I sempre più frequenti richiami ai magistrati da parte del capo dello Stato a svolgere la propria attività con correttezza e imparzialità, l’ultimo in ordine di tempo questa settimana in occasione dell’inaugurazione della sede di Napoli della Scuola superiore della magistratura, finiscono puntualmente in un nulla di fatto. Se ne è accorto l’ex sostituto procuratore generale della Cassazione Rosario Russo, ora in pensione, che nelle scorse settimane ha presentato una istanza al Consiglio superiore della magistratura per conoscere che fine avessero fatto gli eventuali procedimenti aperti nei confronti dei magistrati che chiedevano favori e incarichi a Luca Palamara.

A giugno 2019, esploso il Palamaragate, Sergio Mattarella in qualità di presidente del Csm, ammonì che “tutta l’attività del Consiglio, ogni sua decisione sarà guardata con grande attenzione critica e forse con qualche pregiudiziale diffidenza”. “Non può sorprendere – aggiunse – che sia così e occorre essere ancor più consapevoli, quindi, dell’esigenza di assoluta trasparenza, e di rispetto rigoroso delle regole stabilite, nelle procedure e nelle deliberazioni”. Affermazioni di principio importanti che hanno aumentato la delusione di Russo quando ha scoperto che non era successo nulla.

“Lo scrivente, come civis e quale… persona informata dei fatti, si permette segnalare al presidente del Csm che, sanzionato immediatamente Palamara, dopo quasi quattro anni nessuna delle illegittime condotte documentate dalle sue chat è stata sanzionata in sede propriamente disciplinare, creando grave sconcerto nell’Utente finale della Giustizia”. “È destinato a vacillare e infine a implodere qualunque ordinamento giuridico incapace di guardarsi allo specchio per emendarsi, correggersi e vaccinarsi”, ha aggiunto quindi Russo che ha ricostruito cosa è accaduto nella scorsa consiliatura quella guida da David Ermini, ex responsabile giustizia del Pd ed ora nella segreteria nazionale di Elly Schlein.

Le norme sull’azione disciplinare sono rigide, con dei tecnicismi non da tutti, e hanno poi dei termini ben precisi entro la quale essa deve essere esercita. Se il procuratore generale della Cassazione non promuove l’azione disciplinare trascorso oltre un anno dalla conoscenza dei fatti, ha irrimediabilmente “consumato” o “esaurito” il potere-dovere di agire. Lo scorso Csm aveva voluto recuperare con il procedimento amministrativo del trasferimento per incompatibilità ambientale quanto era stato “perduto” con il procedimento disciplinare.

I due procedimenti sono alternativi e la loro gestione non può fare a meno della collaborazione istituzionale tra procuratore generale della Cassazione e Comitato di Presidenza del Csm, presieduto dal vicepresidente. Nell’ordine logico più appropriato, pervenute le chat incriminate all’esame prioritario del procuratore generale, egli è tenuto a stabilire se sussistano violazioni disciplinari di sua competenza; soltanto se non sussistono archivia, ma è tenuto a trasmettere gli atti al Csm qualora individui ragioni di oggettiva incompatibilità.

A propria volta, il Comitato di Presidenza è tenuto a deliberare, anche sulla scorta delle informazioni e delle archiviazioni disposte dal procuratore generale (che, va ricordato, fa parte del Comitato insieme al primo presidente della Cassazione), se sussistano ragioni di oggettiva incompatibilità affidandone l’accertamento alla Prima Commissione, ma è tenuto a trasmettere gli atti al procuratore generale se individua la sussistenza di violazioni disciplinari, sempre che (ovviamente) il procuratore generale non abbia agito in modo diverso.

Quest’ultimo, come si è scoperto, ha promosso l’azione disciplinare soltanto in parte anche con riferimento a “etero-raccomandazioni” e talvolta ha probabilmente archiviato anche “etero-promozioni”. Soltanto sulla base delle sue archiviazioni pre disciplinari (totali o parziali), il Comitato di Presidenza del Csm ha allora potuto “incanalare” sul procedimento per incompatibilità oggettiva condotte di auto o etero – raccomandazioni disciplinarmente rilevanti, oggettivamente sottraendole alla valutazione della Sezione disciplinare del Csm e segnandone il destino.

Non si ha notizia, dunque, che tranne per Palamara e, come scrive Russo per “i suoi correi nella ‘congiura’ dell’Hotel Champagne, tutte le gravissime e numerose scorrettezze documentate dalle famose chat siano state (trattate e) sanzionate in sede disciplinare o abbiano provocato il trasferimento d’ufficio”. Cosa fare adesso? Assolutamente nulla. Lo ha ricordato l’altro giorno il nuovo Csm a guida Fabio Pinelli. I tempi sono scaduti e tutto è finito a tarallucci e vino. Della serie, mettiamoci una bella pietra sopra.