non funziona».
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