Legale dei grandi processi, tra cui quello al generale Mario Mori, Basilio Milio è memoria storica e parte attiva – perché attivista del garantismo e dei diritti – in quella Palermo che fatica a uscire dal gomitolo delle trame. A lui chiediamo un parere sul caso del depistaggio Rai (Report).

Report sui misteri di Capaci cala l’asso di Delle Chiaie. Cosa ne pensa?
La tempestiva ed opportuna iniziativa della Procura di Caltanissetta, che ha ritenuto di dover perquisire la redazione di Report nonché l’abitazione di un suo giornalista e “smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi” è tranciante. Se vuole la mia opinione, basata sulla mia esperienza – ricordo che io e l’avv. Romito, difensori rispettivamente del Prefetto Mario Mori e del Colonnello Giuseppe De Donno, abbiamo per ben tre volte segnalato al presidente della Repubblica, alla commissione di Vigilanza Rai e ad altre autorità istituzionali le ricostruzioni non aderenti alla realtà proposte da Report – si tratta dell’ennesima dimostrazione di tale modus operandi. Aggiungo che, con queste trasmissioni, si intende celebrare Giovanni Falcone e non si tiene conto di uno dei suoi insegnamenti, quello secondo cui la mafia non prende ordini da nessuno e non esiste alcun terzo livello. E, restando a Falcone, qualche anno fa ho letto un interessante libro, Il viaggio di Falcone a Mosca. Viaggio che il magistrato aveva in programma per indagare sui finanziamenti del Pcus al Pci-Pds; purtroppo non arrivò in tempo perché fu ucciso a Capaci. Se mi permette una battuta, allora, dove c’è il giallo c’è sovente anche il rosso.

Di depistaggi ce ne sono stati già tanti. Possibile che si creino ancora corto circuiti in cui la Rai sostiene piste misteriose senza alcuna fonte attendibile, malgrado appunto i processi per le false piste?
Ritengo sia grave in generale e ancor di più per il servizio pubblico, che è sovvenzionato da tutti noi, prestarsi, consapevolmente o meno, ad accreditare quelle che il Procuratore di Caltanissetta ha definito “notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi”. Occorrerebbe interrogarsi sul cui prodest, con particolare riguardo a quale o quali forze politiche possano trarre giovamento dal propagandare teorie complottiste.

Sulla Trattativa Stato-mafia Martelli precisa che vi fu un negoziato investigativo volto a ottenere informazioni. Che è tutt’altra cosa della inesistente Trattativa romanzata. Lei è d’accordo?
È quello che sosteniamo da circa vent’anni, da quando è iniziato il calvario giudiziario del prefetto Mori. Ma veda, la cosa interessante è che tutti i giudici che si sono occupati di queste vicende hanno sempre sancito, nelle loro sentenze di assoluzione, che quei contatti furono una legittima e perfino “lodevole e meritoria” attività investigativa. Un rapporto tra ufficiali di polizia giudiziaria ed una fonte confidenziale, Vito Ciancimino, finalizzato ad ottenere informazioni per catturare Riina e Provenzano e contribuire, decapitando il vertice di “Cosa nostra”, a far cessare le stragi.

Quello di concedere per due volte, nel 1993, deroghe e cancellazioni per centinaia di regimi 41bis, fu una decisione tutta politica e, in questo, un grave errore?
Ho letto l’intervista all’On. Martelli. Concordo sul fatto che si trattò di una decisione politica. Per quanto riguarda la giustezza o erroneità della stessa, vi fornisco un dato che non tutti conoscono. Dei 334 ai quali Conso, nel novembre 1993, non prorogò il 41 bis, solo a 52 venne negli anni – e in qualche caso nel decennio – successivi nuovamente applicato il regime speciale. Ciò significa una cosa: che per i restanti 282 non venne, nemmeno successivamente alla decisione di Conso e negli anni a seguire, riscontrata l’esistenza delle condizioni legittimanti il ripristino del 41 bis. Credo che di questo occorra tener conto nel formulare qualsiasi giudizio sulla scelta di Conso.

Chi o cosa può avere oggi interesse nel rimestare nel torbido di quella vicenda?
Io credo che i teoremi attorno a queste vicende (“trattativa”, mancate proroghe dei 41 bis, stragi di Capaci e via D’Amelio e relative cause, eccetera) siano il frutto di interessi convergenti. Per un verso si tratta di “armi di distrazione di massa”, ossia racconti finalizzati a distrarre l’opinione pubblica, le masse appunto, dall’interrogarsi su altri accadimenti. Per fare un esempio, è più facile convincere “il popolo” che vi sia stata una “trattativa” illecita tra lo Stato e la mafia nel 1992-1993 che cercare di fargli comprendere le ragioni per le quali, nelle indagini sulla strage di via D’Amelio, si è dato credito ad un falso pentito di nome Scarantino realizzando, così, quello che nella sentenza del processo “Borsellino Quater” è stato definito “il più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana” e mandando in galera cinque innocenti. Tali teoremi sono sovente funzionali anche a costruire carriere giornalistiche, professionali, politiche. Ed anche a qualche punto in più di audience o a vendere qualche copia in più di un quotidiano.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.