La contesa
Lo scontro nelle Generali e quelle divisioni in Consob
Si profilano ad aprile le manovre per il rinnovo degli organi deliberativi e di controllo delle Generali, quella che un tempo era considerata l’unica multinazionale italiana, i cui attivi, come è stato notato, costituiscono un terzo del Pil italiano. La battaglia che si è aperta vede, da un lato, coloro che, a cominciare dal presidente Gabriele Galateri e dall’amministratore delegato, il francese Philippe Donnet, hanno promosso la formazione di una lista dei candidati al prossimo rinnovo da parte del consiglio di amministrazione; dall’altro, il Patto di consultazione formato da Leonardo del Vecchio, Franco Caltagirone e la Fondazione Crt contrari a questa decisione.
Alla richiesta di un parere al riguardo avanzata da Caltagirone la Consob ha risposto con un “richiamo di attenzione” con validità erga omnes che, pur facendo riferimento ai rischi di autoreferenzialità e autoperpetuazione propri di una lista della specie, non ha ritenuto illegittima la lista perché prevista dallo statuto e non vietata dalla legge. Ma ha stabilito una serie di paletti che, in particolare, nella procedura di formazione della lista, nel coinvolgimento degli amministratori indipendenti, nel coordinamento dell’iniziativa, nelle necessarie informazioni pubbliche, devono essere rispettati pur senza che il “richiamo”, però, diventi un regolamento o comunque un’informativa cogente. A questo punto, come sempre accade, tra gli osservatori, vi sono quelli che considerano lievi i “caveat” della Consob perché sarebbe in causa la legittimità della lista – che, invece, l’Authority non prende in considerazione per fondate ragioni – mentre altri ritengono eccessiva l’indicazione dei “paletti”.
Finora non si è avviata la verifica in dettaglio del modo in cui quanto finora deciso in proposito dal Leone alato sia in armonia con i suddetti paletti. Si attende, invece, la risposta all’altro quesito avanzato da Caltagirone a proposito del prestito di titoli assunto da Mediobanca, il primo azionista finora della Compagnia, con il quale la sua partecipazione va oltre il 17 per cento, mentre quella complessiva del Patto supera il 16. In particolare, si tratta di chiarire, anche in questo caso con validità erga omnes, se un prestito di azioni contratto con lo scopo di poter eleggere propri candidati negli organi societari, per essere poi restituito prontamente, possa ritenersi ammesso allo scopo. La programmazione di tale utilizzo conduce, alla fine, a contribuire alla elezione di organi che, poi, non corrispondono alla base azionaria. Soprattutto in questa materia, la competenza non è soltanto della Consob, ma anche dell’Autorità che ha la Vigilanza prudenziale di stabilità, l’Ivass. Entrambe, poi, dovranno fare definitiva luce sulle dure contestazioni rivolte alla Compagnia – cioè verosimilmente a chi ne ha, ai vari livelli, la rappresentanza – all’atto delle dimissioni dalla carica da parte di Caltagirone, quale Vice Presidente.
Tutta questa vicenda e la “battaglia” delle Generali esercitano i loro effetti nella Consob, nella quale, nell’assumere le decisioni di competenza sul caso, si è verificata una divisione e il “richiamo di attenzione” è stato approvato con il voto favorevole di 3 commissari, presidente compreso (rispetto ai 5 del collegio). Quest’ultimo, Paolo Savona, è stato costretto, in sede informale, a parlare di innovazione – nell’Autorità – sulla quale egli è impegnato, frenata da spinte conservatrici. Si sono letti commenti che pretenderebbero un’impossibile opera di mediazione quando sono in ballo norme e criteri sanciti dalle prassi e dalla giurisprudenza, anche se Savona non si sottrae a un tale compito, in forza della sua non comune esperienza pure in alti incarichi istituzionali e di Governo. In ogni caso, che in un organismo si voti non è un fatto patologico. Avviene così in tutti gli organi collegiali amministrativi e giurisdizionali. Lo diventa, invece, se si determinano posizioni precostituite, che fossero stabilmente orientate alla differenziazione.
La Consob ha la sua autonomia e, pur avendo alcune competenze di confine con quelle dell’Autorità giudiziaria, da questa si distingue per la funzione istituzionale nettamente differente: diversamente, sarebbe un inutile doppione. La collaborazione è fondamentale, ma mimare i comportamenti della giurisdizione non è ciò che si richiede a un’Authority. L’”idem sentire” dei componenti un organo della specie è un obiettivo da perseguire, ma non a tutti i costi. Continuare nell’azione innovatrice di regole, metodologie e comportamenti, sapendo di avere un personale di particolare livello, è assai importante. Quanto all’azione del Patto per le Generali, è il momento che si cominci a rendere chiari i programmi e i candidati alternativi a quelli proposti dai fautori della lista del consiglio.
È, questo, il cruciale terreno della competizione. Ed è il modo per aggregare l’adesione di altri azionisti, di un mondo che è costituito dal 35-40 per cento di azionariato che non fa parte né dell’uno né dell’altro gruppo. È sperabile, anche se a volte appare una “spes contra spem”, che l’elezione del Capo dello Stato non imbocchi la strada dei più lunghi precedenti. E che la qualità della scelta sia netta, nel quadro di una ben possibile rosa. Sarà, in positivo, anche un esempio per le elezioni, certo di molto minore importanza, nelle Generali.
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