Luca sogna di diventare chef. Marco di lavorare nel settore della meccanica. Alcuni suoi compagni di cella intendono invece costruirsi un nuovo futuro studiando per poter lavorare a contatto con il mare. Quel mare che per un certo tempo hanno osservato attraverso le sbarre dell’istituto di Nisida. Lì c’erano finiti per un reato commesso quando pensavano di non avere alternative al degrado della periferia e delle loro amicizie. Oggi, invece, guardano a se stessi e alla loro vita con qualche prospettiva in più. Sono alcuni dei cinquantacinque protagonisti dei piani personalizzati che sono stati approvati in Campania per favorire il reinserimento sociale di giovani di età compresa tra 16 e 24 anni, con precedenti penali e attualmente affidati ai Servizi della giustizia minorile.

Fanno parte del più ampio progetto “Rete per l’inclusione” presentato a Portici, a Villa Fernandes, la villa confiscata alla camorra che dal 2020 è un hub di servizi per lo sviluppo della comunità. Un progetto ambizioso che potrebbe aprire la strada ad altre iniziative virtuose se tutto si svolgerà secondo l’intento dei suoi promotori. Un esempio di sinergie. “Rete per l’inclusione” è finanziato dal Pon Legalità del Ministero dell’Interno con le risorse del Fondo Sociale Europeo ed è realizzato da un raggruppamento di consorzi ed enti del Terzo settore, sotto la direzione del Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della Giustizia. I 55 ragazzi individuati per questo progetto (8 dei quali ancora detenuti) inizieranno dunque un percorso di reinserimento sociale personalizzato, con tirocini presso aziende del territorio e sotto la guida di sette tutor. I settori di lavoro, indicati proprio dagli stessi ragazzi coinvolti nel progetto e quindi scelti sulla spinta dei loro personali interessi e delle loro inclinazioni, spaziano dalla ristorazione alla meccanica, della cantieristica navale alla logistica. Ogni ragazzo farà per sei mesi tirocinio in una delle aziende selezionate ricevendo anche un contributo economico. Significherà calarsi per quei mesi in una realtà fatta di studio e di lavoro, di sicurezza e legalità.

Sarà come creare nei fatti quel ponte tra mondo di dentro e mondo di fuori di cui si spesso si è parato, ma che nei fatti non sempre viene reso concreto. Questa iniziativa appare finalmente come un’opportunità concreta. Per Giuseppe Cacciapuoti, direttore del Dipartimento per la giustizia minorile, «il progetto offre un’importante opportunità per i giovani i quali, attraverso questa esperienza, potranno sviluppare competenze professionali e relazionali che favoriranno il loro ingresso nel mondo del lavoro». Giuseppe Centomani, dirigente del Centro per la giustizia minorile della Campania, ha sottolineato che «il progetto mette in pratica quello che abbiamo compreso da tempo, e cioè che non serve realizzare dei semplici interventi di addestramento professionale e degli interventi educativi all’interno dei servizi se questi interventi restano separati. Occorre unire queste azioni».

Angela Gentile, referente di Mestieri Campania, uno dei due enti che coordinano il progetto in Campania (l’altro è il consorzio di Cooperative Co.Re.), ha illustrato i numeri del progetto. «È fondamentale il lavoro di rete sul territorio», ha aggiunto il garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello, evidenziando come nella nostra regione il tema della giustizia minorile sia particolarmente sentito, già soltanto a voler considerare che nell’ultimo anno e mezzo sono stati circa seimila i giovani entrati in qualche modo in contatto con la giustizia minorile, tra cui anche molti recidivi. È superfluo ricordare come l’istruzione e la formazione professionale siano il primo gradino del percorso da consentire a ciascun detenuto, soprattutto se giovanissimo. Per il garante l’istruzione è «un ponte verso la libertà». Un ponte che molto spesso in pochi attraversano. Colpisce, infatti, che nel circuito penitenziario campano (includendo anche la popolazione detenuta adulta) si continui a registrare un consistente numero di analfabeti (218 casi), mentre nell’ambito della giustizia minorile nel 2021, solo a Napoli, si sono contati 65 casi di abbandono o interruzione dei percorsi di reinserimento sociale, per lo più per motivi volontari.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).