Il 14 luglio, nel corso della riunione in procura di Palermo, a cui partecipò anche il giudice Paolo Borsellino, si parlò anche dell’inchiesta mafia e appalti, ma «in quell’incontro il pm Lo Forte nascose al giudice di avere firmato il giorno prima l’archiviazione dell’inchiesta». A dirlo, intervenendo ieri in aula, al processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio, è l’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino, e genero del giudice ucciso nell’attentato del 19 luglio del 1992. Trizzino si è detto contrario alla richiesta della difesa dei poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, di sentire in aula, i giudici Roberto Scarpinato, Guido Lo Forte e Giuseppe Pignatone. «Così come è stata formulata la richiesta è inaccettabile, dal mio punto di vista – ha detto l’avvocato Fabio Trizzino – Perché questo è un tema alla mia famiglia carissimo, ma non è questa la sede per sviluppare una eventuale rilettura. Se c’è la volontà di sviluppare questo tema, basta prestare il consenso ad acquisire due atti». Il riferimento dell’avvocato è «l’ordinanza di archiviazione del giudice Lo Forte (su mafia e appalti ndr) e la richiesta mandanti occulti bis». «Se mi si dice che vogliamo capire il perché in quella riunione si tace a Borsellino l’archiviazione, questo limita la circostanza – ha detto l’avvocato Trizzino – ma se dobbiamo fare il processo “mafia e appalti” qui, francamente, non ha senso».

Ma cosa accadde in quella riunione del 14 luglio del 1992, cioè cinque giorni prima della strage di Via D’Amelio? Era un briefing dei magistrati della Procura di Palermo, e in quella occasione Paolo Borsellino chiese notizie sull’inchiesta. Dalle successive dichiarazioni al Csm da parte dei presenti a quella riunione, emerse che nessuno disse a Borsellino che era già stata firmata la proposta dell’archiviazione. E Guido Lo Forte era tra i presenti. L’indagine “mafia e appalti” fu fortemente voluta da Giovanni Falcone, e poi ripresa da Borsellino, e riguardava le connessioni tra politici, imprenditori e mafiosi. L’inchiesta fu condotta, tra la fine degli anni ‘80 e il 1992, dai carabinieri del Ros guidati dall’allora colonnello Mario Mori e dal capitano Giuseppe De Donno. Dall’indagine emerse per la prima volta l’esistenza di un comitato d’affari, gestito dalla mafia e con profondi legami con esponenti della politica e dell’imprenditoria di rilievo nazionale, per la spartizione degli appalti pubblici in Sicilia.

In quella riunione emerse il forte interesse riposto da Borsellino all’indagine, ma anche il suo malcontento per le modalità con cui l’indagine era stata gestita, e la sua profonda fiducia nei confronti dell’operato dei carabinieri del Ros. L’avvocato Trizzino, nell’udienza di ieri, ha chiesto «l’acquisizione del documento in cui i giudici Francesco Messineo, Renato Di Natale, Francesco Paolo Giordano danno conto e ragione di tutte le vicende che hanno riguardato le indagini fatte a Caltanissetta in relazione alla gestione del dossier mafia e appalti». «Inoltre le vicende connesse a “mafia e appalti” sono state di una complessità tale che per riuscire a barcamenarsi… altro che un semplice esame – ha detto il legale – bisognerebbe aprire un processo a parte». «Di processi sulla strage di via D’Amelio ne sono stati fatti cinque. E sembra quasi che l’importanza del filone mafia e appalti non sia mai stata sviscerata nei precedenti procedimenti, ma non è cosi. Nella sentenza del processo “Borsellino ter”, cui si richiama la sentenza quater, dà un ampio spaccato dell’importanza ai fini del movente dell’eventuale accelerazione della strage di via D’Amelio».

«Questo tema di prove è come un oceano che si apre di fronte a noi – ha affermato ancora l’avvocato Fabio Trizzino – Anche queste parti civili, che vorrebbero approfondito questo aspetto, ma riteniamo che ci siano due elementi che dovrebbero portare a una rilettura di quegli avvenimenti, ma non in questa sede. E sto parlando delle dichiarazioni tardive di Massimo Russo e Alessandra Camassa in cui Borsellino definì il suo ufficio un ‘nido di vipere’». «Il secondo elemento di novità è la desecretazione degli atti del Csm al seguito dei quali vennero sentiti i pm che si ribellarono al giudice Giammanco, che ci parlarono di una riunione in cui Borsellino chiese a Guido Lo Forte degli approfondimenti e Lo Forte gli nascose che il 13 aveva firmato una archiviazione».

(Adnkronos)

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