Il futuro ha radici antiche, era solito dire uno dei padri nobili della sinistra che fu. Ma senza memoria, senza radici, rimane solo il nulla ed è impossibile costruire qualunque futuro, compreso quello di un ipotetico riformismo italico. Il silenzio di questi giorni di Elly Schlein e del Pd su Bettino Craxi è inquietante. E non – come alcuni hanno sottolineato – perché in quel partito, a distanza di un quarto di secolo, il nome del leader socialista provoca ancora incubi e turbamenti. Lasciamo gli istinti giacobini ai manettari del Fatto e al turbogiustizialismo di Travaglio. No, nel caso del Nazareno la faccenda è più banale e seria: semplicemente a Schlein non interessa. Non percepisce il fenomeno Craxi come un elemento di cui occuparsi.

L’arcobaleno da fumetto di Elly

È un retaggio del passato che non trova spazio nell’immaginario arcobaleno da fumetto della segretaria. La sua è una generazione che è cresciuta dopo Tangentopoli e che guarda a quei fatti più o meno come allo sbarco dei Mille in Sicilia. Roba da libri di storia un po’ noiosi. Questa lontananza non è fastidio. Peggio, è noncuranza. Un’estraneità che non permette di capire che l’attualità dell’esperienza del segretario socialista è parte di una visione, che parla all’oggi e che continua a essere uno dei punti di partenza che ha portato al mondo nuovo di oggi. Mondo in cui si muovono agevolmente leader moderni come Meloni e Trump.

Questa assenza della sinistra e la relativa incapacità di comprendere le evoluzioni della storia sono la migliore garanzia di durata per una prassi politica che, piaccia o no, esprime un pragmatismo riformista che ora guarda a destra. Al momento l’unico capace di agire, di sentire gli impulsi che arrivano dalla società e di proporre un’agenda. Efficace o meno si vedrà, ma di certo in grado di tenere la sinistra legata al palo e contorta su di sé e sul passato. Craxi lo aveva capito già decenni fa. E per questo suo essere un riformatore totale è stato contrastato ed espulso da un sistema reazionario e auto conservativo che rifiutava e rifiuta ogni innovazione. Qui sta la sua attualità, nell’essere portatore di uno spirito pragmaticamente efficace che il resto della sinistra non riusciva e riesce a comprendere.

Trump e Meloni vicini al leaderismo craxiano

Trump e Meloni sono ciò che più si avvicina al leaderismo craxiano. Una caratteristica che non si acquisisce sui libri di storia. Questa sintonia con la realtà richiede apertura e capacità immaginativa. Oltre alla volontà di stare tra la gente. Qualità primarie che definiscono un riformista, da qualunque sponda provenga. Qualità non pervenute nel magico mondo di Schlein e compagni. Ed è proprio questa distanza che rende oggi impossibile immaginare il Pd come contenitore dei tanti riformismi italiani. Se questa era una probabile vocazione delle origini, immaginata come casa comune anche da qualche socialista, la svolta impressa al partito dalla nuova dirigenza lo ha trasformato in una realtà politica radicalmente altra, impedendo qualunque possibile comunicazione. E le destre ringraziano nei secoli dei secoli.