Triste storiella di ipocrisia italiana. Ieri su Repubblica, Lirio Abbate, ex direttore dell’Espresso, titolava, per la seconda volta in tre giorni “L’ombra di Carminati su nomine e scalata dei suoi commensali” (il titolo precedente recava: “Quei legami pericolosi”). Obiettivo non dichiarato: complicare (?) l’elezione di Chiara Colosimo, deputata di Fratelli d’Italia, a Presidente della Commissione Antimafia, e la nomina di Gianmarco Chiocci, direttore di Adnkronos, al Tg1, per la quale manca ancora una maggioranza granitica in Cda.

Segue citazione di un vecchio incontro tra Chiocci e Carminati, e della presunta amicizia tra Colosimo e Ciavardini, terrorista nero condannato per strage. Roba incompatibile con certi ruoli, suggerisce Abbate. E come dargli torto? Poi però gratti, e sotto il titolo e l’attacco roboante, si svela la solita storia dell’impeccabile che dispensa pagelle antimafia e di presentabilità. Una noia, insomma. Se non fosse che, al solito, c’è da valutare se Abbate abbia titolo adeguato ad alludere certe appartenenze, amicizie, e a decretare altrui presentabilità. E anche qui, pare di no. Con un rammarico in più: proprio lui, finito a suo tempo ingiustamente sui giornali, secondo un metodo sbagliato, dovrebbe capire che questo non va proposto per altri. Invece…

Lirio Abbate finì sui giornali proprio per alcuni suoi legami, fatti di “ottimi rapporti” (parole del Gip) con Antonello Montante, ex Presidente di Sicindustria, ex paladino antimafia condannato due volte per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo a sistemi informatici, in quel che la cronaca ha bollato come “Sistema Montante”. Per noi Montante è innocente (manca la pronuncia definitiva della Cassazione), ma se qui si utilizzasse il metro proposto da Abbate per (mal) giudicare gli altri, egli sarebbe messo maluccio.

Lo ha ricordato Nicola Porro nella sua “Zuppa” sui social, l’altro ieri. Porro ricordava che, avendo Abbate scritto che Chiocci era stato indagato qualche anno fa per aver favorito Massimo Carminati (condannato nel processo “Mondo di Mezzo”) rivelandogli l’esistenza dell’inchiesta, per Chiocci arrivò subito il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste (tradotto: ma di cosa parliamo? Di niente), ma che questo Abbate non lo sottolineava, se non menzionandolo solo di striscio, ed evidenziava invece la tesi di un Pm che era stata sonoramente bocciata dal giudice. Alludere, affrescare, utilizzando argomenti di qualche Pm bocciati dai giudici (dunque irrilevanti), che sport è? Giornalismo? Antipatia a mezzo stampa? O ius sputtanandi? Un metodo, questo, visto e rivisto, che se però – questa l’obiezione – Abbate applicasse a sé stesso, non lo risparmierebbe.

Eppure, dicevamo, dovrebbe egli stesso conoscere e rigettare un metodo simile, proprio lui che finì ingiustamente (perché nemmeno indagato) accostato a Montante in un’ordinanza di custodia cautelare in carcere del 2018 a firma del Gip Maria Carmela Giannazzo. In cui si parla dei continui rapporti tra Montante e Abbate. “Emerge la sussistenza di ottimi rapporti tra Montante e il giornalista Lirio Abbate, risalenti già al 2008”, scrive il Gip. Ottimi rapporti con uno condannato due volte per associazione a delinquere? “Wow…. e di che ottimi rapporti parliamo?”, si indignerebbe Abbate, se scrivesse di altri. Quelli di Abbate con Montante li mette nero su bianco appunto il Gip: colazioni a Cefalù, pranzi a Palermo, cene a Roma (a proposito di “commensali”), incontri all’hotel Bernini, gite in barca. A volte anche due appuntamenti al giorno. “Con un bi-condannato per associazione a delinquere? Ma che volgarità…” direbbe di altri Abbate, dimentico che un giudice parli invece di lui.

Tanto che persino Attilio Bolzoni, collega di Abbate, ebbe a dire, a ottobre 2019, in un’audizione alla Commissione parlamentare Antimafia: “Su di lui mi mettete in imbarazzo perché’ lo conosco da sempre… ma glielo dissi: “Secondo me hai avuto promiscuità eccessive con quello là (Montante, ndr)”. Seguì rissa di repliche e controrepliche tra i due (non bastò nemmeno che Bolzoni avesse riconosciuto al collega, in quella stessa audizione, di aver smesso di frequentare Montante, una volta quest’ultimo indagato): “Mai fatto favori a Montante né ricevuti -si piccò Abbate -. Anche Bolzoni lo incontrava ma a differenza sua io mai gli chiesi di acquistare copie di libri o finanziare film”, aggiunse. “Cito solo documenti giudiziari”, fu la replica di Bolzoni: cioè “il rapporto della Squadra mobile di Caltanissetta, in cui i nomi dei due colleghi erano inseriti in una lista di favori di Montante (e dove il sottoscritto non è nemmeno menzionato): nomi, quelli di Abbate e Ceravolo, presenti anche nell’ordinanza di custodia cautelare a firma del Gip Giannazzo del 2 maggio 2018. “Non so cosa vogliano lui e i suoi avvocati, prosegue Bolzoni: è lui a essere citato nel rapporto di 169 pagine di favori, nell’informativa di 61 pagine sui rapporti tra Montante e giornalisti, e nella richiesta di custodia cautelare che parla dei suoi ottimi rapporti con Montante. Io mai”, chiude Bolzoni, che ricorda infine come una sola volta Montante fece il suo nome, e che il sostituto procuratore di Caltanissetta, Massimo Trifirò, lo indagò per diffamazione nei suoi confronti.

Insomma, ad Abbate non è bastato nemmeno aver provato sulla sua pelle l’ingiustizia del metodo che oggi propone per altri. E siamo alle solite: a colpi di citazione di fatti decontestualizzati (e nel caso di Chiocci anche bocciati da un giudice che ha detto: “Lasciatelo stare, parliamo del nulla”) buttati lì per affrescare e alludere, si induce chi legge a pensare a torbide amicizie che colorano carriere altrui. Poi vai a vedere se chi punta il ditino ne abbia titolo, e osservi che chi dà lezioni si ritrova invece un Giudice che peraltro mette nero su bianco i suoi legami con il suo “commensale” Montante, ex paladino antimafia condannato due volte per associazione a delinquere. Per chi scrive Montante è innocente, Abbate non doveva essere tirato in mezzo, e – di più – non c’è niente di male ad avere amici che poi, autonomamente, commettano errori che eventualmente sono solo loro. Ma a usare il metro di Abbate, che qui rigettiamo in toto, i suoi rapporti sono più meno pericolosi di quelli di Chiocci e Colosimo? La solita storia: inflessibili solo con le vite altrui, assai indulgenti con sé stessi. Che noia.