La comunicazione è una delle leve più potenti per promuovere e attivare il cambiamento sociale, soprattutto quando è in grado di costruire fiducia, stimolare nuove abitudini e creare una cultura collettiva basata su salute e sostenibilità. Con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, questo strumento acquisisce un potenziale straordinario ma pone anche nuove sfide. Come possiamo sfruttare al meglio queste opportunità, evitando che diventino barriere per i più vulnerabili?

In un contesto sovraccarico di informazioni contrastanti e di disinformazione, comunicare in modo chiaro, autentico e autorevole è cruciale. I cittadini – sempre più esposti a dati e opinioni che mettono in dubbio le fonti ufficiali – faticano a fidarsi, soprattutto su temi complessi come la salute. In questo scenario, la comunicazione istituzionale si trova di fronte a una grande sfida e responsabilità: guadagnarsi la fiducia del pubblico e dimostrare credibilità. Senza questa condizione, qualsiasi messaggio – anche il più utile e ben costruito – rischia di cadere nel vuoto. Ma non basta. È necessario ripensare il ruolo del pubblico, non come semplice destinatario passivo del messaggio ma come protagonista di un processo collettivo. Coinvolgere i cittadini nella costruzione del cambiamento stesso è essenziale per trasformare la consapevolezza in azione e costruire una narrativa di fiducia duratura.

L’obiettivo dell’Intelligenza Artificiale

La comunicazione, infatti, non è solo uno strumento informativo: è un ponte culturale e sociale. Nei contesti urbani, complessi e multiculturali, i messaggi devono essere inclusivi, capaci di parlare alle diverse realtà sociali e di superare barriere culturali ed economiche. Solo così anche chi appartiene a fasce marginalizzate può sentirsi rappresentato e percepire i benefici come propri, comprendendo l’importanza del proprio ruolo nella costruzione del benessere collettivo. In questo quadro, l’IA offre possibilità uniche.

Grazie alla capacità di analizzare grandi volumi di dati e di creare messaggi su misura per specifici gruppi demografici, l’Intelligenza Artificiale consente di raggiungere il pubblico con precisione, inviando promemoria e consigli personalizzati. Questi strumenti possono educare, sensibilizzare e stimolare cambiamenti significativi nei comportamenti, aiutando i cittadini a comprendere meglio il loro ruolo in relazione alla salute e alla sostenibilità. L’IA può inoltre monitorare e analizzare l’efficacia di una campagna, semplificare l’accesso a informazioni cruciali e persino incentivare la sostenibilità attraverso esperienze interattive, come simulazioni di realtà aumentata, che mostrano i benefici a lungo termine di comportamenti sostenibili. La tecnologia può anche favorire spazi di dialogo e condivisione di esperienze personali, trasformando i destinatari del messaggio in veri e propri “moltiplicatori” del cambiamento.

Nel nome dell’inclusività

Ma non dobbiamo ignorare i rischi. L’uso dell’Intelligenza Artificiale nella comunicazione tende spesso – per sua natura – a favorire un isolamento individuale, accentuato dalla modalità stessa di interazione con gli strumenti digitali. A ciò si aggiunge il rischio concreto di escludere chi, ancora oggi, non ha i mezzi o le competenze per accedere a queste tecnologie. Senza interventi che garantiscano un accesso equo, queste innovazioni possono amplificare le disuguaglianze, creando un ulteriore divario digitale. Le persone con meno risorse economiche o scarsa alfabetizzazione tecnologica rischiano di essere escluse da informazioni e servizi che dovrebbero invece essere universali.

In un momento storico in cui la salute pubblica e la sostenibilità richiedono un approccio collettivo, l’isolamento informativo delle persone vulnerabili rappresenta una contraddizione pericolosa. Perché l’innovazione, da sola, non basta. Senza un accesso equo, l’Intelligenza Artificiale rischia di diventare una forza di esclusione anziché di progresso. E allora la vera domanda è: siamo pronti a usare la tecnologia non solo per risolvere problemi, ma per costruire una società in cui nessuno venga lasciato indietro? O accetteremo un futuro in cui il divario digitale diventa un’altra forma di disuguaglianza sociale? La sfida è aperta, e la risposta dipenderà dalle scelte che faremo oggi.

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Pugliese di nascita, milanese d’adozione, cosmopolita per vocazione. Ho ancora il garofano rosso nel taschino, osservo, critico, rilancio o semplicemente rompo. Epicureista e razionalista convinto. Segretario dell'associazione Upward.